intervista alla giornalista Maria Grazia Barile di Daniela Domenici

Ho sentito il desiderio di proporre alcune domande alla giornalista sportiva Maria Grazia Barile per conoscerla più da vicino.

-Maria Grazia, lei proviene da una famiglia di sportivi, di fan di una delle due squadre di

Genova?

– In famiglia si seguiva tanto lo sport: calcio, ciclismo, tennis, atletica leggera. Mio fratello praticava soprattutto calcio e tennis, e andava in bicicletta. Mio padre, classe 1915, era tifoso del Genoa, la mamma sampdoriana. Il nonno materno era stato socio fondatore dell’Andrea Doria

– Da giovane lei era una ragazza sportiva, praticava qualche sport?

– Da bambina ho praticato ginnastica artistica e nuoto, ma per brevi periodi. Poi anche lo sci

– Che tipo di studi ha fatto?

– Ho frequentato il liceo scientifico Cassini, maturità nel 1974. Poi un paio d’anni d’università, prima legge e poi lingue, interrotta per via di un matrimonio assai precoce. Avevo 21 anni, credevo di poter proseguire, invece si aprirono altre strade

– Quando ha sentito il desiderio di diventare giornalista sportiva?

– Lavoravo in radio, conducevo diversi programmi. Nell’86 mi fu proposto di raccontare le partite di Genoa e Sampdoria, Andavo allo stadio fin da bambina, portata da papà a vedere entrambe, avevo sempre seguito il calcio con passione. L’avventura iniziò così. Sono stata la prima radiocronista d’Italia, all’attivo un migliaio di radiocronache.

– E perché proprio sportiva e non, per esempio, di cronaca o di altre tematiche?

– Ho seguito anche altri fatti, ma la mia professione è questa

– Perché ha scelto proprio il calcio e non un altro sport?

– Per la passione, maturata sin da bambina

– Ha trovato difficoltà, in quanto donna, a inserirsi in questo ambiente così prettamente

maschile?

– No, mai avuto problemi anche se all’inizio qualcuno si stupiva di vedere una donna in tribuna stampa. Non eravamo in molte, anzi…

– Seguiva le squadre anche in trasferta?

– No, solo le partite casalinghe, forse un paio in trasferta

– Perché non ha scelto di essere giornalista della carta stampata?

– Ho iniziato a lavorare in radio, poi in Tv, è stato un passaggio naturale. Ho scritto qualcosa per la carta stampata e negli ultimi anni ho pubblicato molti articoli sul sito di Telenord, dove ho lavorato una trentina d’anni

– Nel corso della sua carriera professionale si è ispirata a qualcuno/a?

– Non in particolare. Ho seguito e ascoltato tanti giornalisti di vaglia. Voci e radiocronache indimenticabili. Di tutti resta qualcosa. Come donna, ho aperto una strada, sono stata antesignana del giornalismo sportivo femminile in radio e Tv

– E’ soddisfatta della tua carriera o le è rimasto ancora qualche sogno

– Soddisfatta, sì. Ho fatto anche scelte impopolari, come la rinuncia ad un contratto Rai nel ‘92, anno delle Colombiane. Qualcuno mi ha preso per matta ma avevo problemi familiari che potevano risultare inconciliabili col nuovo impegno. Così ho proseguito con l’emittenza privata. Sino alla pensione arrivata due anni fa.