la città delle donne, editoriale di Giusi Sammartino

Editoriale. La città delle donne

Carissime lettrici e carissimi lettori,
a settembre, o meglio, a metà settembre ricominciano o cominciano un sacco di cose. Non sarà molto “polite” in italiano, ma è più schietto e dunque più bello e vitale.
Allora: ricomincia la scuola, riprendono gli esami universitari e i problemi relativi all’abitare studentesco, difficile anche nell’orientamento del proprio mercato immobiliare riguardante le stanze in affitto ai fuorisede. Ricomincia il traffico cittadino, con i cantieri estivi ancora non chiusi. Si riattiva la vita, si aprono nuovi convegni per valorizzare le idee e aprire, o riaprire, dibattiti. Purtroppo, continuano le guerre.
In effetti, mi sembra doveroso dirlo subito, ce lo dovevamo aspettare. Speriamo finisca tutto così, con questi primi tristi e terribilmente minacciosi “approcci” di segno negativo riguardanti la Global Sumud Flotilla ferma in acque tunisine. L’attacco da parte di un drone a una delle imbarcazioni della Flotilla ha segnato con amarezza l’inizio, tra l’altro ritardato per le cattive condizioni del mare, della missione di pace verso le coste della Striscia di Gaza dove la guerra, da sottolineare unilaterale, sta diventando sempre più invadente, nel senso più letterale del termine.
È chiaro che non sia un caso che ad essere colpita per prima sia stata l’imbarcazione dove è salita tra gli altri anche Greta Thunberg sulla quale i riflettori sono accesi visto lo scontro (e la “condanna”) avuto all’inizio dell’estate dopo l’ultima presenza di protesta in quella parte del Medio Oriente, per spingere alla fine di questo brutto conflitto che dura da troppi tempo. Allora la ragazzina difensora della Terra e del clima era stata condannata a tenersi lontana, praticamente per sempre. Oggi ci riprova e, forse, qualcuno, già prima della partenza, dalle coste tunisine, le fa intendere che desistere sarebbe la scelta più… saggia.

Si riapre la scuola. Continua la triste conta degli edifici non proprio a norma, con aule per tanti versi poco accoglienti, classi cosiddette” pollaio”, perché strapiene di studenti nonostante le promesse del Ministero fatte dopo il periodo del Covid, per fermare la trasmissione di virus, ma anche per dare un volto più umano all’insegnamento e al rapporto più stretto tra docente/discente.
In un tempo in cui è andata praticamente fallita la proposta politica dell’educazione all’affettività, la formazione dei e delle più giovani al rispetto tra i generi, come il concetto di parità tra persone indipendentemente dall’appartenenza sessuale, non si può che, seppure con piccoli gesti, contrastare il potere politico che alla fine nega questo tipo di pensiero fino a dirottare, nel vero senso del termine, i fondi per l’attuazione di questo utilissimo progetto, su un altro riguardante l’educazione alla procreazione. Un rigurgito di quel dare “più figli alla patria” di troppo vecchia e speravamo superata memoria.

