la casa degli spiriti, di Isabel Allende, recensione di Valeria Vite

“La casa degli spiriti” di Isabel Allende, una fiaba sul Cile

Nel 1982 uscì il romanzo d’esordio della cilena Isabel Allende , La casa degli spiriti , un tomo cui Mondatori ha donato una grafica femminile, ma che può essere apprezzato da lettori di ogni genere. Il romanzo è ormai un classico del Novecento, un best seller che non cessa di incuriosire i lettori e di trovare posto nelle biblioteche di tutto il mondo.

A primo impatto l’opera sembra un romanzo familiare, in quanto tutti i personaggi appartengono alla medesima famiglia, di cui la Allende racconta la storia. Come in molti romanzi latino-americani del Novecento, non manca il realismo magico, una forma di magia umile, che impregna il quotidiano dei protagonisti senza destare stupore e senza trasmettere una sensazione di straordinario. Per questo motivo il romanzo può essere paragonato a Cent’anni di solitudine e a molti altri capolavori del filone letterario, sino al recente capolavoro della Disney Incanto . L’autrice racconta così la storia di Rosa dall’aspetto di una sirena e di Clara la veggente, in una famiglia in cui tutti comunque hanno la propria peculiarità e un pizzico di follia. La casa degli spiriti è un romanzo di eccentricità, pur senza rinunciare alla semplicità.

Gli indicatori spazio-temporali sono assai rari perciò la trama ha il sapore di una fiaba, ma è evidente che la vicende è ambientata in Cile, sebbene tale nazione non venga mai nominata all’interno del romanzo. L’opera si apre concentrandosi sulle vicende dei protagonisti, il cui capofamiglia è un politico liberale. Lentamente la popolazione viene convertita al socialismo e al comunismo, sino a dar vita ad una rivoluzione quando ormai le pagine mancanti sono ben poche. L’autrice non specifica nella propria opera di essere parente dell’apprezzatissimo presidente Allende, che ha governato in questo breve periodo e che era molto amato dalla popolazione. La Allende ne descrive il governo e la morte con vividi e realistici particolari. L’interesse del romanzo per la politica esplode nelle ultime pagine con il golpe del 1973 e la dittatura di Pinochet, sebbene non si faccia mai menzione del militare. I personaggi non sono reali, ma quasi tutti sono realistici: il guerrigliero Miguel, il musicista Pedro Terzo e il medico democratico Jaime sono ispirati a persone che hanno realmente combattuto per il Cile.

Gli orrori della povertà e della violenza sessuale prima, della dominazione militare poi, vengono descritti con crudezza lacerante. L’Allende è oggettiva: non esprime mai un giudizio, ma il suo occhio guida il lettore verso la miseria dell’uomo e influenza l’opinione del lettore con apparente imparzialità. All’autrice piace immedesimarsi in personaggi appartenenti ad ogni fazione politica, non a caso l’unico personaggio che narra in prima persona è Esteban Trueba, leader del Partito Conservatore, che ha tenuto il potere per molti anni prima della rivoluzione marxista. Il senatore è una sorta di antagonista, ma non viene mai descritto con toni malvagi: le sue malefatte sono dovute a chiusura mentale e ad un caratteraccio, da cui si redimerà alla fine.

Il ritmo del romanzo è lento e lineare perché racconta le cronache di una famiglia, dunque niente colpi di scena o suspence, ma è privilegiato il tono sospeso di una fiaba. Il successo dell’opera deriva dal fatto che il lettore si affeziona ai personaggi e alla loro lenta evoluzione sino alla loro morte.