solo il mimo canta al limitare del bosco, di Walter Tevis, recensione di Antonella Sacco

Solo il mimo canta al limitare del bosco – Walter Tevis * Impressioni di lettura
(Titolo originale “Mockingbird”, trad. Silvia Stefani; originale pubblicato nel 1980; edizione italiana da me letta Mondadori 2024)
Il romanzo si apre seguendo per un poco Bob Spofforth, un robot serie 9 molto evoluto, quasi perfetto, costruito in modo da vivere per sempre e non dimenticare niente. In un mondo in cui l’umanità ha perso quasi tutta la sua umanità e molte delle sue capacità fra cui quella di leggere, un uomo, Paul Bentley, cerca Spofforth (che è anche il rettore dell’università di New York) perché ha imparato a leggere e vorrebbe insegnarlo. Il robot gli chiede invece di esaminare vecchi film muti (nei quali ci sono in realtà da leggere le didascalie) e Bentley inizia a dedicarsi a questa attività.
Come a tutti gli è stato insegnato a vivere senza fare amicizia con gli altri, addirittura senza guardarli troppo a lungo o toccarli. Gli umani sostanzialmente non lavorano, al loro posto lavorano robot, di serie inferiori al 9; assumono veri tipi di droghe e non provano il desiderio di cambiare lo stato delle cose. Come mezzi di trasporto ci sono i pensierobus, tipi particolari di robot che entrano in contatto telepatico con i viaggiatori per portarli alle loro destinazioni.
Paul conosce una donna, Mary Lou e, sia grazie a lei che alle sue letture e a quanto gli accade nel seguito, cambia e prende coscienza di sé.
Al di là delle vicende dei protagonisti è interessante l’ambientazione, questo mondo in cui gli umani hanno rinunciato quasi a tutto, in particolare ai sentimenti e alle relazioni, in cambio di una vita pacifica, senza scossoni, senza problemi; coccolati da droghe tranquillizzanti, succubi di trasmissioni televisive che hanno lo scopo di mantenere questo stato di cose. Queste possibili rappresentazioni della realtà sulla terra di qui a qualche centinaio o decina di anni sono abbastanza inquietanti, perché, con un anticipo di varie decine di anni, descrivono alcuni aspetti della realtà attuale.
Spoiler? (Nell’incertezza non leggete le prossime righe.)
Un romanzo da leggere, a mio parere; a me è piaciuto molto. Una storia che echeggia “Il grande fratello” e “Fahrenheit 451” anche se se ne discosta per l’assenza quasi totale di violenza e per il finale che dà adito a speranze, almeno per i protagonisti.
In italiano mockingbird significa mimo o tordo beffeggiatore, un uccello passeriforme. Il titolo italiano si riferisce a una frase che Paul ripete di quando in quando, dopo averla letta in un film muto, detta da un vecchio a una ragazza.
Sinossi
Siamo nel 2467. Il mondo è dominato dai robot, a cui competono le attività direttive e la produzione. L’umanità è sollevata dalla fatica del lavoro e dalla responsabilità delle decisioni: “Non fare domande, rilassati” è il comandamento. Un sogno che si avvera… o forse no. In realtà la specie umana sembra avviata all’estinzione, tra dipendenza da psicofarmaci, stordimento elettronico, calo delle nascite, abolizione della famiglia. A garantire lo status quo in questo mondo senza arte, senza storia, senza significato, è un androide di nome Spofforth, tanto perfetto quanto incompleto; il suo più grande desiderio è potersi suicidare, contro i dettami della sua stessa programmazione. A lottare contro il sistema sono invece Paul Bentley, un professore universitario che ha casualmente scoperto l’esistenza dei libri e ha imparato a leggere, e Mary Lou, una ragazza che vive un’esistenza da emarginata e che si è sempre rifiutata di assumere sostanze per poter tenere gli occhi aperti sulla realtà. Noto anche con il titolo Futuro in trance, Solo il mimo canta al limitare del bosco (1980) è un’indimenticabile distopia che ha la potenza narrativa di Fahrenheit 451. Un romanzo sulla solitudine e sull’insopprimibile bisogno d’amore degli esseri umani, che difende gli eterni valori della curiosità, del coraggio e della compassione, e che con quarant’anni di anticipo prefigura l’epoca dell’intelligenza artificiale e della pervasività del digitale.