tanti auguri a noi, siamo a 300! editoriale di Giusi Sammartino
Carissime lettrici e carissimi lettori,
è stata una donna. Una giudice del Delaware, lo Stato più piccolo degli Usa, famoso “per non essere famoso”, ma capace di produrre benessere economico. Una giudice ha decretato, confermando una sentenza precedente, che cinquantasei miliardi di dollari sono «una cifra eccessiva e ingiusta» da assegnare a una persona. Fosse pure il Ceo, l’amministratore delegato della Tesla, fosse pure l’uomo più ricco del mondo, diventato ancora più forte e più ricco dopo aver sostenuto quello che poi è stato il vincitore delle ultime elezioni statunitensi. Donald Trump ha vinto e, per compensare il suo “fiancheggiatore” Elon Musk, il Ceo della Tesla appunto, lo ha ringraziato (ma è cosa solita che accada nella corsa alla Casa Bianca) accogliendolo nello staff del suo futuro governo.
Un uomo, una persona non può valere tanto, neppure se lo vogliono i suoi azionisti. Così ha decretato, senza indugio, la giudice Kathaleen McCormick, 45 anni, laurea ad Harvard, considerata una delle più preparate in diritto societario. McCormick ha un passato che qualche ministro italiano direbbe da “toga rossa”. Nella sua storia recente, a gennaio — come ricorda un quotidiano —, era intervenuta in un caso portato in tribunale da un gruppo di azionisti Tesla, secondo i quali il “tavolo” della compagnia di veicoli elettrici era troppo pesantemente influenzato da Musk, quando aveva adottato il pacchetto bonus nel 2018. McCormick aveva definito “ingiusto” il super bonus e «frutto di un procedimento viziato». Musk si era autoproposto il “super premio” e gli azionisti, bisogna dirlo, impauriti che la Tesla precipitasse, l’hanno votato in massa e lo hanno fatto diventare il dirigente più premiato e pagato del pianeta. «La storia ha preso un’altra svolta inattesa — scrive ancora il quotidiano parlando della seconda sentenza riguardante il “premio” per Musk —. La giudice della Court of Chancery, una corte di equità che si occupa di diritto societario e rinomata negli Stati Uniti per la sua competenza, ha deciso di confermare la prima sentenza, ritenendo il pacchetto eccessivo e ingiusto per gli azionisti».
Musk dal canto suo non l’ha presa bene, tutt’altro: «Sono gli azionisti a decidere, non i giudici. Promette su X, insieme ai suoi fans, di andare in appello e i commenti, si può immaginarlo (con dieci milioni di utenti) sono drastici: «I giudici prevenuti — ha scritto uno — sono la piaga della società. Siete al servizio della legge, non degli uomini». E i commenti verso la giudice del Delaware vanno da “usurpatrice” a “corrotta” a “criminale”. Una crociata contro la magistratura che il Ceo di Tesla voleva esportare da noi in Italia, ma qui ha trovato il presidente Sergio Mattarella che ha difeso, come in altri casi, l’indipendenza dell’Italia a giudicare i suoi affari interni. «Tesla ha chiuso a Wall Street a 357 dollari ad azione — chiarisce l’articolo —, ma perdendo l’1,2 per cento nel dopo mercato. Musk non è andato sul lastrico: resta l’uomo più ricco del mondo, secondo la classifica stilata in tempo reale da Forbes. In più con la vittoria di Donald Trump il titolo della compagnia è cresciuto, e lo stesso ha fatto il patrimonio dell’imprenditore sudafricano, arrivato a 336,8 miliardi di dollari. Con quei 56 previsti dal super pacchetto, Musk si sarebbe avvicinato alla soglia record di 400».
