nell’oscurità del pozzo, di Flaminia P. Mancinelli, recensione di Antonella Sacco

Nelle vicende inventate dall’autrice ritroviamo molto degli avvenimenti reali di cui ci danno notizia i mezzi di informazione; del resto scrivere un giallo può essere anche un modo di raccontare la realtà e la società.
L’indagine su un omicidio vecchio di anni si intreccia con quelle su altri crimini, commessi durante un’estate torrida. La vicenda poliziesca si svolge in modo impeccabile, nel senso di realistico e credibile, con passi avanti e momenti di arresto, in un commissariato in cui le dinamiche del gruppo vengono modificate e rese più difficili dall’arrivo di un nuovo ispettore. Il commissario Giulia Magnani, insieme ai suoi collaboratori, deve trovare il bandolo della matassa nel passato, un compito decisamente difficile. Ancora più difficile è per Giulia fare chiarezza in se stessa e smettere di utilizzare il lavoro come giustificazione per rimandare decisioni che riguardano i suoi sentimenti e le sue relazioni personali.
La narrazione è in prima persona al presente, è Giulia a raccontare delle sue indagini, dei suoi incontri, dei suoi rapporti, dei suoi dubbi, della sua rabbia e dei suoi problemi; leggendo sembra davvero di essere insieme alla protagonista. Questo è dovuto anche al fatto che i personaggi, compresi quelli minori, sono approfonditi dal punto di vista psicologico, sono molto realistici, come lo è la narrazione dei fatti: tutto potrebbe essere accaduto davvero, la storia è assolutamente credibile.
Perché sottolineo questo? Perché a me piace che in un romanzo i personaggi siano coerenti e che le vicende siano possibili (ovviamente in relazione al genere del romanzo). Ciò non significa che l’autore dimostri poca fantasia, al contrario (secondo me).
Concludendo: “Nell’oscurità del pozzo” è un ottimo giallo. Anzi, un ottimo romanzo.