Dicevamo piccole iniziative. Come quella voluta da una scuola di Torrita di Siena, una scuola materna, classe prima. I ragazzini e le ragazzine andranno a scuola indossando grembiuli di tutti i colori. Dunque, partendo dalla scuola vengono banditi i colori legati al gender: rosa per le femmine e celeste per i maschi, né esiste il bianco e il nero.
Grembiuli gialli, verdi e persino rossi, tutti regalati ai piccoli e piccole dal Comune «per superare gli stereotipi di genere». Intanto la Lega si è opposta fortemente e l’iniziativa privata è diventata uno dei tanti pretesti per diatribe politiche (ma se ne sa il significato della parola in greco antico, dove la parola politica è nata?!). «Si tratta di un’azione piccola ma significativa — dice in un’intervista Fabiana Caroni, assessora alle pari opportunità al Comune di Torrita di Siena — presa della coscienza delle differenze di genere presenti fin dai primi anni della vita scolastica. Impegnarsi a eliminarle è il primo passo verso una società futura più equa». Intanto brutte notizie arrivano dal Lazio dove ai professori e alle professoresse è arrivata una mail che ingiunge loro di non parlare in classe di Gaza e Ucraina! Non per presa di posizione, ma i diktat mi sembrano sempre nascere in odor di imposizione e sono lontani anni luce dalla democrazia e dai suoi metodi di comunicazione. Giusto in tempo, con l’inizio del nuovo anno scolastico, che sa di vecchi, anzi, vecchissimi tempi, e un brutto, bruttissimo osanna alla guerra dato ai più giovani.
Se dalla scuola si passa all’università si valida l’adagio riferito in modo popolare ai genitori: «Figli piccoli, problemi piccoli. Figli grandi, problemi grandi», soprattutto se vanno a studiare lontano da casa. Le e gli studenti fuorisede oggi in Italia sono più di 800 mila, ma le case per ospitarli arrivano a coprire il 10 per cento del fabbisogno (sembra intorno agli 83.500 alloggi) tra quelle gestite dal pubblico, finanziate anche con fondi del pnrr, e le stanze messe a disposizione dal privato per studenti che vengono definiti “di lusso”. Scrive un giornale: «Negli ultimi vent’anni, grazie alla legge 338, sono stati tirati su 40mila posti letto, a un ritmo di 2mila posti letto l’anno, con uno stanziamento di 80mila euro l’uno e tempi di realizzazione di 8-10 anni. Dal 2023, fa sapere il ministero dell’Università e della Ricerca guidato da Anna Maria Bernini, con quella stessa norma sono stati distribuiti oltre 800 milioni per il finanziamento di quasi 8.500 posti letto. Qualche esempio: quasi 220 milioni sono andati alla Lombardia per 2000 posti letto, 60 alle Marche per 520 posti letto, 70 al Piemonte per 930 posti letto. Si tratta di alloggi gestiti dagli enti per il diritto allo studio. I costi, ad esempio nel Lazio, da quanto si legge sul sito di Laziodisco, vanno da un minimo di 143 euro a un massimo di 253 euro per una doppia e da un minimo di 174 euro a un massimo di 298 euro per una singola. Nelle residenze private, ad esempio quella a Bologna di The social hub che ha sedi anche a Firenze e una nuovissima a Roma e unisce l’ospitalità per gli studenti con quella dei turisti, il prezzo per una camera doppia standard è di 777,75 euro al mese, quello per una doppia deluxe di 859,79 euro. La spesa comprende palestra, aule studio e aree relax, piscina stagionale, bici in sharing, spazio co-working. La singola standard costa 1.449,97 euro».

Due iniziative importanti si svolgono nella settimana che si apre. Entrambe sono a Roma e riguardano le donne. Il primo appuntamento al femminile è fissato per mercoledì prossimo (17 settembre, dalle 14,30 alle 17,00 alla Sala Conference center di via IV Novembre 144, Palazzo Inail). Sono Dialoghi tra culture e femminismi esperienze e teorie, un’analisi attraverso quattro parole chiave per ri-discutere sul femminismo e sulle sue direzioni. Si era partite a maggio con l’importante parola Sorellanza, per proseguire, il 17 settembre con Limite: «Una parola chiave — scrivono le organizzatrici, da Fiorenza Taricone, a Daniela Carlà, a Paola Binetti, rappresentanti tutte di pensieri diversi — che troppo spesso è posta come controcanto ad una insistente narrazione dell’inferiorità femminile. La donna — si continua — ha reagito mettendo a fuoco tutti i suoi talenti, misurandosi con i problemi che sembravano superarne le capacità e uscendone quasi sempre vittoriosa, ma a prezzo di un’usura fisica e psicologica urticante, oltre che usurante. Accettare il senso del Limite — si conclude — presuppone che lo si sappia riconoscere, che ci si voglia misurare con lui, ma sapendo rimanere sempre sotto la soglia dello stress, per non compromettere la propria identità e non annientarla dolorosamente. Le altre parole esaminate nei due incontri successivi (si svolgeranno sempre nello stesso luogo e nel pomeriggio, Palazzo dell’Inail di via IV Novembre) sono due belle parole: Gratitudine (15 ottobre) e Bellezza (19 novembre) nella «sfida di come essere una donna bella senza essere una donna oggetto».
Il secondo appuntamento al femminile della settimana è molto interessante, e riguarda tutte le donne: la Biennale dello Spazio pubblico, alla sua VIII edizione, verterà su un tema davvero inclusivo, Insieme, proprio in vista dell’obiettivo 11.7 da attuare entro il 2030, «l’accesso universale a spazi verdi e pubblici accessibili, sicuri e inclusivi, con particolare riferimento a donne, bambini e persone disabili». La Biennale prevede un approccio interdisciplinare e inclusivo per l’accesso agli spazi pubblici che dovranno essere tutti sicuri e, come si è detto, inclusivi con un’attenzione particolare alle donne. Si parlerà di una città non più pensata solo per le esigenze maschili e di bambini/e e disabili non dimenticando le persone anziane. «Ogni sfaccettatura del tema cardine diventa un incontro. Insieme verrà letto ed esaminato alla Biennale da più di duecento relatori e relatrici secondo prospettive rispettivamente di: inclusione sociale, transizione ecologica, prossimità, città pubblica e beni comuni, professioni, intelligenza artificiale. Poi spazio nella tre giorni ad approfondimenti tra gli altri su piazze del Giubileo, spazio pubblico delle donne, salubrità e vivibilità, inclusione, accessibilità, ruolo della natura, Città Macchina, infrastrutture urbane per lo stare insieme, aree marginali, aree “socialmente sfidanti”, progettazione green, partecipazione, waterfront, sport e rigenerazione sociale, diritti dei bambini e delle bambine e il progetto di un Rapporto sullo Spazio Pubblico. Di grande interesse le iniziative che riguarderanno direttamente la capitale e il territorio, come i focus sulle realizzazioni per il Giubileo, Tor di Valle, Parco di Veio e sulle opportunità offerte dai fiumi, e le ricorrenze di grandi progetti di spazio pubblico, dal piano di Barcellona del 1860 alle 100 piazze per Roma alla stagione di Renato Nicolini. Ci sarà anche una sessione organizzata da UN – Habitat».

