accadde…oggi: nel 1932 nasce Katarina Taikon, di Samanta K. Milton Knowles

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Quando sono venuta al mondo, trent’anni fa, mio padre e alcuni dei suoi fratelli avevano montato il loro campo in un boschetto. Era la fine di luglio, sotto il segno del Leone.
Katarina Taikon descrive così il giorno della propria nascita, il 29 luglio 1932. Il padre Johan faceva parte dei rom kalderash, emigrati dalla Russia intorno al 1900, che avevano dato vita ai primi clan di rom svedesi. La madre Agda Karlsson era invece una gağí, una non rom. I genitori si erano conosciuti nel 1924, quando Agda aveva ventun anni e Johan quarantasette, in un ristorante di Göteborg in cui lei faceva la cameriera e lui il violinista. Prima di Katarina ebbero tre figli: Paul, Rosa e Paulina, da tutti chiamata Lena.
L’anno dopo la nascita di Katarina, Agda morì di tubercolosi. Per fortuna la prima moglie di Johan, Masha, viveva ancora con la famiglia: Mamì, come la chiamavano i bambini, si prese cura di loro finché Johan non incontrò un’altra donna. Quando nacque la loro prima figlia comune, Johan e Siv affidarono Katarina, che a quel punto aveva cinque anni, ai coniugi Kreuter, circensi e proprietari di un luna park. Lì la bambina visse per due anni in una casa, con una stanza tutta per sé, bei vestiti e cibo a volontà. Ma nell’estate del 1939 i Kreuter la consegnarono all’orfanotrofio di Umeå. Il motivo? Avrebbero voluto adottarla ufficialmente, ma all’ennesimo rifiuto del padre si arrabbiarono e abbandonarono la bambina al suo destino.
Katitzi lo aveva già visto. Rimase a bocca aperta dallo stupore. Lo aveva visto con gli altri ragazzi quando erano in visita al campo. Ma era vecchio, aveva almeno diciannove o venti anni. Certo, però, non era poi così alto. Katitzi lo aveva sentito parlare. Le era sembrato arrogante e spaccone, e Paul aveva riso di lui. Era dunque quello il suo promesso sposo?!
Data in sposa a tredici anni a un ragazzo rom di otto anni più di lei, poco dopo Katarina scappò dalla famiglia del marito e grazie alla propria tenacia riuscì a ottenere il divorzio a sedici, nel 1948. Negli anni Cinquanta lavorò come attrice per il cinema e il teatro, spesso insieme a sua sorella Rosa. Come molti altri rom della sua generazione, Katarina Taikon non aveva potuto frequentare la scuola da bambina e imparò a leggere e scrivere solo all’età di ventisei anni in una scuola per adulti. E poi riuscì a realizzare il proprio sogno di diventare scrittrice.
Fu quando imparò a leggere che si rese conto di quanti diritti fondamentali venissero negati ai rom, a differenza delle altre minoranze. E fu allora che decise di dedicarsi anima e corpo all’attivismo. Debuttò nel 1963 con il libro Zingara, in cui denunciava le condizioni del proprio popolo combinando racconto autobiografico e riflessioni. Quando uscì, il libro suscitò un grande dibattito e fu definito «una sveglia che suona forte». Nel giro di una notte Katarina Taikon divenne la portavoce di tutti i rom della Svezia e si adoperò in ogni modo per far ragionare le istituzioni. Quando il governo svedese mosse dei passi verso l’inclusione, prevedendo il diritto all’istruzione, alla casa e al lavoro per i rom, questo attirò l’attenzione internazionale e incentivò l’immigrazione rom da altri stati europei, provocando una chiusura da parte del primo ministro Olof Palme. Rendendosi conto che i pregiudizi della maggioranza della popolazione non potevano essere sconfitti se non rivolgendosi alle giovani generazioni, Katarina decise di dedicarsi alla scrittura per ragazzi con la serie di Katitzi.
Dopo anni di instancabile attivismo, nel 1982, a neanche cinquant’anni di età, Katarina Taikon ebbe un arresto cardiaco e finì in coma senza più risvegliarsi. La «Martin Luther King della Svezia» si era spenta per sempre, ma i suoi libri continuano a parlare ai bambini e agli adulti, generazione dopo generazione.