e adesso chi glielo dice a tutte queste persone morte? editoriale di Giusi Sammartino

Editoriale. E adesso chi glielo dice a tutte queste persone morte?

Carissime lettrici e carissimi lettori,
forse oggi sul mare di fronte a Crotone c’è di nuovo pioggia. Forse sulla costa davanti a Cutro il mare ancora s’ infrange agitato. Gonfio e piangente, memore delle persone morte affogate tra le sue onde, due anni fa. Senza pietà. E sarebbe da aggiungere: senza giustizia. Sono state le donne, oltre ai bambini e le bambine, nel conto di vite, a pagare di più. Le donne, spesso anche madri, morte nelle acque del mare calabrese, invece di vedere la speranza. Dei quasi 200 migranti saliti su quella barca che si è schiantata sopra una secca, a poche centinaia di metri dalle coste italiane, i morti accertati sono 94 (praticamente la metà). Di loro 34 erano minorenni e, quindi, per sottrazione, le donne annegate sono state sessanta. Ma tanti e tante si immagina siano i corpi dispersi dopo quello scontro del barcone urtando una roccia, alle quattro di un giorno, il 26 febbraio 2023, che ancora non aveva fatto in tempo a nascere alla luce del sole. Tanti sono stati i corpi mai restituiti, inghiottiti da questo mare tra le terre, il mare nostrum come lo chiamavano i latini. Un nome che dovrebbe evocare la solidarietà tra fratelli e sorelle e che, invece, si è fatto crudele custode di uno dei cimiteri più grandi che esistono. Qui, lungo le coste calabresi, davanti a Crotone, il mare ha consegnato sulla spiaggia il suo fardello umano senza vita e pochi superstiti, insieme ai legni del relitto. Trasformato dalla misericordia umana in pezzi di memoria, in croci che rimandano alla sofferenza del sacrificio.
“Stragi di Stato”, come le ha nominate esplicitamente Francesco Savino, il vescovo di Cassano allo Ionio e vicepresidente della Cei (la Conferenza episcopale italiana). Con il suo intervento, durissimo, durante la partecipazione alla veglia di martedì notte, Savino ha chiesto la verità «su tutte le stragi di Stato, da Lampedusa a Cutro». Ha ricordato, insieme a tutta Crotone, le vittime di quella “strage”, proprio su quella spiaggia, alla stessa ora di quando in mare morirono quelle persone. Dopo due anni, rimangono aperte le ferite e ancora non si è data risposta alla domanda riguardo al perché non sono partiti i mezzi adeguati, al perché, soprattutto, non è partita la guardia costiera. Di fatto: «Nonostante l’indignazione suscitata in occasione di quell’ennesimo, drammatico naufragio, tragedie simili hanno continuato a verificarsi. Negli ultimi due anni — scrive un quotidiano — oltre 5.400 persone hanno perso la vita nel Mediterraneo. È la denuncia che fanno in una nota congiunta Laurence Hart, direttore dell’ufficio di coordinamento del Mediterraneo dell’Iom, Nicola Dell’Arciprete, coordinatore della Risposta in Italia per l’Ufficio Unicef per l’Europa e l’Asia Centrale, e Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino» (da Fanpage).
Purtroppo, il “nodo” dell’immigrazione, dopo che noi stessi, come altri popoli, abbiamo chiamato aiuto su altri confini, è il punto centrale su cui battono tristemente, ma forsennatamente, tutte le campagne elettorali. Amaramente, i governi di questa attualità, tutti sempre più securitari, costantemente cavalcano il tema immigrazione non dal punto di vista risolutivo, ma sempre più palesemente come “copertura” all’immobilismo degli stati sovranisti.

