il ritorno della speranza, la terapia dell’anima, editoriale di Giusi Sammartino
Editoriale. Il ritorno della speranza. Una terapia dell’anima
Carissime lettrici e carissimi lettori,
forse qualcuno o qualcuna tra loro un giorno imparerà il significato di alcune delle sue parole, le userà nei suoi studi, le ripeterà, chissà, ammaliato/a delle poesie che gli/le si presenteranno alla mente e allo spirito, amandole, forse, per destino dei doveri della vita, odiandole, comunque, facendole proprie.
Forse, le adopererà in uno scritto o durante un’arringa in difesa o in accusa di chi ha commesso un reato o si dichiarerà innocente. Ci sarà chi, tra loro, si ricorderà che alcune di quelle parole sono state il “lasciapassare” verso una vita nuova, lontana da quella dei genitori e di chi era stato al mondo ancora prima, in un’altra terra, con altre abitudini, storie e Storia.
Non so, però, se tutti e tutte conosceranno Cicerone o Catullo, la storia dell’Imperatore Adriano o quella del grande Augusto (non tutti gli imperatori saranno nativi di Roma!), ma di certo questi ragazzi e ragazze (bambini e bambine) avranno a mente, o comunque, avranno a che fare con termini quali Ius soli, ius scholae, ius culturae.
Ius o Jus: «Parola latina (diritto) che si usa anche in contesti italiani; seguita da particolari determinazioni, serve a indicare speciali istituti giuridici. Al plurale, nell’esperienza giuridica postclassica, si indicavano come iura i passi delle opere dei grandi giuristi del passato, al fine di distinguerli dalle leges, che erano invece le costituzioni imperiali».
Saranno state pure le ultime Olimpiadi appena concluse a Parigi. Sarà il merito delle belle vittorie riportate da atleti/e che, singolarmente o nelle squadre, come quella favolosa di Volley, hanno raccolto l’oro, l’argento, il bronzo (e oltre) e lo hanno portato in Italia, a casa nostra e loro. A dispetto di chi vede pelle e tratti somatici non consoni, poco nostrani.
Ma è davvero una questione del genere così importante? Partendo proprio dallo sport, che un po’ ci accomuna tutti e tutte per esperienza e voglia di appartenere a una bandiera all’ombra della quale gareggiare, ci viene fretta di vincere. E deve essere venuta anche al nostro governo che, riempiendo della notizia e delle discussioni più o meno antiche i media, hanno ribadito, a ferie non ancora concluse, la volontà di rimettere mano alla legge 91 del 1992 «che indica il principio dello ius sanguinis come unico mezzo di acquisto della cittadinanza a seguito della nascita, mentre l’acquisto automatico della cittadinanza iure soli continua a rimanere limitato ai figli di ignoti, di apolidi, o ai figli che non seguono la cittadinanza dei genitori. La disciplina contenuta nel provvedimento varato dal Consiglio dei ministri del 4 agosto 2006, (non andata a buon fine n.d.r.), introduceva una nuova ipotesi di ius soli proprio con la previsione dell’acquisto della cittadinanza italiana da parte di chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui uno almeno sia residente legalmente in Italia senza interruzioni da cinque anni al momento della nascita».
Si torna a discutere di dare la cittadinanza italiana alle ragazze e ai ragazzi che sono arrivati/e qui in Italia da giovanissimi/e. A chi è nato e nata qui, gioca, parla la lingua (e il dialetto!), studia, guarda le stesse cose, frequenta gli stessi luoghi, compresa la scuola, tifa e, in questo caso soprattutto, pratica gli stessi sport dei nostri figli e figlie. Per ora qui in Italia la loro vita si regge, soprattutto, come abbiamo detto, sullo ius sanguinis, la legge del sangue che intende la nazionalità legata ai propri genitori. Secondo lo ius sanguinis è automaticamente italiano/a solo chi è apolide o nasce da uno dei due genitori nazionalità italiana o di chi non si conoscono le origini.
Secondo l’Istat (30° Rapporto annuale 2022) il totale dei ragazzi e delle ragazze (da zero a 18 anni) che hanno un background straniero ammonta a un milione e 300 mila, mentre circa un milione sono i minorenni nati in Italia da genitori stranieri, che rappresentano realmente le “seconde generazioni”.
Non riuscendo a parlare con più forza e chiarezza di ius soli, per chi è nato e nata qui in Italia, anche se da entrambi i genitori stranieri e senza cittadinanza italiana (qualora ci fosse sarebbe un altro modo per i minori per ottenere di riflesso dai genitori il passaporto nostrano), si parla con sempre più insistenza di ius Scholae, che darebbe la possibilità di automatizzare la concessione della cittadinanza quando il ragazzo/a di origine straniera abbia frequentato un ciclo scolastico di almeno cinque anni. Ma c’è chi vuole dieci anni o l’intero ciclo dell’obbligo.
