effetti speciali, distorsioni e applausi, editoriale di Barbara Belotti

Editoriale. Effetti speciali, distorsioni e applausi

Vorrei sgombrare subito il campo da equivoci che potrebbero scaturire dalla lettura del titolo. Non mi sto addentrando nella recensione di uno spettacolo teatrale o cinematografico e neanche nella descrizione di un parco giochi moderno, di quelli che piacciono ai bambini e alle bambine ma soddisfano anche i gusti dei genitori. Vorrei parlare di vicende recenti, di filmati e immagini apparse un po’ ovunque nell’ultimo periodo, di fatti che riguardano tutte e tutti.
Gli effetti speciali sono quelli osservati nei numerosi servizi televisivi dedicati alle esequie di Charlie Kirk, attivista conservatore statunitense assassinato il 10 settembre scorso. Le decine di migliaia di persone accorse nello stadio di football State Farm di Glendale in Arizona, le luci, i filmati, i canti, i cori, l’imponente palco con tanto di fuochi d’artificio a terra hanno trasformato la cerimonia funebre in un grande evento mediatico, con scenografia e coreografia strategicamente studiate come in uno show. Le preghiere singole e collettive si sono innalzate e mescolate ai proclami politici, le parole Dio e Satana, bene e male, guerra religiosa e guerra culturale, odio e nemico hanno eccitato gli animi già agitati delle persone presenti, hanno ribadito valori di supremazia: quella dell’uomo bianco occidentale su tutto il resto, dell’uomo sulla donna — le cui dimensioni minori del cervello indicano un naturale stato di subordinazione —, di una religione su tutte le altre, di un’etica più giusta e di una morale più corretta, di un potere politico ed economico predominante sul resto del mondo.
Effetti speciali e distorsioni, come quelle successive che hanno portato a paragonare l’uccisione di Charlie Kirk a quella di Martin Luther King, avvenuta il 4 aprile 1968 a Memphis. Si possono accostare il dolore dei familiari e il vuoto lasciato da una persona cara scomparsa, si possono accomunare le lacrime e gli smarrimenti emotivi, si possono dichiarare simili i corpi esanimi di persone morte e la pietà umana può essere la medesima; ma non si possono commisurare le idee. Le idee dissonanti e divergenti, anche quelle più controverse, si possono affermare — è il principio stesso della democrazia —, ma resta il fatto che i pesi specifici sono e restano differenti, come la forza e la profondità che possiedono, come la coerenza e la logica che esprimono. Proclamare il contrario è una pericolosa distorsione, che tenta di ribaltare la storia, di deformare gli eventi, di ridurre al minimo i valori, fino a farli scomparire e renderli omologabili. E se lo si fa per un caso attuale, ci si sentirà legittimati ad applicare lo stesso metodo al resto, al passato, come dichiarare che le morti degli uomini e delle donne della Resistenza vanno equiparate a quelle dei caduti per la Repubblica di Salò, come asserire, distorcendo la parola, che «antifa» è terrorismo. La democrazia tutela tutte le idee e tutti coloro che le esprimono, anche a costo di salvaguardare quelle stesse persone che la minacciano e la assaltano. Le distorsioni culturali e concettuali, però, devono essere individuate e smascherate e il modo giusto per farlo è puntare dritto lo sguardo sulla realtà.
Abbiamo visto e sentito gli applausi scroscianti ai funerali di Charlie Kirk, quando si parlava di predominio bianco e superiorità di un solo Dio, ma abbiamo anche visto le persone, che sfilavano lungo la Tangenziale est di Roma nel corteo per la Palestina di lunedì 22 settembre, ricevere applausi solidali dalle automobiliste e dagli automobilisti bloccati nelle macchine ferme nelle corsie opposte. Applausi di approvazione, nonostante il disagio del blocco, di sintonia e di emozione. Anche gli applausi non sono uguali.
Abbattute le divisioni, spesso inconciliabili, tra manifestanti e cittadinanza, tutte e tutti si sono ritrovati sull’asfalto della Tangenziale a essere società civile attiva e unita. E non accadeva da tempo. C’è da rallegrarsi ma anche da porsi una domanda: si potrà catalizzare quell’energia, incanalarla in forme di ulteriore partecipazione ed evitare che la risorta società civile svanisca e torni, in parte, a essere silente e nascosta? L’opportunità c’è. Ci sarà anche il resto?