la bella estate, film di Laura Luchetti, recensione di Valeria Vite

“La bella estate” di Laura Lucchetti, una storia d’amore e di crescita.
Laura Lucchetti omaggia Pavese adattando con estremo rigore al grande schermo La bella estate (2023), una storia d’amore, di crescita, di sbagli ma soprattutto di corpi. Il film è stato proiettato alla 76esima edizione del Locarno Film Festival, ma la vicenda ha ottenuto riconoscimenti più illustri nel passato, con il romanzo breve di Pavese (1940), vincendo il Premio strega 1959. L’opera è contenuta tra l’altro in un’omonima raccolta (1949).
Cesare Pavese, all’alba del boom economico, definisce questo romanzo come una storia “di una verginità che si difende“. La sofferenza per la perdita dell’infanzia verrà affrontata in molte opere, come Dialoghi di Leucò, più precisamente nel dialogo di Orfeo. Nell’opera l’adolescenza viene paragonata ad una festa, come le scorribande in mezzo alla natura estiva che la sedicenne Gigna (Yile Vianello) e il suo amore Amelia, una ragazza poco più grande interpretata dalla figlia di Monica Bellucci Deva Cassel, vivono quando si incontrano. E l’estate non è forse la stagione delle feste e della giovinezza? Nei medesimi dialoghi Orfeo dirà che “è necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno“. E Gignia, per crescere, toccherà il suo inferno, perderà e riacquisterà il lavoro in un atelier d’alta moda; Amelia invece si ammalerà e guarirà di sifilide nella sua ricerca di pienezza. Gigna in particolare dovrà scavare a fondo dentro di sè per comprendere le ragioni delle sue reazioni. Il tema del sesso è trattato con una delicatezza estrema ma con quadrature carnali, con la confusione e l’impeto dell’adolescenza. All’interno di questo tema si inserisce anche il desiderio di Gignia di posare nuda per un pittore come l’amica Amelia, “per scoprire qualcosa di sè”. Quando riuscirà nell’intento proverà la vergogna e lo squallore che il gesto prevede: anche in questo caso ha toccato l’inferno. Negli errori e nelle esperienze positive, le identità delle due giovani donne tuttavia si svelano e le ragazze crescono, scoprendo il proprio corpo.
Viene prestata particolare attenzione ai costumi d’epoca, sia nell’atelier di Gigna, sia per quanto riguarda i gusti delle protagoniste, che sono veramente molto eleganti. Se il film induce a riflettere sui corpi, saranno allora molto importante anche i vestiti. Le stoffe dell’atelier poi sono quasi palpabili sullo schermo, fanno sognare un universo di fasti e frivolezze.