“Mi chiedete di parlare” al teatro della Pergola di Firenze

Quale titolo più appropriato per farvi percepire quanto mi venga difficile oggi recensire “Mi chiedete di parlare” al teatro della Pergola di Firenze…mi chiedete di parlare, voi attenti lettori che seguite la mia attività di critico teatrale, perché vi aspettate che vi dica qualcosa su questo spettacolo su Oriana Fallaci che rimarrà a Firenze fino a domenica…

Iniziamo proprio dalla parola “spettacolo”, termine assolutamente inappropriato per quello che Monica Guerritore ha immaginato, creato, interpretato e  diretto. La parola “spettacolo” ha un valore così importante, è addirittura è la traduzione italiana di “teatro” (dal greco θέατρον, théatron, che significa “spettacolo”) e da cui deriva l’aggettivo “spettacolare” per indicare qualcosa che suscita meraviglia, stupore, commozione, emozione…ecco quello che la Guerritore ha portato alla Pergola non merita minimamente che sia definito “spettacolo” in quest’accezione così importante, non suscita niente se non una noia infinita.

Appena un’ora di durata, e già questo lascia presagire la non attenzione a un pubblico pagante, e profumatamente nel più antico e stupendo dei teatri fiorentini, che ha il dovere di ricevere uno Spettacolo con la S maiuscola che abbia una durata appropriata, un cast adeguato ma, soprattutto, una storia, una vicenda, un qualcosa in cui immedesimarsi e non un palcoscenico buio, deprimente, la Guerritore, che tenta di essere fisicamente sosia della grande Oriana Fallaci, che passeggia da un angolo all’altro del palco, con lentezza esasperante, che utilizza minuti interi di silenzio totale solo per farsi truccare o farsi portare i vassoi di mangiare da una tipa, anche lei vestita di nero, muta, un fantasma, e gli spettatori che si aspettano qualcosa, un’azione, un discorso, almeno un monologo degno della biografia artistica della Guerritore…e invece non succede niente, solo buio, silenzi infiniti e la voce registrata di una giornalista che intervista la Guerritore-Fallaci rediviva.

Oriana è stata, ed è, il mio ideale, il mio mito di donna e giornalista sin dall’adolescenza, mi sono ispirata a lei, con umiltà, per imparare a scrivere prima i miei temi e poi i miei articoli, sono andata alla Pergola sperando che la Guerritore ne facesse un ritratto avvincente com’è stata la vita sia privata che pubblica della Fallaci e invece mi ha totalmente deluso: la grande Oriana non si meritava una tristezza simile.