Donne e musica, presentazione di Anna Maria Olivari

in questo concerto, tenuto lo scorso 31 marzo presso il museo Bagatti Valsecchi a Milano, sono state eseguite musiche di compositrici del 600 e 700.
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Donne e Musica
Musiche di B. Strozzi, E. J. de la Guerre, I. Leonarda
Ensemble Nous presenta Anna Maria Olivari
clavicembalo Graziella Baroli
violino barocco Elena Marazzi
mezzosoprano Nausicaa Nisati
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Donne e musica? Ma chi avrà organizzato questo concerto, sicuramente un circolo di
femministe…Ma le donne che cosa avranno mai composto? Perché organizzare un concerto
solo per loro? Oppure anche: Ma perché si conoscono così poco? Ma perché nel mio manuale
di storia della musica non venivano menzionate, semmai forse solamente in una nota a piè di
pagina? Sono molte le domande che forse vi sarete posti quando avete letto l’annuncio di
questo concerto e forse non sono nemmeno quelle che ho citato finora. Innanzitutto vorrei in
questa breve introduzione ribaltarle: Perché non si osserva un’eguale reazione, a volte
nemmeno scevra di etichette politiche, quando viene organizzato un concerto solo con
musiche di compositori, che magari contano già numerose registrazioni? L’intento di questo
concerto non è certo di dividere gli animi, bensì di unirli nell’idea di una storia della musica
paritaria, che si scrive e si riscrive attraverso concerti, manuali e pubblicazioni di vario
genere, e non parte da un perché (le mie domande iniziali erano sia retoriche che ironiche) ma
da un come.
Guardiamoci un attimo intorno: Ci troviamo in un museo di Milano, che un tempo era una
casa signorile, in cui abitavano sia uomini che donne. Che cosa avranno fatto le donne dalla
mattina alla sera? Sicuramente avranno badato ai bambini, chiacchierato, a seconda del ceto
sociale poi avranno anche cucinato, fatto il bucato, ecc. E qualcuna di loro forse avrà anche
imparato a suonare uno strumento, a cantare, a comporre. Le compositrici di questo concerto
hanno fatto della musica una delle loro occupazioni principali. Parlare di unica occupazione
significherebbe non considerare le condizioni storiche, politiche e sociali in cui le donne
hanno vissuto per lungo tempo e che una storia della musica paritaria non può ignorare. In
riferimento non alla storia della musica ma a quella della letteratura si chiede un famoso testo
di Virginia Woolf (Una stanza tutta per sé, 1929) che fine avrebbe fatto una fittiva sorella di
Shakespeare, a cui nel testo viene dato il nome Judith, se avesse tentato di intraprendere la
carriera del fratello. Il testo mette in evidenza, tra le altre cose, l’imprescindibile condizione
per la produzione artistica della presenza di una stanza, appunto, “tutta per sé” in cui lavorare
con concentrazione, senza essere disturbati dai figli che girano intorno o da altre donne che
fanno, ad esempio, la maglia. Una condizione a un primo sguardo banale ma che rientra
senz’altro nei fattori da considerare quando si ha a che fare con la produzione artistica di
donne, specialmente nell’epoca a cui fa riferimento questo concerto, ossia il XVII e il XVIII
secolo.
Altri fattori da tenere in considerazione quando si analizza l’opera di un’autrice sono: Ha
potuto pubblicare sotto il suo nome? Ha pubblicato sotto pseudonimo maschile o femminile?
Esiste un’opera prima? Questo aspetto è così importante in questo caso, se consideriamo che a
molte compositrici venne per lungo tempo vietato di pubblicare, anche per ovviare
all’equazione: pubblicazione = soldi = lavoro = non opera d’ARTE ma semmai manierismo,
kitsch, etc. etc. Perseguendo lo scopo dell’ampliamento così come della revisione di un
canone della storia della musica (ma lo stesso vale anche ad esempio per altre arti e per la
letteratura) che non si basi solo sul principio, difficilmente misurabile in modo oggettivo e per
sua natura propenso all’esclusione, dell’importanza (sia questa intesa dal punto di vista
storico o che altro), risulta poi fondamentale far uso e considerare la diversità di approcci, di
generi, di principi, di condizioni e così via. Un canone paritario e’ un canone che cerca di
rispecchiare questa diversità.