«La Biennale dello Spazio Pubblico (BiSP) — chiarisce meglio Manuela Alessi, architetta urbanista e dell’organizzazione dell’evento — è un appuntamento biennale per il confronto e la divulgazione delle attività di ricerca e delle azioni svolte sui temi degli spazi pubblici urbani che sono struttura e cuore delle nostre città, delle quali esprimono i valori di civiltà, di inclusione e di partecipazione». Si parlerà di spazi urbanistici non più esclusivamente maschili, ma aperti a tutti e a tutte. Lo spazio urbano colto nelle sue esigenze di genere si collega alla volontà di raggiungere gli obiettivi prefissi per un ormai vicinissimo 2030 dove il pubblico deve essere aperto e comune, spazio dello stare insieme, con le trasformazioni della città. A partecipare quest’anno sarà anche Toponomastica femminile che porterà testimonianza della presenza delle donne nella nominazione stradale e negli arredi urbani (statue e targhe).

In un momento storico difficile dove la prepotenza e la sopraffazione vorrebbero avere la meglio, sta a noi, anche a ciascuna e a ciascuno di noi, rifiutarla. Quando ha la meglio la guerra, tutte le guerre, che nascono sempre dalla sopraffazione di chi è stato delegato al vertice e non si ha il coraggio di destituirlo/a, il pensiero per una “consolazione” arriva anche dalle canzoni cosiddette leggere. Pierangelo Bertoli (1942-2002) ne ha scritta una di cui lui stesso spiegò la storia durante un concerto prima dell’esibizione. Una aperta, genuina risata contro lo strapotere del suo discografico costretto a chinare la testa di fronte alla sua buona penna e al suo coraggio.

A muso duro

E adesso che farò non so che dire
Ho freddo come quando stavo solo
Ho sempre scritto i versi con la penna
Non ho ordini precisi di lavoro
Ho sempre odiato i porci ed i ruffiani
E quelli che rubavano un salario
I falsi che si fanno una carriera
Con certe prestazioni fuori orario

Canterò le mie canzoni per la strada
Ed affronterò la vita a muso duro
Un guerriero senza patria e senza spada

Con un piede nel passato
E lo sguardo dritto e aperto nel futuro

Ho speso quattro secoli di vita
E fatto mille viaggi nei deserti
Perché volevo dire ciò che penso
Volevo andare avanti ad occhi aperti
Adesso dovrei fare le canzoni
Con i dosaggi esatti degli esperti
Magari poi vestirmi come un fesso
Per fare il deficiente nei concerti

Canterò le mie canzoni per la strada
Ed affronterò la vita a muso duro
Un guerriero senza patria e senza spada
Con un piede nel passato
E lo sguardo dritto e aperto nel futuro

Non so se sono stato mai un poeta
E non mi importa niente di saperlo
Riempirò i bicchieri del mio vino
Non so com’è però vi invito a berlo
E le masturbazioni cerebrali
Le lascio a chi è maturo al punto giusto
Le mie canzoni voglio raccontarle
A chi sa masturbarsi per il gusto

Canterò le mie canzoni per la strada
Ed affronterò la vita a muso duro
Un guerriero senza patria e senza spada
Con un piede nel passato
E lo sguardo dritto e aperto nel futuro

E non so se avrò gli amici a farmi il coro
O se avrò soltanto volti sconosciuti
Canterò le mie canzoni a tutti loro
E alla fine della strada
Potrò dire che i miei giorni li ho vissuti

(1979)

Per Gaza una poesia, tra le tante del libro a cui faccio riferimento, del ventenne Haidar al Ghazali

Voglio sognare
fosse questa
la mia unica colpa
per essere ucciso.

Voglio nutrire
i passeri delle strade
e non ho altro che la mia carne
sul marciapiede.

(26/08/2024)