«Pallottoliere alla mano, fermando sulla carta le dichiarazioni d’intento agostane — è stato commentato — i numeri per approvare lo ius scholae ci sono. È il portavoce di Europa verde Angelo Bonelli a tirare le somme sull’ipotetica maggioranza trasversale che sosterrebbe la riforma. Al di là delle dichiarazioni, oltre ai distinguo che vedono da sempre Pd e partiti di sinistra orientati per il più corposo diritto di cittadinanza che sarebbe concesso con lo ius soli, o Iv e Azione favorevoli allo ius culturae, una legge che potrebbe concedere lo status di italiani a coloro che abbiano completato il ciclo scolastico sembrerebbe addirittura a portata di mano. Persino nella Lega le sensibilità sono diverse. A fronte del netto no arrivato dalla segreteria, Luca Zaia parla dei diritti in senso lato, su cui, dice il governatore veneto, serve una no fly zone senza scontri ideologici».
Oltre lo ius sanguinis. Ius soli, scholae e culturae? Le varie opportunità, a volte con differenze minime tra loro, ce le spiega meglio l’organizzazione Save the Children che scrive un rapporto in proposito e, nello stesso, rimanda a un altro studio, condotto sempre dalla stessa onlus, sulla presenza e sull’adattamento (o disadattamento) dei ragazzi e delle ragazze di origine straniera che frequentano la scuola italiana, fin dalla più tenera età e, dunque, quelli/e a cui si rivolgerebbe la prossima legge: «sono più di 870 mila gli studenti e studentesse con cittadinanza non italiana che lo scorso anno frequentavano le nostre scuole, di cui quasi 7 su 10 nati in Italia. Bambine,
bambini e adolescenti “italiani” di fatto ma non di diritto. Da anni in Italia si attende una riforma sostanziale della legge che riconosca piena cittadinanza ai bambini e alle bambine che nascono o giungono da piccoli nel nostro Paese.
Ius soli, ius scholae, ius culturae sono tra le diverse proposte di legge presentate negli ultimi anni in Parlamento, ma il processo legislativo non ha mai portato ad una riforma. Ma che differenza c’è tra ius soli, sanguinis, scholae e culturae? Chiariamo meglio il significato dei diversi tipi di ius e come viene acquisita la cittadinanza in Italia. Il principio dello ius soli (dal latino “diritto del suolo”) prevede che la cittadinanza sia acquisita per il fatto di essere nati sul territorio dello stato. La cittadinanza, quindi, è legata al luogo di nascita. In Italia lo ius soli viene concesso solo in casi eccezionali: per i figli di genitori ignoti, per i figli di genitori apolidi (senza cittadinanza) e per i figli di genitori stranieri che, secondo le leggi dello Stato di appartenenza, non possono trasmettere loro la cittadinanza. Il principio dello ius sanguinis prevede che la cittadinanza sia acquisita per discendenza o filiazione. In Italia, si ottiene la cittadinanza tramite questo principio, regolamentato dalla Legge 91 del 1992. Una legge vecchia trent’anni. Pertanto, il figlio di genitore straniero, anche se nato in Italia, non acquisisce automaticamente la cittadinanza italiana. Lo ius scholae lega l’acquisizione della cittadinanza al compimento di un ciclo di studi. Un testo di riforma della legge sulla cittadinanza a marzo 2018, arenatasi alla Camera a giugno 2022 in seguito al cambio di Governo, prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è necessario il superamento del ciclo di studi con esito positivo. Diverso, invece, è il cd. ius culturae, che nella proposta di legge sulla cittadinanza ddl. S. 2092 approvata dalla Camera nell’ottobre del 2015, fermatasi al Senato nel 2017, prevedeva l’ottenimento della cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno di età, che avessero “frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali”, conclusi con la promozione. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è altresì necessario il superamento del ciclo di studi con esito positivo.
Diverso, invece, è il cd. ius culturae, che nella proposta di legge sulla cittadinanza ddl. S. 2092 approvata dalla Camera nell’ottobre del 2015, fermatasi al Senato nel 2017, prevedeva l’ottenimento della cittadinanza ai minori stranieri nati in Italia, o entrati entro il 12esimo anno di età, che avessero «frequentato regolarmente per almeno cinque anni uno o più cicli presso istituti scolastici del sistema nazionale, o percorsi di istruzione e formazione professionale triennali o quadriennali, conclusi con la promozione. Nel caso in cui la frequenza riguardi la scuola primaria, è altresì necessario il superamento del ciclo di studi con esito positivo». Poi il rapporto parla di ius soli condizionato «dalla residenza legale dei genitori in Italia, come già accade in molti altri Paesi europei».
