l’ultima volta che siamo stati bambini, l’esordio alla regia di Claudio Bisio, recensione di Valeria Vite

“L’ultima volta che siamo stati bambini”, l’esordio alla regia di Claudio Bisio

Claudio Bisio decide di passare dall’altra parte della camera, con un film delicato ma profondo che tratta un tema difficile: la Shoah. Il titolo è “L’ultima volta che siamo stati bambini” (2023) e, per l’appunto, i protagonisti sono dei preadolescenti di circa undici anni che scoprono l’atrocità della guerra in un viaggio di formazione. Troveremo anche Bisio in questo film, in una piccola simpatica comparsa del severo padre fascista, ma questo ruolo non oscura affatto quello dei protagonisti.

Il simpatico manipolo di avventurieri è formato da  Italo (Vincenzo Sebastiani), figlio di un federale fascista (Claudio Bisio) , complessato in quanto si ritiene il figlio meno amato dal padre ma leader nel suo gruppo di amici; Cosimo (Alessio di Domenicantonio), che vive con il nonno con il fratello minore in quanto il padre è al confino; Vanda (Carlotta De Leonardis), un’orfana che vive in convento dalla spiccata intelligenza e effettiva guida della banda; e Riccardo (Lorenzo Mc Govern), i cui genitori sono ebrei, ma comunque non solo è accettato dagli amici, ma anche ammirato per la propria intelligenza e per la bellezza ariana. I ragazzi hanno recitato con straordinaria maturità e spessore: avevano un compito degno di un adulto, ma lo hanno portato a termine con grande abilità, dimostrando di essere portati per il grande schermo.

Un giorno Riccardo viene deportato con la famiglia e i suoi amici decidono di recarsi in Germania per salvarlo, seguendo i binari del treno. Inizia così un avventura scanzonata, in cui i dogmi fascisti che i ragazzi non hanno ben compreso si fondono con la naturale bontà dei bambini. I ragazzi sono ingegnosi come dei boy scout, prodi come dei cavalieri e puri come degli angeli. La fuga è divertente, allegra, ricca di peripezie che strapperanno al pubblico più di una risata. I colori delle inquadrature sono caldi, vivaci, illuminati dal sole e dagli splendidi paesaggi del centro Italia. Chi potrebbe mai sospettare una tragedia? Eppure lo spettatore adulto è consapevole dell’assurdità della missione dei bambini e dell’atrocità della guerra.

I protagonisti sono inseguiti per le ferrovie del Lazio dal fratello maggiore di Italo, Vittorio, e da suor Agnese, una sorta di madre per Vanda. Anche per loro il salvataggio sarà un viaggio di formazione: Vittorio, salvato dal fratello, imparerà a riconoscere il valore del piccolo e ammetterà di non essere stato un soldato valoroso; Agnese, fingendo di cedere alle avance del compagno, imparerà che certe volte, per compiere il volere del Signore, bisogna fare il suo contrario. La suora inoltre adotterà Vanda. I due aiutanti dopotutto sono poco più ventenni, anche loro hanno molto da imparare dalla vita.

Quando Vittorio e Agnese ritroveranno i ragazzi e la vicenda sembrerà risolta, un treno sosterà presso una stazione per raccogliere un “carico” di Ebrei diretti in Germania. Italo, che non ha ancora compreso l’amara verità, salirà sul convoglio per andare a salvare Riccardo. Grazie (o purtroppo) al sacrificio del ragazzo, Vanda e Cosimo smetteranno di credere nelle illusioni dell’infanzia e inizieranno a comprendere l’atrocità della guerra. Molti segnali incontrati lungo il cammino avevano provato ad avvertirli: i cadaveri lungo i binari, i contadini affamati, la violenza dei fascisti… ma a nulla era servito, uno dei tre doveva sacrificarsi.

Sono molto importanti in questo film i costumi di Beatrice Giannnini: la divisa da Balilla di Italo, i nastrini di Vanda, l’abito sensuale di Agnese, i vestiti da contadino di Vittorio, la comica divisa da sommozzatore di Italo. Ciascun personaggio cerca di adeguarsi alle varie situazioni indossando degli abiti ma, presto o tardi, verranno traditi o messi in difficoltà proprio dai vestiti stessi. Crescere dopotutto significa imparare ad adottare il comportamento giusto in ogni occasione, senza smarrire se stessi.

Un film leggero, che induce alla riflessione senza spaventare e pertanto adatto a tutte le età. Complimenti a Bisio, un grande debutto.