cultura di massa, riflessione di Oumar Sallieri sullo spettacolo “Atelier Preziosi” al teatro San Giovanni Battista di Sestri Ponente

La nuova commedia di Luigi Petrocca “Atelier Preziosi” mette in scena uno spaccato del rapporto uomo/donna che credevamo appartenere al passato.
In questi tempi fluidi che abbisognano di premier urlanti e insultanti, dove la famiglia viene sbandierata, usata e consumata a seconda degli interessi di turno, Don Luigi Petrocca non si vergogna di fotografare la società con le macchine fotografiche di un tempo, quando prima di cliccare si intimava l’immobilità ai soggetti capovolti.
E allora vanno in scena donne furbe, pettegole e manipolatrici, uomini tonti e gretti che cascano sempre con tutti e due i piedi nelle sapienti trappole femminili.
L’unico maschio che porta a casa la pagnotta è una sorta di Arcangelo Giuseppe che per tre quarti di commedia si finge il tonto figlio della Signora Marchesa ma poi richiama tutti all’ordine nel gran finale pretoso quindi assolutorio.
Il tutto condito qua e là dal buon vecchio e sano maschilismo, che dipinge a macchia di leopardo donne agée alla caccia di giovani virgulti (…perché a quel tipo di donna piace sempre il caffè… LUNGO (!!!). O donne del popolo che accettano di svezzare sessualmente i figli dei nobili. O ancora finte Marchese che proteggono i figli quarantenni dalle donne in quanto tali.
Donne contro donne, uomini puerili e poco intelligenti contro tutti che tirano calci e pugni al vento.
Davvero un ritratto in bianco e nero della vecchia Italia, evidentemente ancora vivissimo nel primo quarto del terzo millennio dopo Cristo.
E qui c’è poco da discutere: o si accetta seriamente la teoria del Gattopardo, dove tutto cambia rimanendo sempre uguale o si fa finta di ridere di noi stessi facendo finire tutto a tarallucci e vino.
Ed infatti nel pubblico serpeggiano commenti a mezza voce, si alternano applausi imbarazzati a colpi di sonno.
Anche perché la commedia va lunga, le trame sono spiegate all’infinito ma non rappresentate e dopo due ore di sofferenza il popolo auspica solo la fine della commedia.
Qualunque fine purché finisca.
Il buon Luigione Petrocca entra per ultimo sul palco nella sfilata finale degli interpreti con un passo scivolato e un po’ di sguincio alla James Bond.
Si prende gli applausi, guadagna il microfono e chiede al pubblico “Vi è piaciuta la commedia? Un po’ troppo lunga? Ma non siete abituati alle serie TV interminabili?”
Segue una sapiente pausa teatrale…e poi ride da solo della sua battuta.
Noi vorremmo replicare che il grande vantaggio delle serie TV risiede nel telecomando che ti fa saltare i passaggi noiosi, ti fa sospendere per andare in bagno, ti fa togliere la voce se le orecchie si ribellano. Sfortunatamente, in teatro il telecomando non funziona.
Invece soprassediamo, ci alziamo e andiamo a salutare la nostra amica Nadia che interpretava la donna che trama l’intera trama.
Baci, abbracci e complimenti per la trasmissione.
Le risparmiamo la domanda delle cento pistole: “Ma tu, amica Nadia, che sei donna/madre/cristiana/italiana, sei d’accordo con la morale di questa commedia? E soprattutto: qual è la morale di questa commedia?”
Gliela faremo con comodo al prossimo tarallucci e vino.
Un vecchio motto recitava: parlate di me, parlatene contro purché ne parlate, perché se ne parlate vuol dire che esisto.
Dopo aver letto la recensione di questo “signore” sconosciuto, o meglio conosciuto come Mauro, mi sorge uno dei dubbi più atroci, ma chi fa recensioni teatrali conosce davvero il teatro e sa cogliere quello che un’opera trasmette allo spettatore? La risposta è NO. Perché uno spettatore attento ha visto altro, sicuramente ha visto la lungaggine(come la definisce Mauro nel suo pezzo), ma ha colto la risolutezze delle donne nelle decisioni importanti, ha visto la “diversità” con gli occhi degli stolti che guardano al diverso per deriderlo, ha visto la storia dell’uomo che per sete di potere e denaro calpesta la dignità altrui, ha visto attori dilettanti che non avevano mai calpestato le tavole di un proscenio misurarsi nel teatro amatoriale. Ma il “signor” Mauro, in questione aveva altro da guardare, perché probabilmente non è abituato alle opere teatrali dove l’attenzione dello spettatore è il fulcro della questione, e da quello che scrive, si evince che è abituato a vedere le farse rappresentate da attori blasonati che non lasciano spazi a dubbi, perché non raccontano nient’altro che una sana risata. Per quanto riguarda la morale della commedia se non l’ha capita, la prossima volta Le facciamo i disegnini illustrati con la comunicazione facilitata. Signor Mauro As….. per concludere voglio raccontarLe il siparietto tra un attore napoletano e un giornalista durante una conferenza stampa dopo la rappresentazione di una prima teatrale. Il giornalista maldestro, criticava aspramente l’operato dell’attore-regista suscitando la reazione di quest’ultimo che gli rivolse due domande: Lei ha mai recitato? Risposta: no. Lei ha mai diretto un gruppo di 30 persone e le ha portate in scena? Riposta: no. Bene, allora se ha tanta voglia di fare e soprattutto di dimostrare la sua abilità nell’arte del teatro, venga domani sera in sala prove, saremo lieti di apprendere i suoi insegnamenti, ma prima si faccia una attenta lettura dei sacri testi della storia del teatro, non vorremmo si trovasse impreparato
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