Graces, di Silvia Gribaudi al Teatro Sociale di Como contro gli stereotipi di genere, recensione di Valeria Vite

“Graces” di Silvia Gribaudi al Teatro Sociale di Como. Contro gli stereotipi di genere.
L’arte è una forma di libertà, ma la danza spesso è l’espressione artistica più ingabbiata negli stereotipi: i ballerini devono infatti avere misure perfette, corpi proporzionati, le loro carriere iniziano e terminano troppo presto per portare sul palcoscenico la freschezza della giovinezza e, in molti casi, sono vittime di disturbi alimentari. Silvia Gribaudi, in qualità di coreografa, drammaturga e danzatrice, ha creato lo spettacolo Graces per proporre al pubblico del Teatro Sociale di Como una danza autentica, vera e soprattutto libera, in cui sovvertire i canoni di bellezza.
L’opera è ispirata alle Tre Grazie di Canova, ma i performer non sono tre fanciulle, bensì degli uomini. E perché mai la grazia dovrebbe incarnarsi solo in corpi femminili? Le fattezze di Siro Guglielmi, Matteo Marchesi e Andrea Rampazzo però sono lontanissime dalla perfezione di Roberto Bolle: sono uomini magri o rotondetti, non depilati e non più giovanissimi. Sono uomini veri, eppure danzano come angeli, perché tutti possono diventare ballerini, non soltanto coloro che hanno un fisico da fotomodello. Ma la Gribaudi riesce a fare una magia: li trasforma in affascinanti statue dalle pose grecizzanti, in icone di bellezza in una splendida scena di nudo, giocata tra le luci, le ombre e l’ironia. I tre maschietti sono capitanati sul palcoscenico dall’autrice, una leader simpatica, autoironica e carismatica. Anche il suo corpo, per essere una ballerina, non è conforme ai canoni di bellezza occidentali, perché è piuttosto morbidoso e androgino, ma lei conquista il pubblico con una danza giocosa, comica, allegra, unica e travolgente, per comunicare al pubblico quale sia la vera bellezza
Se vi aspettate uno show di danza tradizionale, avete sbagliato serata, innanzitutto perché sono presenti diversi momenti di recitazione, sia da parte della danzatrice protagonista sia delle sue Grazie. Le parole sono più alluse ed evocate che effettivamente pronunciate, con effetti comici, ironici e autoironici. Lo spettacolo ha infatti un sapore leggero, scanzonato e scherzoso. Gli interpreti dialogano con il pubblico coinvolgendolo attivamente e comunicando sia in italiano sia in perfetto ed esilarante British English. Il messaggio urlato dal palcoscenico è il medesimo che viene trasmesso con la danza: “siamo tutti meravigliosi”. La danza inoltre si trasforma in mimo e in gag da cabaret, ponendo tuttavia sempre il corpo al centro del palcoscenico. Danza dunque non significa solo perfezione, ma anche risate, dialogo, comunicazione, scherzo, allegria, voglia di vivere e lotta contro gli stereotipi.
L’opera si interroga inoltre su cosa sia necessario per creare una performance di danza. A silvia Gribaudi sono sufficienti le pulsazioni di un battito cardiaco e un movimento ripetitivo, talvolta soltanto quest’ultimo. Danza è vita, movimento, dinamismo, sicuramente non regole. Per ballare si può anche soltanto spruzzare dell’acqua per terra e scivolare sulla superficie del palcoscenico. Dimenticatevi i balletti tradizionali e aspettatevi l’inaspettato.
Silvia Giraudi si definisce “artista del corpo”, in quanto desidera trasformare in modo costruttivo e positivo le imperfezioni elevandole a forma d’arte, con una comicità diretta, crudele ed empatica che fonde diverse espressioni artistiche, quali la danza, il teatro e la performing art. Negli ultimi dieci anni ha affrontato tematiche spinose per la nostra società, ma questa volta ha voluto portare sul palcoscenico gli stereotipi di bellezza, i ruoli di genere e la leadership femminile tra i maschietti. Ciò non significa tuttavia serietà e pesantezza, in quanto le sue performance sono leggere e ironiche. I suoi spettacoli sono capolavori inconsueti, ma proprio per questo hanno qualcosa da dire.