Dalle parti nostre o più vicine c’è, attualissimo, l’affaire Tavares, l’ex amministratore delegato di Stellantis, per cui si vocifera (sono solo chiacchiere?!) una buona uscita stratosferica di 100 milioni di euro (si azzarda persino 300 milioni!). «Carlos Tavares — è scritto — ha guadagnato 36,5 milioni, ben 518 volte la media dei dipendenti. Lo scorso anno Tavares è stato il più ricco manager dell’auto al mondo: nel 2023 ha ricevuto un compenso totale di 36,5 milioni di euro (lordi e non tutti in liquidità), il 55 per cento in più rispetto al 2022, quando era stato superato da Mary Barra della General Motors. E se da una parte sono aumentati i dividendi distribuiti agli azionisti — da 4,2 a 4,7 miliardi di euro, su un totale di 23 miliardi in quattro anni – dall’altra sono scese le somme pagate ai dipendenti per incentivi e premi: 1,86 miliardi nel 2023 contro i 2,05 dell’anno precedente….Se nel 2022 Tavares aveva guadagnato in un giorno quello che un dipendente medio di Stellantis guadagna in un intero anno, nel 2023 al manager portoghese è bastata mezza giornata, perché ha guadagnato ben 518 volte la media dei dipendenti».
Ma non è l’unico caso della serie di dirigenti (anche donne) strapagati. Jack Weich della General Electric se ne andò con una liquidazione di oltre 400 milioni di dollari, mentre Lee Raymond (Exxon Mobil) lasciò l’azienda con un assegno di 321milioni. James Kilt, della Gillette, nel 1901, quando King C. Gillette inventò il primo rasoio di sicurezza, negoziò la vendita della compagnia a una concorrente (la Procter&Gamble). Salutò l’azienda con in tasca 165 milioni di dollari! Marissa Mayer, una donna, era al vertice di Yahoo e si vantava di lavorare 120 ore a settimana. Ma fallì i suoi obiettivi prendendosi lo stesso una lauta mancia di uscita di 23 milioni di dollari.
Nulla di diverso in casa nostra. Rinomata la fuoriuscita di Cesare Romiti, a lungo a capo della Fiat. Dopo ventiquattro anni di lavoro il manager incassò 105 miliardi di lire (era il 1998 e ancora non c’era l’euro). A questi, probabilmente, se ne aggiunsero altri 90 per evitare la concorrenza. «Così si stabilì con Gianni Agnelli» fu il suo commento di qualche tempo dopo. E per parlare di stipendi l’ultimo che Sergio Marchionne ha ricevuto dall’ex Fca, nel 2017, è stato di 9,7 milioni di euro: 437 volte quello di un metalmeccanico! Si è parlato di “scollamento” del mercato dalla realtà. Ma mi sembra qui più giusto ritornare alla decisione della giudice del Delaware e dichiarare tutto ciò «eccessivo e ingiusto».
«C’era una volta il “capitalismo buono» — scrive Salvatore Bragantini sul quotidiano Domani — quello dell’impresa come «bene sociale» di cui parlava Adriano Olivetti. E quello in cui, sempre a detta dell’imprenditore piemontese simbolo di successo di un’industria italiana che fu, «nessun dirigente, neanche il più alto in grado, dovrebbe guadagnare più di dieci volte l’ammontare del salario più basso».
Era un’altra epoca — continua l’articolista —. Sono lontani i tempi in cui l’amministratore delegato della Fiat Vittorio Valletta, negli anni del boom economico italiano, guadagnava 12 volte il salario di un operaio. Eravamo nel ventennio dopo la seconda guerra mondiale. Ora il Ceo più pagato al mondo, Elon Musk, incassa 56 miliardi di dollari (anche se il 3 dicembre un tribunale del Delaware lo ha bloccato perché «eccessivo e ingiusto»). E in Italia un top manager guadagna anche fino a 649 volte in più di un operaio”. (Domani)
Passiamo a altri dati ancora. Sempre lo stesso quotidiano, in un’ulteriore puntata della ricerca sugli stipendi stratosferici dei e delle top managers scrive: «Secondo la 27esima edizione dello Spencer & Stuart Board Index, nel 2021 l’80 per cento degli amministratori delegati delle società quotate sul Ftse Mib ha percepito uno stipendio superiore al milione di euro. In particolare, il 16 per cento ha ricevuto un compenso superiore ai cinque milioni di euro. Il più pagato è stato il numero uno di Stellantis, Carlos Tavares, che ha intascato 19 milioni (e oggi sembra venga così egregiamente premiato, dopo quello che è accaduto a causa del suo operato per cui tanti e tante dipendenti hanno paura del licenziamento ndr). Una cifra che ha generato non poche polemiche a livello internazionale, soprattutto per il delicato momento che l’industria dell’auto stava vivendo. Come esempio di bonus pagati ai vertici di aziende in stato fallimentare ricordiamo quelli dei nove capi azienda che si sono alternati alla guida di Alitalia dal 2007 al 2023». Per quanto riguarda la storia italiana gli amministratori delegati nostrani già nel 1980 erano pagati ben 45 volte in più rispetti ai loro dipendenti. Lo stipendio dei primi 10 top manager nostrani era di 6,41 milioni di euro (rapportati alla valuta di oggi). Vale a dire 416 volte in più di un salario medio annuo di un operaio. Nel 2020, secondo una ricerca del Corriere della Sera, è stato di 9,56 milioni, cioè il salario di base moltiplicato per 649 volte!
