leggiamo Harry Potter da adulti, di Valeria Vite

Leggiamo “Harry Potter” da adulti.

Harry Potter è un’icona per noi nati negli anni Novanta. Abbiamo visto uscire le prime edizioni, quando Minerva si chiamava Mc Grannit e Tassofrasso Tassorosso e il libri sono cresciuti con noi, perché i primi volumi si rivolgevano a bambini delle elementari ed avevano le figure, quelli successivi, per seguirci nella crescita, erano molto più voluminosi e trattavano tematiche assai più complesse. Non so più descrivere cosa provavo mentre li leggevo allora: non mi ricordo più cosa significa essere bambina, ma la mia opinione sull’opera deriva da quei maldestri tentativi di lettura.

Ho riletto tuttavia Harry Potter da adulta e sono rimasta piacevolmente sorpresa da come il mio punto di vista su diversi personaggi e situazioni era mutato. Innanzitutto era cambiato il mio personaggio preferito: Hermione Granger mi sembrava troppo immatura, molto meglio Luna Lovegood per la sua individualità e Minerva Mc Grannit, la migliore professoressa di Hogwarts. Ora in generale sono molto più interessanti i personaggi adulti, perché i bambini manifestano la propria innocenza in tutte le loro azioni.

Un aspetto del libro veramente insopportabile sono i continui bisticci tra Malfoy ed Harry Potter. Malfoy è un mocciosetto viziato che andrebbe compatito sin dai primi romanzi, non soltanto verso il termine della saga, Harry invece è un bambino che non sa riconoscere le persone che andrebbero ignorate. Le scene al riguardo sono estremamente noiose per un adulto abituato a relazionarsi tra pari in altro modo, anche se non certo migliore: certe volte noi grandi siamo più crudeli.

Il manicheismo, vale a dire il dualismo tra bene e male, funziona prima della nascita di Cristo o nei fantasy per gli adolescenti, ma gli adulti vogliono situazioni più complesse: certe volte per far del bene si sbaglia, dalla male può nascere un’inaspettato fiore, qualcuno resta più neutrale della Svizzera. Ed è mai possibile che gli stati limitrofi non aiutino il Regno Unito ma ci giochino a Quiddich?

Lo sviluppo dell’affettività è trattata magistralmente e con un simpatico pizzico di comicità, peccato che la sessualità sia assente, in quanto si tratta di una saga per bambini, ma un adulto grande e vaccinato sente la mancanza di questa componente essenziale della vita umana.

I professori per i ragazzi sono delle maschere: non hanno un passato, non hanno una vita privata, non hanno ambizioni, sono solo docenti. Ne consegue che alcuni personaggi sono un po’ piatti, perché esistono solo in qualità di insegnanti. Mi riferisco a Vitious, Minerva Mc Grannit, la Sprout, il professore fantasma di storia. Eppure tutti questi soggetti meriterebbero di essere approfonditi. Fanno eccezione tutti coloro che hanno un beckground e una psicologia complessa perché hanno un ruolo genitoriale nei confronti di Harry (Hagrid, Silente James Potter e i suoi amici), da antagonista (Piton, che si redimerà in seguito), da mentore (Lupin), da ciarlatana (la Coman). I professori di arti oscure sono invece singolari, perché hanno un ruolo di primo piano nella storia.

Dulcis in Fundo, Voldemort. Ha una psicologia troppo piatta. La Rowling lo ha reso il male assoluto, ma non si è presa la briga di spiegare cosa lo ha trasformato in un anticristo in terra. Ma anche nella storia esistono personaggi del genere, basti pensare a Nerone, Hitler, Bloody Mary.

Cari Potterhead, non infuriatevi, perché non ho smesso di amare il nostro maghetto: so ancora emozionarmi leggendo le avventure di Harry Potter. Sono solo diventata grande, perciò ho punti di vista differenti su alcuni aspetti.