Da parte nostra aggiungiamo che chi, nella politica italiana odierna, si oppone a rivedere le leggi di concessione automatica della nazionalità italiana ai ragazzi e ragazzine che sono nati/e qui o, comunque, sono qui scolarizzati e conoscono lingua e cultura, non sa che sta ostacolando successi e esperienze di vita comune di queste giovanissime persone. È per ora, infatti, difficile (o impossibile?) per loro partecipare alla vita scolastica e, in parte, civile della società italiana. E, tanto per parlare di sport e di Olimpiadi, non ci potrebbe essere la presenza alle gare importanti per chi aspira a diventare uno/a sportiva/o di alto spessore e conquistare posizioni da podio. Ci hanno pensato?
La stanno chiamando, probabilmente per il suo sorriso, la Presidente della Gioia. L’arrivo, sempre più probabile, alla Casa Bianca di Kamala Harris sarebbe un messaggio al mondo che giocherebbe su molti fronti. Non sarebbe, infatti, solo una donna, la prima, a diventare la nuova Presidente di uno dei Paesi più forti nello scacchiere politico del globo, ma la sua significherebbe (lo ha già fatto Obama) anche l’elezione di una persona non bianca e di origini “miste” che, inoltre, si è espressa in modo molto favorevole al mantenimento, miglioramento e incremento dei diritti civili in Usa, cosa che ha ovunque favorito le donne. Per questo anche qui in Italia e in Europa la candidatura dell’attuale vicepresidente è vista con simpatia. Soprattutto dalle associazioni femminili. Per esempio, sono state ben 10798 le firme raccolte, e in pochissimo tempo, da NoiReteDonna, per la campagna di appoggio Noi con Kamala Harris. Perché è una donna, perché può favorire le minoranze e la vittoria dei diritti civili. Noi tutte ci associamo a ciò che l’atro giorno alla convention democratica ha detto al pubblico l’avvocata, oltre che ex first lady, Michelle Obama, parlando di “ritorno della speranza”! Ce ne appropriamo anche per le nostre vite.
Oggi, in uno scorcio d’estate, che però ancora non si decide completamente ad affievolirsi definitivamente, trovo una notizia di cronaca nelle pagine della cultura. Una notizia letteraria. La cultura non annoia ed è per tutte le stagioni.
I libri ne sono strumenti e ci fanno sognare. Ci insegnano cose del passato per guardare il futuro. Ci fanno guardare dentro di noi e ci…guariscono.
La notizia arriva da Firenze, non a caso. Parte da questa città e il verbo, vedrete, non è usato a caso. Cominciamo, come per ogni “viaggio” che si rispetti, dall’inizio. Da qualche anno esiste (esattamente dal 2018) , nella periferia sud della città, una farmacia particolare le cui “medicine” da acquistare sono di carta e raccontano storie. I libri nella Piccola Farmacia letteraria sono proprio come un farmaco. Ci sono libri per curare ogni malattia dell’anima, ognuno con un suo bugiardino, proprio come i farmaci: «Qui, i libri non sono solo libri, ma autentiche terapie per l’anima, catalogati in base alle emozioni, agli atteggiamenti e agli stati d’animo che esplorano». Così racconta Elena Molini, di nascita spezzina, ma trapiantata a Firenze che ha ideato con la sorella psicologa e un’altra collega, psicologa anche lei, questo gioiello. L’idea “madre” era venuta a Molini quando, lavorando in una libreria, ha osservato che i e le clienti chiedevano consigli d’acquisto secondo le emozioni. «Ogni volume della farmacia letteraria è accompagnato da un
bugiardino che, come per un farmaco, fornisce indicazioni terapeutiche, posologia ed effetti collaterali. In questa particolare libreria si trovano scaffali dedicati all’Ansia, accanto all’Amore, all’Autostima, al Cambiamento, alla Felicità e così via. All’ingresso, così come sul sito web della libreria, è possibile effettuare test per scoprire il libro ideale per curare la nostra anima nella fase di vita che stiamo attraversando. Perché sì, un libro può essere una vera cura per l’anima». Da qui la notizia. Elena Molina, ideatrice e creatrice della Piccola farmacia letteraria questa estate le “ferie” se le è progettate viaggiando su un suo camioncino che ha anche affettuosamente un nome: Camillo. Chiaramente è un furgoncino letterario carico di libri “curativi”. «Ho voluto dare un messaggio positivo, di speranza — ha detto Elena Molina in un’intervista —. Ho scelto quest’anno di partire con il mio vecchio furgoncino Camillo e girare il lungo e in largo l’Italia per renderlo un Pronto soccorso letterario. Quest’estate la dedicherò a questo, a portare libri nei piccoli paesi, dove le librerie fanno fatica a nascere e a crescere… da agosto saremo in Versilia e in Lunigiana per due mesi farò base a Ca’ Lunae a Castelnuovo Magra, dove aprirò la Piccola farmacia letteraria di campagna immersa nel verde per proseguire poi sul lago di Iseo, a Bologna, Milano, Verona e Aosta…Verranno con me anche le psicologhe della libreria (Ester, la sorella e Deborah Sergiampietri n.d.r.) per curare le persone con i libri».
