Manodopera (2022), film di animazione di Alain Ughetto, recensione di Valeria Vite

“Manodopera” (2022), Alain Ughetto racconta la storia dei suoi nonni.

Manodopera” è un film d’animazione del 2022 di Alain Ughetto, che tra poesia e favola racconta la dura vita dei suoi nonni, afflitti dalla fame, dal lavoro massacrante e senza diritti, dalle malattie, dalle guerre e dell’emigrazione in Francia.

La geografia è molto importante in questo racconto perché i luoghi dove avvengono i fatti sono ben definiti. La storia inizia in un paesino sperduto del Piemonte dell’800, che prende nome dal cognome di tutti gli abitanti, Ughetto, e in cui il parroco è considerato un ladro che abusa della propria autorità.

A causa della miseria che regna a Ughetto, la famiglia del regista è costretta a migrare in Francia, dove i suoi nonni si innamoreranno e si sposeranno. Oltralpe gli italiani sono discriminati al pari dei migranti oggi: vengono infatti sfruttati sul luogo di lavoro e non possono entrare in alcuni luoghi al pari dei cani. Le numerose nascite su alternano alle morti in guerra, per incidente sul lavoro e malattia, ma la famiglia del regista non perde la speranza e continua a credere di poter migliorare le proprie condizioni.

Tra la Francia e il Piemonte si parlavano molte lingue: i personaggi sono bilingui, parlano italiano e francese perfettamente, i nazisti si esprimono in tedesco e i preti esibiscono il loro latinorum. Ciò conferisce alla storia realismo e ci fa assaporare l’atmosfera di quegli anni.

Ma come può un film d’animazione essere realista? Il film è stato realizzato fotogramma per fotogramma, fotografando non solo pupazzi alti circa 20 cm, ma anche terriccio, castagne, cartone e paesaggi reali. Compaiono poi in grandissimo piano le mani e i piedi del regista, ricordandoci che tutto ciò cui assistiamo è realmente accaduto, ma non solo: i lavoratori di fine ‘800 usano le mani, così come le scene sono state realizzate a mano. Il regista interagisce soprattutto con sua nonna con un effetto emozionante, ma in questo modo si infrange la finzione narrativa e lo spettatore non può più immaginare che i pupazzi siano vivi se compaiono due enormi manone umane.

Tra immagini reali e fittizie, la vicenda è narrata lentamente, seguendo il ritmo delle stagioni, dello scorrere inesorabile degli anni, della pendola del nonno del regista, delle nascite e delle morti. Le musiche di sottofondo sono di Nicola Pivani, premio Oscar 1999 per la colonna sonora de La vita è bella. Meravigliosi i canti popolari in dialetto piemontese, introducono una nuova lingua e rallegrano grandi e piccini.

Ed è proprio a tutte le età che si rivolge questo cartone animato, svelando significati ed emozioni diverse a seconda della generazione di appartenenza dello spettatore. L’opera è un grande capolavoro, ma purtroppo è anche piccola, perché non è stata adeguatamente pubblicizzata dai media, è poco conosciuta dal grande pubblico.