Il faro azzurro, di Colette, curato e tradotto da Stefano Serri, Robin edizioni 2024, recensione di Daniela Domenici

Ringrazio Stefano Serri, straordinario traduttore, che ha curato questo libro oltre che tradurlo, perché mi ha fatto conoscere Colette, che è stata una donna poliedrica, a cavallo tra l’Ottocento e Novecento, scrittrice, drammaturga e attrice, un pilastro della letteratura francese ma anche tanto altro; questa opera, che viene presentata per la prima volta in italiano, è uscita postuma dopo la sua morte avvenuta nel 1954 ed è stata scritta tutta dal letto in cui Colette è rimasta immobile per molti anni a causa di un’artrite deformante e invalidante.
Nella sua splendida postfazione Serri mette in evidenza ciò che più colpisce di questo libro: l’attenzione di Colette a ogni piccolo particolare che è degno di nota e che lei descrive con un’abbondanza di particolari, con straordinarie sinestesie, con un profluvio di aggettivi e con un’empatia che commuove, dai vari animali alle piante, dai cibi agli oggetti, ogni cosa è degna della sua accurata scrittura: Colette, avrei voluto conoscerti!