“Jezabel” di Irène Nèmirovsky, recensione di Monica Bocelli

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Ho di nuovo incontrato Irène Nèmirovsky, la prima volta è stata a Il ballo e questa volta in Jezebel, il tema è lo stesso, il rapporto madre – figlia caratterizzato dall’assenza di amore della prima nei confronti della seconda. In Jezebel, a differenza dell’altro dove almeno la figlia ha una seppur minima soddisfazione sulla madre sadica, la figlia soccombe. E’ la vittima sacrificale, un’Ifigenia moderna che anziché venir offerta dal padre agli dei per avere in cambio la vittoria, viene donata alla morte in cambio della giovinezza della madre. Nessun patto con il diavolo, la madre-demone non scende a patti. Marie Thérèse è l’ultimo anello del circolo della violenza del quale non conosciamo l’origine ma possiamo risalire fino alla nonna che, oggi quasi sicuramente verrebbe diagnosticata affetta da disturbo bipolare “Fino ai diciotto anni era vissuta accanto a una madre fredda, severa una vecchia bambolina imbellettata e mezza matta, ora frivola, ora terrificante, che trascinava in ogni angolo della terra la sua noia, sua figlia, i suoi gatti persiani.” La madre di Marie Thérèse ricorda la protagonista della canzone “Balocchi e profumi”.