prima l’Italia?, editoriale di Giusi Sammartino

Editoriale. Prima l’Italia?

Carissime lettrici e carissimi lettori,
«Prima l’Italia». Semmai, se occorre, come dire, alla bisogna: «Prima gli italiani». Sarò capocciona, ostinata e, come diceva il poeta, contraria. Frasi simili mi rimandano, però, a quel periodo buio della nostra esistenza da italiane e italiani.
Che poi, sapere che l’origine attuale di questa frase sia da legare al ministro dell’Istruzione e del Merito (da tempo è saltato l’aggettivo “pubblica”!) e alla Storia e alla Geografia come materie di studio scolastico, allora la sensazione detta sopra si raddoppia. Dove siamo? Un viaggio indietro nel tempo o una ripetizione storica dei fatti? A nome del Ministro parla Loredana Perla, barese, pedagogista e portavoce ministeriale. In un’intervista spiega il suo «manuale del bravo insegnante al tempo del centrodestra», come principia l’articolo di un quotidiano che la intervista, disquisendo sull’introduzione della lettura/studio della Bibbia (fin dalla seconda elementare!?), delle poesie da mandare a memoria, della scelta del latino dalla seconda media. Ma nel discorrere di Loredana Perla domina una parola, oggi dotata di una versione, come dire, magica: patria, intesa nella sua accezione più brutta e limitata (secondo noi!) di nazione: «Da un punto di vista culturale — ci tiene a sottolineare Perla — essere patrioti, conoscere cioè la terra dei padri, è un’aspirazione che dovrebbe coinvolgere tutti… Secondo noi — continua — va rinnovato un patto con la cultura classica aiutando lo studente a riconoscere e a studiare la grande letteratura, l’epica». Poi l’intervista scorre verso il concetto di didattica della geografia e della storia. Qui Perla ci tiene a precisare: «Dobbiamo riscoprire la nostra identità. Conoscere prima l’Italia poi — triste, ma veramente detto — se rimanere tempo, il resto del mondo». Appunto, se rimane tempo…
Insomma, secondo il Ministero, di cui Loredana Perla è una delle portavoce, («la vera mente di Valditara», come scrive il quotidiano nell’occhiello dell’intervista) è necessario studiare tutte le materie secondo un “confine” ideale compreso tra le Alpi e gli Appennini. Si deve evitare, o meglio, relegare in un posto subalterno, tutto ciò che esiste e accade tra il Manzanarre, il Reno e le piramidi. Da cancellare, secondo un codice culturale rigorosamente autarchico, le Ande, troppo lontane. Non interessano ai giovani “patrioti” italiani (ma le donne?)
Certo, sì a Dante Alighieri e al suo triplice viaggio nell’aldilà, sì a Manzoni e a Carducci, persino a Pascoli. Ma questi sono i padri della patria intrinsechi nel diktat del trittico tutto patriarcale: «Dio, patria e famiglia». Noi ci chiediamo se il ministero e il suo ministro con il seguito dei e delle consigliere non si siano accorti che, nello sproporzionato uso di questo termine, “patria” sia grammaticalmente una parola al femminile. Seppure semanticamente rimanderebbe ai “padri” e non alle “madri” che pure hanno contribuito a formarla, questa nostra, come le altre.

Sinceramente sta diventando alquanto triste vivere (o sopravvivere?) in un Paese dove due ministri, uno della Giustizia e l’altro degli Interni, mettano per iscritto la loro “ignoranza” in materia giuridica (proprio loro non ne dovrebbero saper di più?!) con tanto di reciproca firma. Affermano in un primo momento, candidamente, di non poter presentarsi al Parlamento per una spiegazione sulla liberazione di Almasri perché essendoci un’indagine in corso che lo impedisce c’è il segreto istruttorio abolito, ahinoi, ben 35 anni fa, parola di Gianrico Carofiglio che nella vita, oltre allo scrittore e prima di dimettersi per fare il parlamentare, è stato un giudice. Difficile vivere in uno Stato dove per interloquire con un collega una deputata abbaia, invece di controbattere a parole. Sembra che poi la stessa deputata, Augusta Montaruli, peraltro condannata per peculato nel 2021 dalla Corte d’Appello di Torino, abbia poi anche miagolato, forse per l’esibizione di un ridicolo spot di fronte alle telecamere. Un Paese dove un (una!) premier non si presenta a chiarire in Parlamento, sempre per lo stesso caso Almasri, il perché delle decisioni prese dall’Italia che le hanno causato dure accuse da parte dell’Europa. Nessuno di loro ricorda, in questa occasione, la capacità dimostrata dalle forze dell’ordine che vengono, invece, difese ed esaltate, come giustamente ha sottolineato anche Carofiglio, solo nel loro momento in cui operano oppressione e non quando lavorano a difesa della giustizia e compiendo il proprio dovere.

