il sol dell’avvenire, Moretti. Un finale con o senza speranza? di Valeria Vite

“Il sol dell”avvenire”, Moretti. Un finale con o senza speranza?
Moretti è tornato in tutto il suo splendore con Il sol dell’avvenire, un film in concorso a Cannes. Il protagonista è Giovanni, interpretato da Moretti stesso, che sta girando un film sul PCI ai tempi in cui l’URSS attacca l’Ungheria. Nell’opera di Giovanni un circo Ungherese viene accolto da alcuni comunisti, i cui leader sono una donna e un uomo che avrebbero tutte le premesse per innamorarsi e rivoluzionare il PCI, ma devono fare i conti con le decisioni del partito italiano e russo. Il racconto dunque non è lineare, ma la trama della vita di Giovanni, del suo film e anche di un lungometraggio prodotto dalla moglie si intrecciano.
Ciascuno legge il film in modo differente. La sottoscritta, 31 anni e una laurea in lettere, ha percepito questo affresco del comunismo come se i libri di storia che ha tanto studiato prendessero vita: la trama non le appartiene perché non era nemmeno nata all’epoca. Un quindicenne probabilmente si sarebbe annoiato e avrebbe compreso molto poco, anche perché a scuola la presa dell’Ungheria viene affrontata sbrigativamente. I più anziani sono nostalgici, sotto sotto anche quelli di destra, perché questa storia riguarda anche loro.
Così come esiste il metateatro e la metanarrazione, esiste anche il metacinema, e questo film ne è un valido esempio, perché la vicenda riguarda la realizzazione di un film. Il lungometraggio, pur essendo girato ai nostri giorni, viene tuttavia realizzato secondo il modus operandi del passato così, quando dovrà scontrarsi con i severi parametri di Netflix, perderà il finanziamento. Fortunatamente entreranno in gioco degli orientali che consentiranno la continuazione delle riprese. L’introduzione di Netflix sarebbe potuta essere un fiasco anacronistico ed eccessivamente tecnologico, invece è una brillante scena comica che mette in contrasto il presente con il passato.
Giovanni è un uomo triste: assume antidepressivi, la moglie lo vuole lasciare, la figlia è fidanzata con un anziano, vorrebbe girare un film sull’amore ma non ne ha la forza, appartiene ad un mondo che non esiste più. Dulcis in fundo, al termine del suo film il protagonista si impicca. Eppure le tonalità delle inquadrature sono sgargianti: i colori più comuni sono il giallo, il rosso, il blu del tendone da circo. Le colonne sonore, dei grandi classici della musica italiana da De André a Battiato, trasmettono un’allegria che tuttavia estrinseca la tristezza del protagonista: tutto intorno a lui è felice, mentre Giovanni è una pecora nera di malinconia.
Sul set Giovanni indosserà il cappio in una scena molto forte, ma poi cambierà il finale del film: viene fondato un nuovo partito comunista autentico e genuino, il circo ungherese resterà ospite in Italia e la coppia protagonista del film di Giovanni si scoprirà innamorata. Si tratta di un finale lieto o triste? Potrebbe essere un messaggio di speranza per il partito comunista, oppure un’allegria che mette tristezza, perché il comunismo non è risorto, ma tramontato, e la storia sembra essere andata avanti, in peggio.