la mia dislessia, di Philip Schultz, recensione di Valeria Vite

Dal 2011 si parla moltissimo nei consigli di classe di BES, DSA e DVA, disturbi dell’apprendimento e disabilità, peculiarità dei cervelli divergenti che creano non pochi problemi agli adolescenti con tale caratteristica. Prima di affrontare La mia dislessia di Philip Schultz, Saggine. noto premio Pulitzer di origine ebraiche, è doveroso descrivere il mondo dei dsa oggi.
Oggi la vita tra i banchi di scuola è molto più semplice per questi ragazzi: maestre e professoresse sono sempre all’erta alla ricerca di un allievo con disturbo dello sviluppo, una scientifica diagnosi ad opera di uno specialista certifica la neurodivergenza, un PDP redatto ad personam classifica i punti di forza e debolezze del bambnino, strumenti di compensazione e docenti ed esperti sono sua disposizione..
Siamo persino riusciti a ricostruire come leggono i dislessici, pur sempre con qualche approssimazione. Siete curiosi? Leggete qui .
Il giovane Philip Shultz, vincitore del premio Pulitzer con Failure non è stato giovane nel nostro decennio, è vissuto in un’epoca in cui la dislessia non veniva nemmeno riconosciuta e ti condannava ad essere iscritto alla “Classe dei cretini” e alle botte dei bulli.E non si tratta solo di un fenomeno degli anni Cinquanta, in certe aree del mondo i bambini e i ragazzi in difficoltà vengono confinati in classi simili a ghetti. Il risultato è che i ragazzini perdono autostima, hanno attacchi di panico quando devono leggere in pubblico e si considerano degli idioti.
Eppure, quando gli chiesero che lavoro volesse fare da grande, senza nemmeno rifletterci e senza saper padroneggiare la lingua scritta, Shultz rispose: lo scrittore.
Con la crescita la dislessia non si annulla, ma i ragazzi imparano a compensare. Shultz riesce ora a leggere, si iscrive all’università, ottiene un master, scrive poesie sbalorditive e e diventa insegnante di scrittura creativa. Homo faber fortune sue. Se puoi sognarlo puoi farlo, dice un altro detto.
Ma qual è il suo segreto? “Aveva guadagnato questo vantaggio, questo modo creativo di immaginare la strada per attraversare un bosco oscuro e ora quella era la sua fonte segreta di fiducia e ispirazione.” Noi normodotati fatichiamo a capire, forse un neuro divergente legge queste pagine sotto un’altra ottica e coglie ulteriori significati.
Un aspetto meno scontato per il gran numero di credenti cattolici in Italia è che i dislessici, faticando moltissimo ad imparare le lingue straniere, non possono leggere la Torah. Il protagonista si è così sentito escluso persino dalla sua religione, nemmeno una guida spirituale di grande valore ha potuto aiutarlo.
Per farla breve, il protagonista ha dovuto intraprendere un arduo percorso da solo e tra l’incomprensione dei suoi cari, ma il risultato è stato eccezionale, a tal punto da garantire una vita serena a suo figlio, a sua volta dislessico.