Amy Beach, prima compositrice americana di musica classica, di Viola D’Anselmo

Una delle più importanti compositrici e pianiste statunitensi è stata Amy Marcy Cheney Beach, nata il 5 settembre 1867 a Henniker, nel New Hampshire, da Charles Abbott Cheney e Clara Imogene Marcy Cheney. È stata la prima donna americana a essersi cimentata nella produzione di musica colta, componendo innumerevoli poemi sinfonici, e a riscuotere un grandissimo successo, pur non avendo studiato in Europa.
Fin da piccola è sempre stata molto legata alla musica, grazie al modello rappresentato dalla madre, un’eccellente pianista e cantante. La stessa Amy venne definita una bambina prodigio: alla tenera età di un anno era già capace di cantare ben quaranta canzoni, a due anni era in grado di improvvisare, usando il contrappunto, qualunque melodia sua madre cantasse e a tre anni sapeva leggere da autodidatta. A quattro anni, mentre passava le vacanze estive alla fattoria del nonno, compose tre valzer per pianoforte a mente, dai titoli Snowflake Waltz, Marlborough Waltz e Mama’s Waltz, che poi suonò alla famiglia una volta tornata a casa. Era perfettamente in grado di riprodurre musica a orecchio, possedendo quello che si definisce “un orecchio assoluto”. I genitori cercarono di tenere il passo con i suoi interessi, fissando però dei paletti per non compromettere la loro autorità agli occhi della figlia. Ma, quando non si soddisfacevano i suoi desideri e standard, la bambina si arrabbiava dando in escandescenze.
Da piccola associava i colori alla musica in tonalità diverse e chiedeva a sua madre di suonare la canzone in un colore. I colori suggerivano l’umore e in seguito la aiutarono a esporre meglio il suo stile compositivo. Finalmente, all’età di sei anni, Amy iniziò con la madre le lezioni di pianoforte, esibendosi in recital pubblici di opere di Beethoven, Chopin e di suoi brani personali. Dopo che uno di questi spettacoli venne recensito dalla rivista d’arte The Folio, Amy venne contattata da diversi agenti, che le proposero un tour di concerti. Ma i genitori, vista la sua giovanissima età, rifiutarono le offerte.
Benché fosse stato suggerito loro di mandare la figlia a studiare in un conservatorio europeo, dopo essersi trasferiti a Chelsea, un sobborgo di Boston (diventata la capitale musicale degli Stati Uniti dopo la guerra civile), optarono per una formazione locale, assumendo insegnanti di pianoforte di grande fama.
Nel frattempo, arrivata ai 14 anni, Amy iniziò a prendere anche lezioni di armonia e contrappunto. Ma questa fu l’unica istruzione formale come compositrice che ricevette. Dato che le venne rifiutato l’insegnamento di composizione in quanto donna, il resto degli studi proseguì da autodidatta: la giovane, infatti, raccoglieva tutti i libri che poteva trovare sull’argomento, persino in francese, per poterli studiare. Analizzava i capolavori del passato arrivando a riscriverne le parti a memoria, deducendo da sola regole e procedimenti.
Beach fece il suo debutto ufficiale in concerto nel 1883 a sedici anni alla Boston’s Music Hall in un Promenade Concert (concerto in cui parte della sala è destinata al pubblico in piedi), dove suonò Chopin e fu addirittura solista al pianoforte con il Concerto n. 3 in sol minore di Moscheles. Grazie all’esibizione conquistò il pubblico riscuotendo un enorme successo, come mai si era visto prima di allora al concerto di una debuttante.
Nei due anni successivi suonò alla Chickering Hall e si esibì nella performance finale della stagione 1884-85 della Boston Symphony. Nel 1885 l’editore di musica di Boston Arthur P. Schmidt, un sostenitore delle donne compositrici, iniziò a far emergere i lavori di Amy Beach.
Lo stesso anno, la giovane sposò il dottor Henry Harris Aubrey Beach (le cui iniziali H.H.A. Beach diedero il nome a molte composizioni dell’artista), un chirurgo di Boston e docente di Harvard, che aveva ben 25 anni più di lei. A seguito del matrimonio, accettò di ricoprire il ruolo di mecenate per le arti e matrona della società. Il marito la convinse a non insegnare mai pianoforte e, inoltre, a limitare le sue esibizioni pubbliche a due all’anno, per scopo benefico o per presentare i suoi nuovi lavori, e dedicare il suo tempo esclusivamente alla composizione di opere. E dovette continuare gli studi da autodidatta, perché il dottor Beach disapprovava che sua moglie studiasse con un insegnante. Purtroppo, restrizioni come queste erano tipiche per le donne della classe media e alta dell’epoca.
Di spirito profondamente romantico, il suo stile compositivo era ricco di creatività melodica e inattese sovrapposizioni ritmiche, al punto da richiamare talvolta le sonorità di Brahms e Rachmaninoff, ma anche armonie esotiche e tonalità che corrispondevano, nella sua poetica, a dei colori precisi (il Mi era il giallo, il Sol il rosso).
