accadde…oggi: nel 1860 nasce Marianne von Werefkin, di Paola Naldi

Arte al femminile (298)

Il nord Europa, come ho già avuto modo di osservare, presenta nell’Ottocento pittrici di grande interesse. Spesso queste artiste hanno poca fiducia in se stesse e si affidano a uomini che valgono meno di loro, come nel caso di Marianne von Werefkin.

Marianne Von Werefkin è una straordinaria figura di donna, rappresentativa del proprio tempo. Quando si innamora di un pittore, che vale meno di lei, si convince di dover vivere in funzione del proprio compagno e abbandona la propria attività. Purtroppo la sua è una fiducia mal riposta e le fa perdere anni preziosi per la sua carriera.

Questa pittrice nasce a Tula, nella Russia zarista, nel 1860. Il padre è un generale e la madre pittrice. Marianne ha due fratelli. La famiglia è benestante e aperta alla cultura, per cui Marianne può seguire le proprie attitudini. Il talento artistico innato viene subito riconosciuto e incoraggiato dai genitori. A 20 anni studia a San Pietroburgo presso la bottega del pittore Ilya Repin, uno dei principali pittori realisti della Russia del tempo. Seguendo i suoi insegnamenti ritrae ambienti di campagna e rappresenta le difficili condizioni del popolo. Raggiunge una perfezione tale nella pittura realista da guadagnarsi l’appellativo di “Rembrandt russa”. A 28 anni si ferisce alla mano destra durante una partita di caccia: questo la costringe a cambiare la propria tecnica pittorica. S’interessa alle avanguardie e in particolare alle opere di Munch, di cui apprezza la forza espressiva.

A 32 anni la sua vita ha una svolta: conosce Alexej von Jawlensky, ex ufficiale russo naturalizzato francese, che ha aspirazioni come pittore. Marianne è convinta di avere trovato l’amore della sua vita e lo aiuta nelle sue ambizioni. Quando il padre di Marianne muore, lasciandole una piccola fortuna, lei si trasferisce con Jawlensky a Monaco di Baviera. Il suo compagno abbandona la carriera militare e i due si stabiliscono a Schwabing, il quartiere degli artisti. Il loro moderno appartamento diventa luogo di ritrovo di pittori, scrittori, rivoluzionari, musicisti, ballerini, filosofi: un salotto artistico di cui lei è incontrastata animatrice. Qui si dibattono temi della cultura simbolista, ci s’ interessa di psicanalisi e si teorizza “un’arte dell’emozione”, in contrasto con l’accademismo. Marianne cerca di valorizzare le opere del compagno, sacrificando il proprio talento. Riprende a dipingere dopo i 40 anni, aderendo all’espressionismo. Diventa amica di Kandinsky e di Gabriele Munter.

Viaggia parecchio. Va a Venezia, in Normandia, a Parigi, in Bretagna, in Provenza, interessata a una concezione del colore come veicolo di luce e a una pittura ridotta alle forme essenziali.

Durante la prima guerra mondiale viene espulsa dalla Germania, perché cittadina russa, e si rifugia in Svizzera, inizialmente a Zurigo. Le sue disgrazie non finiscono qui, perché in seguito alla rivoluzione russa perde sia la cittadinanza che i propri beni. Si guadagna da vivere disegnando manifesti pubblicitari.

Jawlensky la tradisce ripetutamente, ma Marianne lo perdona, sino alla relazione di quest’ultimo con la cameriera Héléne, da cui ha un figlio. Nel 1918 i due si lasciano e Marianne si stabilisce ad Ascona, sempre in Svizzera. Dopo che Marianne lo ha mantenuto e aiutato per decine di anni, nel 1922 Jawlensky sposa Héléne.

A 64 anni Marianne intensifica la propria attività e fonda il gruppo Orsa Maggiore.

Vive in solitudine ad Ascona, sino alla morte nel 1938, a 78 anni.

Il carisma e il talento di Marianne hanno iniziato solo recentemente a occupare il posto che meritano nei manuali di storia dell’arte.

La prima mostra monografica dedicata in Italia a questa artista si ha a Reggio Emilia nel 2001.

Ad Ascona si trova la Fondazione Marianne Werefkin, che raccoglie documenti e opere lasciati dall’artista alla sua morte.

Le sue opere sono estremamente espressive e ha un uso del colore che colpisce per la vivacità e l’intensità dei toni.

 

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