Se l’uomo è inutile, di Sergio Martini, edizioni Clandestine 2024, recensione di Daniela Domenici

Ho avuto il piacere di leggere questo romanzo di Sergio Martini, già autore di una raccolta di racconti e di tre volumi di economia finanziaria che è la tematica principe della sua vita lavorativa in quanto è stato un consulente finanziario e un ex bancario, come leggo nella sua biografia.
Anche questo suo romanzo che ha scelto di focalizzare sul racconto del mese più doloroso della vita di Piero, un ex dirigente che ha perduto il lavoro e la dignità per i motivi che scoprirete leggendo e che prova a ricostruire la sua vita in un’altra città, a Torino è intriso di concetti e terminologie attinenti al mondo finanziario. Il protagonista prova a fare un continuo mea culpa, a elencare gli errori che ha fatto per espiarli e non ripeterli e per trovare, finalmente, un po’ di pace interiore oltre che un nuovo lavoro.
In questo suo cammino di rinascita Piero incontra alcune persone che lo aiuteranno, ognuno/a in modo diverso, a crescere: il senzatetto Nuccio, l’anziano operaio Beppe e Giuliana, una donna che ha subito la protervia degli uomini padroni. Alla fine di questo percorso Piero si sentirà finalmente pronto per rientrare nel mondo del lavoro, libero dalla smania del successo personale, e per iniziare un rapporto alla pari con l’altra metà del cielo, dopo le due storie che ha vissuto e che hanno lasciato un segno profondo e importante.
Una piccola nota stilistica, da recensora ed editor quale sono da anni, a Martini: colpisce il profluvio di aggettivi usati, alcuni anche desueti. Se l’autore mi permette direi che il suo è uno stile alquanto ampolloso, esageratamente ricco, altisonante che forse rispecchia anche il suo interloquire de visu: accerterò.