Nel 1892 arrivò per l’artista un grandissimo successo quando la Handel e Haydn Society Orchestra, che non aveva mai suonato un pezzo composto da una donna, eseguì la sua Messa in Mi bemolle maggiore (Mass in E-flat major), che Beach aveva iniziato a comporre all’età di 19 anni, con parti per solisti, coro, orchestra e organo. I critici musicali dei giornali accolsero con entusiasmo la creazione, eleggendola una delle compositrici più importanti d’America e paragonando la sua Messa a quelle di Cherubini e Bach.
Fu proprio lei, alla Boston Symphony Orchestra nel 1896, a diventare la prima donna americana a comporre e pubblicare una sinfonia, la Gaelic Symphony, basata su melodie irlandesi. Riscosse, anche stavolta, un eccezionale successo, tanto che il compositore George Whitefield Chadwick le scrisse una lettera in cui le diceva di essere profondamente orgoglioso di lei e che, volente o nolente, lei avrebbe fatto parte del suo gruppo di compositori di straordinario talento, conosciuti come Second New England School. Con l’aggiunta di Amy Beach, la più giovane partecipante, vennero a essere noti come i Boston Six, un gruppo di compositori — e compositrici — con l’obiettivo di apportare uno stile prettamente americano alle proprie opere.
Nel 1900d Amy debuttò alla Boston Symphony con il suo Concerto per pianoforte come compositrice e solista. Si crede che il pezzo suggerisca le lotte di Beach, prima con la madre e poi con il marito, per il costante controllo della sua vita musicale.
Nel giugno 1910 il marito morì e sette mesi dopo se ne andò anche la madre. Beach decise quindi di trasferirsi per un po’ in Europa, per cercare di riprendersi dai lutti e riaffermarsi come pianista. Il primo anno nel Vecchio Continente fu di totale riposo e recupero, ma nel 1912 ricominciò finalmente a dare concerti, debuttando a Dresda. La sua carriera ebbe così un “secondo atto” e un rilancio della performance professionale. Tenne vari concerti in Germania, dove poche furono le voci critiche e tante le lodi che riconobbero il suo genio. Venne infatti definita la prima americana capace di comporre musica con l’eccellenza della qualità europea.
Gli anni europei e quelli del successivo ritorno negli Usa costituirono il terreno per la libera sperimentazione di alcune tecniche post-tonali. Quattro anni dopo la partenza, nel 1914 Beach tornò in America. Nell’anno successivo fu spesso onorata con concerti della sua musica e ricevimenti. A parte i tour a cui partecipava, trascorse gran parte del tempo a New York; intanto componeva e incontrava altre compositrici e musiciste come lei.
Usò il suo status di miglior compositrice americana per aiutare giovani musicisti e musiciste a raggiungere il successo, ricoprendo il ruolo di mentore e incoraggiandoli a perfezionare il loro mestiere attraverso il duro lavoro. E tra il 1904 e il 1943 pubblicò numerosissimi articoli incentrati sulla programmazione, preparazione e studio di tecniche per pianisti e pianiste, riportando la sua esperienza e routine personale. Continuò a difendere e diffondere l’educazione musicale, creando in primis il Beach Club, con lo scopo di insegnare le basi della musica ai bambini e alle bambine; ma anche lavorando come leader di alcune organizzazioni focalizzate sull’educazione delle donne, come ad esempio la Society of American Women Composers. Per la sua passione e attività, l’Università del New Hampshire le assegnò un master honoris causa nel 1928.
Tra il 1928 e il 1929 trascorse il suo tempo a Roma, dove si recava a concerti di musica classica ogni giorno. Organizzò anche lei un concerto in cui raccolse una grande somma di denaro per l’American Hospital della città. A partire dal 1940 si trovò costretta a ritirarsi dalle scene e dal lavoro a causa di una malattia cardiaca, che la portò alla morte a New York il 27 dicembre 1944.
Durante la sua vita la compositrice scrisse oltre trecento opere, dilettandosi in ogni genere, ma la sua passione sicuramente risiedeva nelle canzoni d’arte e nella musica vocale da camera. Come pianista, suonò sia opere originali che di altri autori e autrici.
Ha studiato il canto degli uccelli, i suoni della natura ed è stata influenzata da temi popolari come quelli irlandesi, scozzesi, eschimesi e dei nativi americani. I suoi lavori dimostrano la capacità di creare un collegamento diretto tra musica e testo. Va detto però che, nonostante la fama e i riconoscimenti ricevuti durante tutta la vita, Beach è stata in gran parte trascurata dopo la morte. Solo negli ultimi decenni gli sforzi per ravvivare l’interesse per le opere dell’artista hanno avuto effetto. Oggi è inserita, come unico nome femminile, tra gli ottantasei compositori eccellenti di ogni epoca e nazionalità, su una stele in granito, presso la Hatch Memorial Shell a Boston