quel che affidiamo al vento, di Laura Imai Messina, recensione di Paola Naldi

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Mia sorella mi ha consigliato questo libro molto particolare e affascinante, per me piacevole scoperta.

La storia prende spunto da una realtà veramente esistente in Giappone: in un parco, immerso nel rigoglioso giardino di Bell Gardia, località indicata in modo ovviamente generico, c’è una cabina telefonica, con un telefono senza alcun collegamento. Chi ha perso qualcuno o sente la mancanza di una persona lontana può recarsi in questa cabina e dire tutto quello che vorrebbe l’altro sentisse. Le parole volano nel vento, ma la sensazione è quella di poter liberare il cuore dal peso della perdita. Custodi della cabina e del giardino sono persone accoglienti e amorevoli.

Yui ha trent’anni, lavora per una radio e ha perso la figlia e la madre durante lo tsumani che ha sconvolto il paese in cui abitava nel marzo del 2011. Niente sembra più avere senso per lei, ma un giorno viene a conoscenza dello strano telefono.

Altro protagonista del romanzo è Takeshi, un medico che vive a Tokyo, rimasto con una bimba di quattro anni, che non parla più da quando ha perso la madre.

L’immane tragedia dello tsumani riemerge attraverso alcuni flasback con tutta la sua carica drammatica. Sono molte le persone che cercano conforto in questo telefono e ognuno ha un proprio pesante carico di dolore.

Yui e Takeshi iniziano a frequentare regolarmente questo posto. Nasce un’amicizia fatta di attenzioni reciproche e tra Yui e la figlia di Takeshi si crea un rapporto affettivo, per cui la piccola riprende a parlare e a godere degli aspetti piacevoli della sua età.

Yui non riesce a parlare in questo telefono, ma recarsi in quel luogo le dà tranquillità.

Quando un uragano minaccia il giardino, Yui corre per salvare la cabina, a costo della propria vita.

Dopo molte resistenze, cede all’amore per Takeshi e la vita riprende il suo ritmo regolare…

“Yui comprese che l’infelicità aveva sopra le ditate della gioia. Che dentro di noi teniamo premute le impronte delle persone che ci hanno insegnato ad amare, a essere ugualmente felici e infelici. Quelle pochissime persone che ci spiegano come distinguere i sentimenti, e come individuare le zone ibride che ci fanno anche soffrire, ma che ci rendono diversi. Speciali e diversi.”

I capitoli sono intervallati da momenti di “pausa”, in cui si riprendono alcuni aspetti presenti nel capitolo stesso, chiarendo questi elementi.

Il libro tratta in modo delicato il tema del lutto, del dolore, della perdita. Nella parte finale è racchiuso in poche pagine il tormento, il senso di colpa per una possibile nuova serenità.

Con semplicità di stile e capacità introspettiva, vengono presentati sia l’intensità del dolore, che le ansie, la paura di dimenticare, di tradire il passato, la difficoltà ad assumere un nuovo ruolo…

Il tema è profondo, dalle molte sfaccettature e la scrittrice riesce nel difficile compito di affrontarlo in modo lieve e intenso nello stesso tempo.

Laura Imai Messina é nata a Roma e si é laureata in Lettere all’Università la Sapienza. Si é trasferita a Tokyo a 23 anni per perfezionare la lingua e da allora  abita stabilmente in Giappone. Ha ottenuto un master biennale in Culture Comparate presso l’International Christian University con una tesi sulla scrittrice giapponese Ogawa Yōko e ha conseguito presso la Tokyo University of Foreign Studies un PhD con una tesi comparativa sul tema della materialità nella letteratura giapponese ed europea. Attualmente é docente a contratto di lingua italiana in alcune delle più prestigiose università della capitale. Nel marzo 2011 ha fondato il blog “Giappone Mon Amour” e la relativa pagina facebook, divenuti, nel tempo, punto di riferimento per gli appassionati del Sol Levante e finestra sulla vita quotidiana nella metropoli giapponese. Vive tra Kamakura e Tokyo insieme a suo marito Ryōsuke, ai figli Sōsuke ed Emilio.