considero valore, editoriale di Giusi Sammartino
Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Sono di piccola statura e di pelle scura, non amano l’acqua e molti di loro puzzano perché indossano gli stessi abiti per settimane. Costruiscono baracche in periferia e vivono ammassati gli uni sugli altri. Si presentano in genere in due e poco dopo diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, eccetto quando chiedono l’elemosina con toni lamentosi. Le nostre donne li evitano perché si è diffusa la voce di ripetuti stupri. I politici hanno aperto troppo presto gli ingressi alle frontiere. Questi italiani stanno facendo degli Stati Uniti una discarica per cittadini indesiderabili». A parlare è l’avvocato di Agnese, la sorella della piccola, e peraltro bravissima attrice, protagonista del film di Gabriele Salvatores, Napoli-New York. Il documento citato nel film è reale e risale al 1920. È il resoconto — come ha detto lo stesso regista durante un’intervista — di una speciale commissione di studi sugli italiani che ci fu a New York negli anni ’20 del secolo scorso.
Il fulcro di tutto ciò è, dunque, l’immigrazione/emigrazione. Che siano italiani e italiane ad andare in altre terre, almeno da due secoli, spesso per ragioni economiche (ma cosa non è economico, tolto il turismo?), o siano i popoli del mondo a tentare l’approdo sulle nostre coste o attraversare le nostre frontiere, il punto fondamentale è che chi vuole passare in altre terre e tentare nuove fortune per una vita migliore, trova leggi, esigenze, ostilità, più o meno vere, più o meno giustificate e giustificabili.
È un problema migratorio il caso che sta fortemente occupando la cronaca di questi giorni per il coinvolgimento di due ministri (Interni e Guardasigilli) e in prima persona il/la Premier che ha permesso il rilascio del comandante libico Osama Njeem Almasri. Un rimpatrio, eseguito con tanto di aereo di Stato, apparso un po’ come una liberazione di un responsabile delle torture, delle sopraffazioni e violenze estreme, compresi gli stupri per cui per Almasri è stato richiesto il giudizio ed emesso un mandato di cattura da parte della Corte Penale Internazionale dell’Aja che, non dimentichiamolo, è stata istituita da un Accordo firmato anche da noi (a Roma).
Dunque, ci chiediamo, da quel di Cutro se si doveva, ora, agire altrimenti. La voce forte della Presidente del Consiglio, proprio ai tempi dei tragici fatti di Cutro, dovrebbe ripetersi. Quella di avere, giustamente, l’intenzione inderogabile e precisa di perseguire e arrestare i trafficanti di esseri umani, andandoli a cercare — come aveva detto — «per tutto il globo terraqueo» per colpirli e punirli dall’aver provocato le innumerevoli morti che accadono nel mare nostrum. Poteva essere questa una prima grande buona occasione? Allora l’abbiamo volutamente mancata!
L’altro problema è sempre migratorio. Riguarda il corridoio (direi molto trafficato tra andate e ritorni) fra Italia e Albania e viceversa. Una strada percorsa da un numero (non certo alto riguardo ai progetti iniziali) di migranti, sempre tutti uomini, sani, e sistematicamente tutti ritornati in Italia. Tutto questo nonostante la voce “alta” della Premier che ha scandito, sillabandolo per dare più forza al termine: «Funzioneranno»! Purtroppo per ora i soldi spesi in Albania, per i viaggi di andata e ritorno, sono in sospeso e sempre a carico dei cittadini e delle cittadine di questo paese. L’Inghilterra con la sua “voglia” di trasferire i migranti ha fallito, come abbiamo scritto in altri editoriali. Ora tocca ai e alle migranti che hanno tentato di entrare in Usa (che non è, lo dovrebbe capire bene il presidente Trump, l’America tout court, che è un intero continente di cui gli Usa sono solo una parte). Sono migranti come quegli italiani e italiane imbarcati sulla nave del film di Salvatores, costretti a scendere prima dei “signori”, come quelli della canzone di Francesco Guccini. Per essere disinfettate/i e messi/e in quarantena. Sono migranti come Celestina, protagonista dello stesso film che commuove, ma soffre di questo viaggio della “fortuna”. I migranti e le migranti di oggi sono propaganda politica, oggetti per una foto che li ritrae in fila per risalire su un aereo che li ri-porterà lontano. Sono i e le migranti delle Napoli odierne del globo che bussano ai confini di quella parte dell’America dove regna il novello Trump numero due. Si sta parlando anche qui, in terre lontane, di popoli lontani, di persone che abitano luoghi altri dagli Usa, che dopo una guerra praticamente fratricida, si trovano al centro di un altro grave problema che ha spaventato (udite, udite!) anche la destra estrema israeliana: le quanto meno bizzarre osservazioni (a me sinceramente incutono paura!) dettate da Donald Trump, novello bis-presidente, sul destino del mondo. Cominciando dalla martoriata Gaza. Ma la mente va anche alle frontiere del Messico, alla Groenlandia, al Canada.
