Riflessioni della scultrice Lucilla Gattini alla Versiliana

Nell’ambito della seconda presentazione della guida “Versilia – percorsi di genere femminile” di Maria Grazia Anatra alla Versiliana la scultrice Lucilla Gattini, una delle relatrici, ha parlato degli ostacoli che una donna può trovare in un ambiente così prettamente maschile come quello della scultura ma non solo di questo…

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“Sono gratificata dal fatto di essere stata invitata qui in veste di scultrice, per l’apprezzamento professionale e umano che questo testimonia. Partecipo quindi con piacere alla presentazione di una pubblicazione di ottimo livello malgrado la mia usuale perplessità sulle iniziative riguardanti esclusivamente donne, convinta come sono che misurarsi unicamente tra loro riproponga in effetti l’eterna discriminazione e che il semplice fatto di sottolineare il genere ribadisca automaticamente l’eccezionalità della cosa, come se ogni volta che una persona di valore non è un uomo fosse una rarità da festeggiare… Mai una volta in quarant’anni di attività io ho pensato di creare opere che traessero linfa dalla mia natura femminile o potessero rivolgersi solo alla “metà del cielo”; individuo tra gli individui nutro la speranza che dalle sculture realizzate emani qualcosa che coinvolga e riguardi tutta l’umanità.
Sicuramente una delle mie caratteristiche è anche il genere, così come personali e influenti sono i miei dati caratteriali, la mia sensibilità e le esperienze vissute, ma non accetterò mai di essere riduttivamente valutata come donna artista tra le mie simili, escludendo i “colleghi” maschi; credo che ostinarsi a fare mostre, dibattiti, iniziative programmaticamente solo di donne allarghi un solco che dovrebbe invece essere annullato e che perpetui due categorie distinte, dove quella femminile sarà sempre inevitabilmente di serie B, limitata negli angusti spazi della mancanza di confronto e guardata con magnanima benevolenza dagli uomini, grati e comprensibilmente sollevati di vedere inviolati i propri territori …
Va detto, peraltro, che anche qualora la femminea schiera, serrata nei propri ranghi, arrivasse ad imporsi come superiore sarebbe a mio parere un rovesciamento insensato, non può sicuramente costituire un obiettivo l’affermazione di un’opposta superiorità che ricalchi il virile delirio di considerarsi sesso e classe dominante.
Adesso vi starete chiedendo perché mai abbia accettato di parlare in questo contesto e se non dimostri una ben strana incoerenza ma io non credo sia così, penso che pur nella certezza delle proprie opinioni serva alla vita e alla cultura una grande elasticità e possano dare un piccolo contributo a una reale parità anche queste mie riflessioni.
Inoltre il libro che vedete qui offre uno spaccato importante su persone capaci che sicuramente almeno in qualche occasione saranno state penalizzate poco o tanto dal fatto di essere donne. Mi hanno chiesto spesso se a me abbia creato problemi e difficoltà come artista.
Il mio primo impulso è rispondere no perché nessuno mi ha mai ostacolato, il maestro che mi incoraggiò a seguire la strada della scultura era un uomo e non si pose minimamente l’interrogativo sulla mia capacità di lavorare anche il marmo.
Mio padre accolse la decisione facendo salti di gioia e fu per tutto il resto della sua vita orgogliosissimo di me. Persino i marmisti di Pietrasanta che in quei tempi già lontani non erano affatto avvezzi a vedere esili fanciulle impugnare il martello pneumatico e passare le giornate coperte di polvere, mi accolsero senza sessismo e se ebbero degli iniziali pregiudizi li dissiparono subito di fronte alla mia tranquilla tenacia; si profusero in consigli e ammaestramenti preziosi come avrebbero fatto con un ragazzo, mi insegnarono trucchi e soluzioni che continuo a mettere in pratica, arrivarono dopo pochi anni a dichiarare che ero “una di loro”, sempre pronti a condividere con me una bevuta dal fiasco di vino e molte imprecazioni.
Questo, il mio temperamento, la vita d’artista e un’attenta selezione di affetti e frequentazioni mi hanno permesso di non soffrire troppo sul piano privato per una società spudoratamente androcentrica e – per dirla da vetero-femminista – decisamente fallocratica, ma non mi hanno evitato di subirne in parte gli odiosi riflessi.
Per fare un esempio apparentemente irrilevante ma invece gravemente emblematico, racconterò solo questo aneddoto: uno scultore, più anziano di me, avendo saputo di una mia personale a Firenze si presentò all’inaugurazione, senza essere stato invitato, portandosi dietro i suoi cataloghi e curricula al solo scopo di chiedere una mostra al gallerista. Di questa scorrettezza imperdonabile nel mondo delle regole non scritte dei rapporti tra artisti e pesantemente stigmatizzata dai miei amici, io sorrisi. Ma rimasi esterrefatta e disgustata quando incontrando il tizio a un’altra inaugurazione lui presentò a un conoscente il mio compagno come “lo scultore ecc. ecc.” con nome e cognome e me come “la signora”, praticamente un orpello senza identità nè occupazione, accanto al suo uomo…
Purtroppo l’episodio è diventato anche un test che mi ha permesso di giudicare chi non si indigna nel sentirlo, e purtroppo ci sono state anche donne.