Non a caso – ora vorrei tracciare brevemente le direzioni della ricerca scientifica su questi
temi negli ultimi 40 anni circa – si è assistito a un processo che ha portato ad esempio l’analisi
letteraria dalle interpretazioni di matrice femminista, molto incentrate sulla differenza
uomo/donna, ai Gender Studies, che hanno cercato di andare oltre alla mera osservazione di
differenze in maniera dicotomica, fino a nuovi paradigmi della ricerca del giorno d’oggi,
come i Diversity Studies o l’Intersezionalità. Quest’ultima non pone l’attenzione solamente al
sesso ad esempio dell’autore/dell’autrice di un testo o di una figura letteraria, bensì
all’intersezione di diverse identità sociali (sesso, età, nazionalità, religione, ceto sociale etc.)
che possono portare a forme di discriminazione.
E’ proprio in un’ottica intersezionale che desidero ora delineare brevemente le biografie delle
compositrici di questo concerto, così come vengono narrate (sì perché anche un’enciclopedia
o una composizione stessa può narrare) in due enciclopedie: il Grove Dictionary of Women
Composers e/o nella virtuale MUGI di Hannover. Isabella Leonarda nasce e muore a Novara
(1620-1704) in una famiglia novarese di spicco. Entra nel Collegio di S. Orsola, dove diventa
persino madre vicaria. Gasparo Casati fu il suo maestro, il quale già all’epoca incluse dei
brani di Isabella Leonarda in una sua opera. Nel caso di Isabella Leonarda non mancano
pubblicazioni: l’op. 16 venne già pubblicata nel 1693. Le sonate di Isabella Leonarda sono
probabilmente le prime sonate pubblicate da una donna.
Élisabeth-Claude Jacquet de la Guerre nasce e muore a Parigi (1665-1729). Secondo fonti
dell’epoca fu cembalista di gran talento, che ottenne una posizione privilegiata grazie all’aiuto
di Luigi XIV, che la affidò alle cure di Mme de Montespan. Luigi XIV incoraggiò concerti e
pubblicazioni di Élisabeth de la Guerre; unica condizione per la pubblicazione di opere (per
niente inconsueta all’epoca) fu quella che le opere venissero dedicate a lui.
Barbara Strozzi nasce a Venezia nel 1619 e muore secondo il MUGI ma non secondo il Grove
a Padova nel 1677. Fu figlia adottiva (forse illegittima) di Giulio Strozzi, di cui fu anche
l’unica erede. Studiò musica con Francesco Cavalli e si esibì spesso agli incontri
dell’Accademia degli Unisoni, fondata dal padre. Di lei rimangono composizioni fino all’op.
8, soprattutto musica vocale, soprattutto madrigali, tutte con dedica, il Grove formula l’ipotesi
che fosse stata obbligata a pubblicare per mantenersi dopo la morte del padre. Dopo l’opera 8
Barbara Strozzi scompare dalla storia della musica; secondo un’ipotesi di David e Ellen
Rosand, i quali si rifanno a un dipinto di Bernardo Strozzi ora a Dresda, visse poi come
cosiddetta “cortigiana onesta” a Venezia.
Le biografie di queste tre compositrici narrano quindi d’intersezioni favorevoli alla
produzione artistica: per Isabella Leonarda fu il ceto sociale e la scelta della vita religiosa, per
de la Guerre la protezione di Luigi XIV e di conseguenza l’ottima istruzione musicale, per
Barbara Strozzi la famiglia di provenienza e quindi il contatto quotidiano con le arti e la
letteratura ma anche l’intersezione meno produttiva del cambio di ceto sociale. Queste
biografie narrano anche di “stanze” geografiche ben precise: Novara, Parigi, Venezia, a
differenza di altre musiciste della storia della musica rimasero Leonarda, de la Guerre e
Strozzi fedeli a un luogo geografico.
Buon ascolto e grazie per l’attenzione.