si voleva chiamare Cardamom, editoriale di Giusi Sammartino

CARISSIME LETTRICI E CARISSIMI LETTORI
Notizie. Da Roma, da New York, da Bruxelles, dal mondo. E anche oltre la vita. Per una condanna ancestrale
A Roma, nel luogo più bello e più “sacro” dell’antichità, cade una torre. Quella detta dei Conti, tra i due Fori e a un passo, vero, dal Colosseo, simbolo internazionale della città, quasi retorico, nella sua eterna bellezza. La torre, che porta il nome della famiglia nobile di Anagni che inizia a costruirla prima dell’anno mille, doveva essere protetta, puntellata, invece si è sbriciolata, parzialmente, in tre tempi frantumando un sogno e causando un morto, un immigrato romeno qui da tanti anni, donando il suo lavoro, che lo ha ucciso.
A New York un altro immigrato, di origini indiane, nato nel continente più antico, in Africa, e di fede musulmana, diventa sindaco, con i voti dei cittadini e delle cittadine della Grande Mela che ha sofferto la caduta di altre torri, le due “Torri gemelle”, freneticamente piene di vita, anche quel giorno (era l’11 settembre del 2001) e di economia. Zohran Mamdani, il nuovo, giovanissimo, sindaco di New York, non è un “under dog”. E’ figlio di un professore universitario, Mahmmod Mamdani, antropologo, e di una notissima regista, Mira Nair, nota non solo in India per i suoi film celebrati anche nelle sale nostrane: Salam Bombay, Mississipi Masala e il Fondamentalista riluttante proprio sulla vicenda delle Torri gemelle. Il trentaquattrenne neoeletto sindaco festeggia e invita il presidente “re” di uno dei più potenti Paesi del mondo “ad alzare il volume” per sentire meglio le sue parole. Lo votano in tanti e tante, come mai da tempo succedeva. Lo decretano sindaco, per protesta, ma anche con la speranza che le promesse fatte dal giovane trentaquattrenne di origine indiana e con natali africani (nasce in Uganda nel 1991) vengano messe in pratica: dagli affitti calmierati, agli asili per tutti, persino ai mezzi pubblici gratuiti e ai super mercati pubblici, bisogni impellenti di New York. Esigenze fondamentali. E l’ex rapper (si era fatto conoscere con il nome decisamente asiatico di Cardamom) ispira le ire di Donald Trump che lo vede come un comunista tout court che si aggira nella città sua per i natali. Non è il solo. Se la prendono in tanti e tante con la moglie del neosindaco, Rama Duwanji, ventottenne di origini siriane. Le donne che sono vittime troppo spesso di linguaggi e atteggiamenti sessisti. E ci viene in mente la Presidente messicana, “palpeggiata “ per strada e l’elenco delle ingiurie ricevute sui social elencati coraggiosamente dalla sindaca di Genova.
A Roma arriva un uomo dalla Palestina. Sembra una storia sacra di altri tempi. Come primo atto politico Abu Mazen, anziano presidente dello Stato medio orientale, va a visitare la tomba bianca e essenziale del Papa che, primo tra i papi, ha scelto di imporsi il nome di Francesco, il frate diventato da ricco di nascita a povero per la vita tutta, simbolo e quasi metafora di Pace. Anche lui sarà la speranza di una pace futura?
Un giornalista, durante una conferenza stampa in una città inimmaginabile per una qualche possibilità di incontrare una mancanza di democrazia e di libertà di parola, fa una domanda, come detta la sua professione: solo una semplice domanda. Come è stato scritto la sua è “una domanda giusta, ma fatta nel posto sbagliato”. Il giornalista chiede: Se la Russia dovrà pagare per la ricostruzione dell’Ucraina, allora anche Israele dovrà fare la stessa cosa?”. Si chiama Gabriele Nunziati, era in una conferenza stampa a Bruxelles, città che accoglie il parlamento europeo e dopo quella domanda l’agenzia per cui lavorava, la Nova, lo ha licenziato. Un paradosso per la libertà di stampa. Una domanda ritenuta tecnicamente non valida e forse “un direttore che non vuole grane”.
Parlavamo all’inizio di oltre la vita. Ora può accadere in Italia: il corpo che non respira più la vita la continua messo in una sorta di uovo biodegradabile da cui magnificamente emerge con le sue radici un albero. Si formerebbero foreste di ricordo realizzando quel motto alle basi dell’antica filosofia greca che vuole che tutto si trasforma, davvero. E continui a vivere.
Consola la poesia verso la speranza con i versi del grande Ferdinando Pessoa che inviamo al cuore la speranza. Anche quella per la fine delle guerre. E allora dedichiamo ancora versi ai bambini e alle bambine di Gaza. Finche non finisce.
Voglio, avrò di Fernando Pessoa
Voglio, avrò —
se non qui,
in altro luogo che ancora non so.
Niente ho perduto.
Tutto sarò.
Per Gaza. Ancora
Ti hanno uccisa come si uccidono le farfalle,
e l’alba ha pregato per te,
poiché da una fossetta sulla tua guancia sorge il giorno.
Ti hanno uccisa, affinché l’aurora non torni mai più,
affinché restiamo al buio, senza vedere.
Hanno detto che minacciavi il paese
con una cintura esplosiva in vita.
Solo io
sapevo
quanto amavi
le cinture di rose
Haidar al-Ghazali, Il loro grido è la mia voce. Poesie da Gaza, Fazi, Roma, 2025
grazie a tutte e a tutti
a incontrarci e leggerci ancora