E che dire delle assurde “trovate” a cascata del neopresidente Usa? Che sembra scherzi, ma invece incute terrore, con tutto il suo seguito. «Chiamato in missione da Dio per salvare l’America»!
Ora sarà pure opera dell’Ia, l’intelligenza artificiale, ma non si può che concordare con il professor Tomaso Montanari, storico dell’arte, che dell’osservazione delle immagini certo ne fa una professione, nonché rettore che, durante una trasmissione, ha commentato le orrende immagini del video (ripetiamolo creato dall’Ia, ma postato volontariamente dal nuovo presidente americano Donald Trump): «Si usa l’immagine per rendere pensabile, reale, ciò che è letteralmente osceno, cioè che dovrebbe rimanere fuori dalla scena nel momento in cui lo si fa vedere, non con l’arte, ma con l’intelligenza artificiale, con questo repertorio kitsch, con le statue d’oro, l’uso del corpo della donna, il maschilismo, il colonialismo, l’orientalismo marcato. C’è di tutto, ma nel momento in cui lo vedi, così patinato da Las Vegas, tutto può diventare possibile. É quello che è successo, in altro modo, col saluto romano nazifascista. Cioè provare a mettere in campo delle cose; quando le cose sono nel campo dei social, della visione allora sono agibili, sono immaginabili, sono possibili. Ora, è difficile immaginare qualcosa di più mostruoso di criminali internazionali e miliardari che prendono il sole su una spiaggia sopra decine di migliaia di cadaveri di palestinesi. Qualche giorno fa Judith Butler, una grande filosofa, ha parlato del discorso di Trump in generale come di un discorso che esprime la gioia sadica, ciò che non si poteva nemmeno confessare ai più intimi amici, nemmeno allo psicoanalista. Ora si mostra veramente l’osceno che diventa possibile. Altro che civiltà occidentale, è il suo contrario!».
Il video, alla fine, non è così lontano dalla realtà, nonostante l’osceno, nonostante le smoderate (non a modo) abbuffate del sosia di Elon Musk mentre dietro si intravede Gaza ricostruita alla grande. Elon Musk, che mangia contornato da corpi di donne esibite più che mostrate, sempre come oggetti, ad “uso e consumo” dei piaceri maschili. È però, quella mostrata nel video di Ai, la realtà che il presidente Trump ha detto che vuole fare di Gaza, padronalmente ricostruendola e trasformandola in una Riviera del Mediterraneo per vacanzieri/e di lusso.
Ha ragione l’attrice e regista Jasmine Trinca che, nella stessa trasmissione televisiva in cui è intervenuto il professor Montanari, richiama un ricordo liceale, una frase dello storico Tacito: «Fanno un deserto e lo chiamano pace» parafrasandolo amaramente in «fa una Riviera e la chiama pace». E Trump ha pensato anche ai e alle palestinesi superstiti della guerra. Ne fa una deportazione di massa, una “pulizia etnica” che rimarrà, anche questa, nella memoria dei rimorsi occidentali.
Il fatto è che Donald Trump si fa “parola e azione” divina, come un novello Mosè che scende con nuove Tavole e si mette a ringraziare Dio prima di mettersi al lavoro. Questa, da laica e non credente, mi sembra blasfemia!
«Voglio distinguere il cristianesimo dalla religione — spiega ancora il professor Montanari —. Dal suo punto di vista fa un uso della religione che di certo non è il cristianesimo, se il cristianesimo, il Nuovo testamento, è inteso come la fraternità senza patria, fondata sull’amore, la scelta obbligatoria tra Dio rispetto al denaro, l’annuncio di un mondo che non è fondato sul potere, la persona intesa come fine. Trump pensa e fa esattamente il contrario. Semmai forse c’è qualcosa dell’Antico testamento, ma solo il peggio e malinteso, cioè occhio per occhio, la vendetta, il Dio dell’esercito, le stragi, ma è un uso del tutto strumentale. La vescova episcopale di Washington il giorno dell’insediamento di Trump gli ha detto una cosa semplice: “tu dici di essere stato salvato da Dio nel tuo attentato, usa la misericordia, la grande categoria cristiana!” A me pare una cosa molto americana, che però è molto occidentale. Anche l’uso strumentale della religione lo conosciamo anche noi, perché anche in Italia si rimettono i crocifissi nelle aule, si vuole far leggere la Bibbia a scuola e però bisogna leggerla tutta la Bibbia. Qui a Firenze oggi c’è stato un presidio per ricordare i due anni da Cutro e dovendo scegliere di leggere qualcosa ho letto un versetto dell’esodo che dice “non fare morire l’innocente e il giusto perché io non assolvo il colpevole”. A parlare è Dio. Allora diciamo — continua Montanari — che ci sono buoni argomenti per ribellarsi a questo uso strumentale della religione anche da parte di chi in Italia si avvolge nei rosari e fa esattamente il contrario del Vangelo. È questa una delle cose oscene di questo momento e se posso aggiungere una cosa sul video che mi pare impressionante… Se l’avesse fatto Putin su Bucha, se avesse immaginato un luna Park sul luogo dell’eccidio! Come possiamo giustificare questa cosa in nome di una comune identità occidentale? Siamo veramente arrivati a un punto di non ritorno».

