il segno dei quattro, di Arthur Conan Doyle, recensione di Antonella Sacco

Il segno dei quattro * Arthur Conan Doyle * Impressioni di lettura

(Titolo originale “The Sign of Four”, trad. Maria Gallone; originale pubblicato 1890; edizione italiana da me letta Oscar Mondadori, 1972)

Credo di aver letto questo romanzo parecchi anni fa, più o meno all’epoca cui risale la mia edizione, comunque essendo trascorso tanto tempo non lo ricordavo.

La sensazione principale che mi ha dato questa lettura riguarda il suo essere un testo con oltre un secolo di vita: in parte il linguaggio, in parte i modi dei personaggi e le ambientazioni me lo hanno fatto sentire vecchio. Ciò non toglie che il protagonista sia davvero molto particolare e interessante, con le sue deduzioni geniali che lo fanno sembrare un indovino (benché dedito alla cocaina per ovviare alla noia), e il suo compagno, il mitico dottor Watson, nella sua normalità risulti ancora più piacevole e fornisca un necessario contrasto con l’amico dalle doti inconsuete.

La storia narrata si incentra su un tesoro conteso e un conseguente omicidio, e anche in questo, a mio parere, si avverte l’età del romanzo.

Una giovane donna, Mary Morstan, chiede l’aiuto di Sherlock Holmes e di Watson, perché l’accompagnino a uno strano appuntamento e da qui prende avvio la vicenda.

Ho ritrovato altri due libri con Holmes come protagonista e li leggerò (uno l’ho già iniziato), anche perché si tratta di classici del genere.

Negli ultimi tempi ho letto di Doyle “Le avventure di Sherlock Holmes” (racconti, che mi sono piaciuti di più di questo romanzo) e “La nube avvelenata” (romanzo breve di fantascienza apocalittica).