Sì, appaiono lontanissimi i tempi di Adriano Olivetti! Quell’Adriano Olivetti (1901-1960) al quale il grande sociologo del lavoro Domenico De Masi, che lo aveva conosciuto da ragazzetto per un dottorato presso la fabbrica di Pozzuoli e che poi diventerà un suo grandissimo amico, dedicherà un appassionato intervento durante un convegno a Napoli (8 settembre 2016: Un futuro mai visto – Adriano Olivetti un’altra impresa). Il sociologo spiega chi era il grande industriale piemontese: un sociologo del lavoro, un uomo fortemente impegnato politicamente (salvò tante persone portandole in Svizzera dentro il bagagliaio della sua macchina), un grande imprenditore (alla sua morte l’aumento delle vendite era del 47% per l’Europa e del 42% per l’America), un immenso editore (le Edizioni di Comunità e la rivista a cui era legata la casa editrice), un urbanista (fondatore dell’istituto nazionale di urbanistica ma, secondo De Masi anche vero creatore in Italia dell’Urbanistica, con Matera e Ivrea). Fu anche grande scrittore (una quarantina di libri che, per la forza delle idee che esprimono, De Masi paragona al Levi del Cristo si è fermato ad Eboli), un esteta e un mecenate (il sociologo nomina la bellezza della Valentine e della Lettera 44, oltre alla «sublime bellezza dello stabilimento di Pozzuoli»). Di lui scrive ancora Domenico De Masi: «Per Adriano Olivetti non poteva esserci l’impresa se non come triade: l’impresa, gli intellettuali, la comunità. Tre aspetti che non potevano essere assolutamente disgiunti. Allora se c’è qualcosa che si può sovrapporre è sicuramente il Sud». Ecco chi era Adriano Olivetti. Una favola bella ed onesta come è stata quella pensata e messa in atto per tutta la vita dall’industriale di Ivrea.
Un quartetto di un uomo e tre donne ci offrono con i loro versi la nostra consolazione. Wiliam Blake, le sempre amate Alda Merini e Emily Dickinson, insieme a Dorothy Parker (il suo cognome era Rothschild, un cognome imbarazzante che non aveva nulla a che fare con quello della famosa famiglia di banchieri ma la metteva in imbarazzo per evidenziare la sua origine ebraica non benvista nell’America).
Eternità
Vedere un Mondo in un granello di sabbia,
e un Cielo in un fiore selvatico,
tenere l’Infinito nel cavo della mano
e l’Eternità in un’ora.
(William Blake)
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Bevvi un sorso di vita
Presi un sorso di vita –
Vi dirò quanto l’ho pagato –
Esattamente un’esistenza –
Il prezzo di mercato, dicevano.
Mi pesarono, granello per granello –
Bilanciarono fibra con fibra,
Poi mi porsero il valore del mio essere –
Un singolo grammo di cielo!
(Emily Dickinson, Poesia 1725)
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Non ho bisogno di denaro
Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all’ orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
(Alda Merini, Terra d’amore, 2003)
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Resumé
I rasoi fanno male,
i fiumi sono freddi,
l’acido lascia tracce,
i farmaci danno i crampi,
le pistole sono illegali,
i cappi cedono,
il gas è nauseabondo.
Tanto vale vivere….
(Dorothy Parker, Tanto vale vivere)
Buona lettura a tutti e tutte.