Qual è la verità del governo sulla vicenda del comandante libico rimpatriato e festeggiato a Tripoli? Hanno provato a spiegarla il ministro Matteo Piantedosi e il Guardasigilli Carlo Nordio. Mancava, mercoledì scorso, in aula proprio Giorgia Meloni, responsabile del governo che doveva chiarire la sua partecipazione al rilascio e al rimpatrio del comandante libico. Ha detto che aveva da fare altrove. Viene voglia di chiedersi il classico «che c’è dietro?». Non tanto per uno spirito complottista, quanto per una doverosa esigenza di chiarezza da parte di chi governa, a qualsiasi parte politica appartenga. Sicurezza dello Stato? Ma se qualcuno mette in pericolo lo Stato e i suoi cittadini/e non lo si deve mandare a casa, ma lo si arresta, lo si mette in prigione e lo si tiene sotto controllo. Le risposte devono essere chiare e immediate. Invece il comandante libico è stato liberato, accompagnato a Tripoli con un aereo a spese di tutti i cittadini e cittadine e all’arrivo erano già in corso i festeggiamenti, come se fossero sicuri del suo certo rientro.
«Osama Najim, comandante del dipartimento operazioni della polizia giudiziaria e vice direttore della polizia giudiziaria è tra i principali responsabili per la gestione e il coordinamento della detenzione illegale e per le violazioni dei diritti umani e delle leggi umanitarie che avvengono ai suoi ordini nel centro di custodia di Mitiga». «Il soggetto — scrive un quotidiano — ha una grafia diversa, come accade spesso per i nomi arabi, ma si tratta del protagonista dello scontro politico italiano. A indicarlo come il responsabile delle torture sui migranti e di altri reati è un organismo di grande autorevolezza: il team di esperti delle Nazioni Unite incaricato di verificare il rispetto della legalità in Libia. Lo ha accusato in passato e torna a farlo ora, con un documento trasmesso il 6 dicembre al presidente del Consiglio di sicurezza. Il rapporto è frutto di indagini recentissime, condotte tra il 18 luglio 2023 e il 25 ottobre 2024. Il “Panel of Experts on Libya” è composto di specialisti che analizzano la situazione sul terreno con sopralluoghi, interviste, documenti, foto satellitari». Sottolineano di essersi basati su “prove riscontrate”: «Nelle nostre indagini abbiamo rispettato trasparenza, obiettività, imparzialità e indipendenza». Il risultato è un dossier di 299 pagine che passa in rassegna illeciti d’ogni genere, dal contrabbando di armi a quello di petrolio, dal traffico di uomini alla depredazione delle finanze pubbliche. In questo campionario di nefandezze, la figura di Almasri spicca per brutalità: «Il panel ha esaminato una vasta quantità di testimonianze e prove documentarie raccolte dal 2021 con le dichiarazioni di 14 ex prigionieri di Mitiga e di cinque persone che hanno assistito agli abusi. Tra questi, cinque ex reclusi e tre testimoni oculari identificano Osama Najim (ndr Almasri) come il diretto responsabile per avere ordinato e commesso personalmente atti di tortura e altri maltrattamenti. Il panel ha corroborato queste testimonianze con prove documentali indipendenti, inclusi referti medici, sentenze giudiziarie, documenti interni di Rada così come con fonti terze affidabili». L’avviso di indagine mi fa tenerezza ha detto il Guardasigilli Nordio parlando alle Camere! Un’ironia che sa di offesa.
Ci devono essere i valori per ogni vita. Non si può prescindere da questi. Sono sempre stata attratta dalla scrittura di Erri De Luca, dalla sua poesia e dalla sua limpidezza. Leggiamo insieme questi versi che sono una preghiera laica che, se mi permettete oltre che a tutti e tutte voi, vorrei dedicare a due persone che ci hanno lasciate/i in questi giorni: Katia Menchetti, collaboratrice appassionata della rivista che leggeva e diffondeva con puntualità e rigore e la mamma di una redattrice, Sara Balzerano, ricordando insieme la mia e la signora Marisa, madre di Sara Marsico ormai quasi “cittadina” della Valle d’Aosta e sempre partecipe dei nostri lavori.
Vediamoli con il poeta Erri De Luca i valori intimi, fondamentali, vitali.
Considero valore
Considero valore ogni forma di vita, la neve,
la fragola, la mosca.
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finché dura il pasto, un sorriso involontario,
la stanchezza di chi non si è risparmiato, due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua, riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo, accorrere a un grido, chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordare di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo, la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri De Luca, Opera sull’acqua e altre poesie (Einaudi, 2002)
Buona lettura a tutte e a tutti.