Cercando notizie riguardanti queste librerie particolari ne ho incontrate altre belle, interessanti, da visitare, per una vacanza (c’è ancora tempo in questa Italia del sole) culturale e diversa. Come andare a Venezia e non visitare e comprare un libro alla Libreria dell’acqua alta con la sua gondola piena di libri e tanti messi ad asciugare in una stanza proprio perché hanno ricevuto gli effetti, tutti veneziani, del mare che si è alzato? E che dire di un’altra collocata su tre piani e gestita da tre sorelle in un palazzo meraviglioso del XVIII secolo (Palazzo Roberti), a Bassano del Grappa, con i libri posizionati in scaffali in legno, soffitti alti, affreschi meravigliosi, pavimenti in marmo e oggetti di antiquariato? A Napoli c’è la Libreria antica e moderna Fiorentino nella centralissima via Toledo che ha avuto tra i suoi clienti il filosofo Benedetto Croce. Poi c’è Giufà a Roma, libreria e bar allo stesso tempo dove si può ascoltare anche del buonissimo jazz. A Milano si va da La libreria del mondo offeso, modernissima (la più antica è Bocca, nella Galleria Vittorio Emanuele II), o la Liberrima del centro di Lecce, che ha al suo interno, in un palazzo sontuoso, un bar, un’enoteca e un ristorante. Tornando a nord, a Torino c’è l’affascinante Luxemburg, a piazza Carigliano ,selezionata tra le più belle del mondo, con il suo respiro internazionale e i suoi clienti illustri, personaggi del calibro di Giovanni Agnelli, Primo Levi, Philip Roth, Amos Oz, Allen Ginsberg e Jorge Amado. Certamente da non dimenticare Sopra la penna, creata a Lucignana, un paesino di 180 abitanti, sulle montagne sopra Lucca, fatta nascere e voluta fortemente dalla scrittrice e poeta Alba Donati che lì è nata e lì è ritornata dopo una vita a Firenze. Davvero un miracolo di ostinazione e perseveranza (lo chalet che l’accoglie ha avuto anche un incendio che l’aveva distrutta). Tutto è ritornato più bello e interessante di prima e ormai Sopra la penna la conoscono anche oltre i confini italiani! Tante ne ho lasciate fuori (Tuttestorie a Cagliari, Bookabar ancora a Roma, Colapesce a Messina, Libreria all’Arco a Reggio Emilia e altre). Gioia della cultura.
In questa “ubriacatura” di carta è carinissima, e ci sta davvero bene, una notizia che riguarda un cosiddetto, e d’estate non raro, “topo” di appartamento che entrato, chiaramente per rubare, in una casa viene attratto da un libro sul comodino della camera da letto: si mette a leggere sdraiato e affascinato e non si accorge che uno dei proprietari è ritornato e ha chiamato la polizia che lo arresta. Giuro glielo avrei perdonato!
Sarà breve, ma non meno consolante, la poesia che leggiamo insieme. Il poeta ci ha fatto compagnia altre volte, Hermann Hesse. Nella sua ricerca della felicità e della pace. Cos’è la Felicità? Lo ha spiegato in maniera illuminante Hesse, lo scrittore tedesco premio Nobel per la Letteratura nel 1946. Una poesia breve dal profondo significato simbolico intitolata Felicità Felicità
Fin quando dai la caccia alla felicità,
non sei maturo per essere felice,
anche se quello che più ami è già tuo.
Fin quando ti lamenti del perduto
ed hai solo mete e nessuna quiete,
non conosci ancora cos’è pace.
Solo quando rinunci ad ogni desiderio
e non conosci né meta né brama
e non chiami per nome la felicità,
Allora le onde dell’accadere non ti raggiungono più
e il tuo cuore e la tua anima hanno pace.
Hermann Hesse
Ma vorrei anche aggiungere:
Fermare la diffusione
Del sapere è uno
Strumento di controllo
Per il potere perché
conoscere è saper
leggere, interpretare
verificare di persona
e non fidarsi di
quello che ti dicono.
La conoscenza ti fa
Dubitare. Soprattutto
Del potere
Di ogni potere
Dario Fo (premio Nobel per la Letteratura 1997)