Dall’Italia a oltreoceano. Le sortite, ormai quotidiane, del nuovo Presidente ci hanno abituato ad aspettarci l’inimmaginabile con una situazione da brividi. Tra le ultime mosse l’esclusione di fatto dell’Europa al tavolo delle trattative di pace da una guerra vissuta nel cuore del vecchio continente. Tra Russia e Israele Donald Trump ci sembra, più che mai per gli Usa, porsi a padrone assoluto del globo. Abbandonato Volodymyr Zelensky, prima “cocco” degli States di Biden, ora è insultato quale «dittatore e comico modesto» come scrive di lui Trump. Il neopresidente si pone espressamente dalla parte del leader russo cercando alleanza (commerciale?) per fare muro (i muri piacciono tanto a Trump) contro la Cina.

Ma ritorniamo in Italia e alla tragica comicità delle cose che succedono. Accade in Lombardia, vicino Milano. La toponomastica a Viadana ha dato i numeri, come si dice. In Comune ne è nata una bagarre e non si sa se ridere o arrabbiarsi. «I vecchi cartelli stradali non si leggevano più — prova a spiegare il sindaco Nicola Cavatorta — li abbiamo cambiati tutti, ma sugli ultimi venti c’è stato un dannoso fai da te». Così il giornalista Enrico Mentana si è visto, da vivo, intitolata una strada che invece indicava la città dell’impresa bellica risorgimentale. Da vivo è stata intitolata a Bugno un’altra strada. Ma di fatto doveva essere dedicata a un piccolo stagno locale. Invece lo specchio d’acqua è stato confuso e la via dedicata a Gianni Bugno, l’ex ciclista. C’è anche via Sette Ladroni, che in origine era in ricordo di una vicenda locale legata a una serie di furti, clamorosi per una località così piccola. Non era dedicata, come invece spiega la didascalia, al romanzo della popstar Madonna! Per ora l’opposizione ha fatto un’interrogazione al sindaco per “danno d’immagine”!
Nulla da ridere per le intercettazioni telefoniche entrate nella cronaca di questi giorni. Sotto tiro, tra gli altri, i cellulari del direttore di Fanpage Francesco Cancellato che ha chiesto a Giorgia Meloni delucidazioni sul caso Paragon.
Così come non rientra nella comicità la condanna di Andrea Delmastro per la vicenda Cospito (per violazione di segreto d’ufficio) difeso immediatamente dalla premier che si è dichiarata riguardo alla sentenza “sconcertata”. Da parte del deputato, sottosegretario alla giustizia, una certezza: «Non mi dimetto». È abitudine italica, ultimamente, soprattutto.
Ritornando alla toponomastica, un’altra curiosità. A Roma una strada è intitolata a Plautilla Bricci, semisconosciuta (ma Plautilla Bricci, sempre sostenuta dal padre, era conosciutissima nella sua epoca, nel 1600) autrice di una cappella a San Luigi de’ Francesi a un passo dal palazzo del Senato e ricco di ben tre tele del Caravaggio, e di quella famosa villa a Monteverde detta del Vascello per la sua forma richiamante un’imbarcazione, che è andata distrutta durante le battaglie tra i francesi e la progressista repubblica romana, battaglia a cui partecipò anche Giuseppe Garibaldi. Ora Bricci è specificata nella didascalia del cartello stradale come architettrice, come volle farsi chiamare leiMa non bastava la più corretta grammaticalmente architetta?

Dall’antica Grecia, dall’anno 600 prima della nostra epoca un frammento di Saffo, la poeta di Lesbo.

Vieni
Inseguimi tra i cunicoli della mia mente
Tastando al buio gli spigoli acuti delle mie paure.
Trovami nell’angolo più nero
Osservami
Raccoglimi dolcemente scrollando la polvere dai
Miei vestiti
Io ti seguirò.
Ovunque.

Saffo

Buona lettura a tutte e a tutti