c’è ancora domani, la Cortellesi omaggia il neorealismo, recensione di Valeria Vite

“C’è ancora domani”, la Cortellesi omaggia il neorealismo.

Sta ottenendo acclamazioni, premi e successo il primo film da regista di Paola Cortellesi. L’attrice aveva già lavorato dietro la camera, ma mai in completa autonomia economica e decisionale. Il risultato dimostra che è ancora possibile realizzare per il grande pubblico del cinema di qualità, e il fatto che l’autrice sia una donna è un onore per tutte noi. Non si tratta di un capolavoro inedito, certo, ma del trionfo del manierismo nei confronti del neorealismo, però è già un inizio.

Delia, interpretata dalla stessa Paola Cortellesi, è una donna ordinaria che vive con la sua famiglia a Roma nell’immediato Secondo Dopoguerra. Il marito Ivano (Valerio Mastrandrea) la picchia e la umilia, il suocero dice che è una brava donna di casa ma dovrebbe imparare a stare zitta; la donna resiste per amore dei suoi tre figli. La maggiore sta per fidanzarsi con il padrone di un bar, un evento lieto per la famiglia che si eleverebbe di status, ma ben presto il giovanotto dimostrerà di non essere meno maschilista e violento di Ivano, nonostante appartenga ad una classe sociale altolocata. La violenza sulle donne non riguarda solo le classi sociali più umili, dunque, ma tutta la società. A Delia si prestano diverse vie di fuga: la figlia la incita a fuggire, un soldato americano le offre aiuto e il suo ex fidanzato le propone di tornare con lui, ma Delia è indecisa.

Il film è un omaggio al Neorealismo per molti aspetti: la pellicola è in bianco e nero, è ambientata nel Secondo Dopoguerra, racconta le vicende delle classi sociali più umili e le ingiustizie che subiscono. Si tratta di uno stile molto indicato per raccontare la violenza sulle donne che subivano le nostre nonne, ma che patiscono anche le donne di oggi. Le dinamiche psicologiche della violenza sono analizzate con attenzione: il marito giustifica il proprio comportamento (“sono un po’ nervoso, ho fatto due guerre”) e la moglie, intenerita e innamorata, lo difende. E’ doveroso sottolineare che ogni singola comparsa di quel film aveva vissuto due guerre ma non tutti picchiavano le mogli, perciò la giustificazione non regge. Delia al termine del film riuscirà a rompere il circolo vizioso con un gesto simbolico: impedire il matrimonio della figlia e recarsi, con una camicetta comprata di nascosto e il rossetto, a votare alle prime elezioni a suffragio universale maschile e femminile.

La Cortellesi ama i dettagli degli oggetti più piccoli, evidenziati con primissimi piani o con la gestualità degli attori: tazzine sbeccucciate, rammendi sulle camicette, il servizio buono da spolverare, gli oggetti acquistati al mercato. Tutto ciò evoca un verismo di maniera, che estrinseca la povertà dei personaggi. Meritano i complimenti truccatori e costumisti, per aver trasformato la Cortellesi in una donna sciupata, smagrita, con le occhiaie, i capelli rovinati. I primi piani e l’espressività dell’attrice hanno poi completato l’opera, dando vita ad una donna del popolo.

Alcune riprese sono di qualità: l’inquadratura circolare che circonda Delia e il suo ex mentre hanno i denti sporchi di cioccolata, un grande classico che promette il tradimento della protagonista con il meccanico ma ingannerà sul finale. Splendida anche la ripresa di delia che legge la lettera misteriosa con un mobile in primo piano.

Le scene di violenza domestica sono state trasformate in una danza. In questo modo l’immagine è meno angosciante, ma più tragica, perché marito e moglie dovrebbero danzare, non picchiarsi. L’effetto è straniante, ma efficace.

E’ intrigante anche la scelta delle colonne sonore: la maggior parte dei brani appartengono all’epoca storica della vicenda ma, quando Delia si aggira a passo svelto per le strade, la musica diventa moderna, rapida, con una venatura Rock, segno che la regista non vuole ancorarsi al neorealismo e che nell’arte la modernità può magicamente fondersi al passato.

Il film è originale, trasmette un messaggio profondo e cita film d’autore, trasformandosi quasi lui stesso in cinema di qualità. La Cortellesi ha dimostrato di essere un’artista di serie A.