Da tutto ciò dobbiamo consolarci e salvarci. Da questa oscenità imperante, da questo squallido affermarsi della volgarità e dell’ingiustizia, dai modi fortemente sessuati e volgari del linguaggio trumpiano, di cui non vogliamo neppure parlare, ma sul quale l’Europa deve riflettere. Dallo scempio che il nostro governo vuole fare nella magistratura per cui i/le giudici, e la magistratura tutta in settimana è scesa in sciopero, per noi giustamente: di questo vogliamo parlare. Dobbiamo consolarci e salvarci. Per questo leggiamo insieme queste due poesie, dove oltre all’odio troviamo anche tantissimo amore.

L’odio

Guardate com’è sempre efficiente,
come si mantiene in forma
nel nostro secolo l’odio.
Con quanta facilità supera gli ostacoli.
Come gli è facile avventarsi, agguantare.

Non è come gli altri sentimenti.
Insieme più vecchio e più giovane di loro.
Da solo genera le cause
che lo fanno nascere.
Se si addormenta, il suo non è mai un sonno
eterno.
L’insonnia non lo indebolisce ma lo rafforza.

Religione o non religione
purché ci si inginocchi per via
Patria o no
purché si scatti alla partenza.
Anche la giustizia va bene all’inizio.
Poi corre tutto solo.
L’odio. L’odio.
Una smorfia di estasi amorosa
gli deforma il viso.

Oh, quegli altri sentimenti
malaticci e fiacchi!
Da quando la fratellanza
può contare sulle folle?
La compassione è mai
arrivata per prima al traguardo?
Il dubbio quanti volenterosi trascina?
Lui solo trascina, che sa il fatto suo.

Capace, sveglio, molto laborioso.
Occorre dire quante canzoni ha composto?
Quante pagine ha scritto nei libri di storia?
Quanti tappeti umani ha disteso
su quante piazze, stadi?

Diciamoci la verità:
sa creare bellezza
splendidi i suoi bagliori nella notte nera
Magnifiche le nubi degli scoppi nell’alba
rosata.
Innegabile è il pathos delle rovine
e l’umorismo grasso
della colonna che vigorosa le sovrasta.

È un maestro del contrasto
tra fracasso e silenzio
tra sangue rosso e neve bianca.
E soprattutto non lo annoia mai
il motivo del lindo carnefice
sopra la vittima insozzata.

In ogni istante è pronto a nuovi compiti.
Se deve aspettare aspetterà.
Lo dicono cieco.
Cieco?
Ha la vista acuta del cecchino
e guarda risoluto al futuro.
Lui solo.

Wislawa Szymborska
Da La gioia di scrivere
Adelphi 2009

Mi basta morire sulla mia terra
essere sepolta in essa
sciogliermi e svanire nel suo suolo
e poi germogliare come un fiore
colto con tenerezza da un bimbo del mio paese.
Mi basta rimanere
nell’abbraccio del mio paese
per stargli vicino, stretta,
come una manciata
di polvere
ramoscello di prato
un fiore.”

Fadwa Tuqan.
Poeta Palestinese