bisogna amarsi, editoriale di Giusi Sammartino

CARISSIME LETTRICI E CARISSIMI LETTORI
è nato il mio blog. oggi lo trovate di seguito ma anche andando a gsammartino.it. e cliccando sul titolo di oggi. grazie davvero di cuore
Un piccolo passo. Un primo piccolo passo per continuare. Procedendo nella realizzazione dei nostri incontri di scrittura e lettura. Dando il via per i nuovi progetti, più ampi. Per ora mi incontrerò qui con voi e con tutti e tutte mi confronterò. Proviamoci, insieme, e di questo vi ringrazio e ne sono grata.
Dunque ci siamo. A riflettere concretamente su ciò che accade intorno. Su quello che succede.
Fa impressione pensare che l’Italia rimanga ancora indietro, su tante cose, nonostante le promesse, nonostante i tempi che evolvono. Si respira sempre, mi dispiace, un clima perenne da campagna elettorale che prende il sentore, le fattezze e…le “mosse” di un tifo da stadio che non si addice alla serietà che dovrebbe essere della politica. Presa nel suo significato antico, di come è nata la parola. Politica è il governo della città (e leggiamo Stato) per dare una vita buona (il “buon governo” ricordate, rappresentato anche in tanta arte!) ai propri cittadini e cittadine. Appunto chiamate e chiamati tali.
Provo vergogna e, permettetemelo, anche paura, pensando a ciò che ho letto e sentito dai media in questa settimana. Con mente chiusa, direi bigotta. Con parole e gesti in verità davvero volgarotti e osceni.
Mi vergogno e mi metto paura per i ragazzi e le ragazze che saranno gli uomini e le donne del nostro domani quando la scuola viene umiliata, ancora una volta, dalla politica, o da quella che si fa passare per tale. E qui si parla dell’educazione, compito primo della Scuola, quella con la maiuscola, più o meno presentata come “istituzione”, dunque elemento attivo della res pubblica, della cosa che coinvolge tutti e tutte noi. Educazione letteraria, storica, artistica, scientifica. Ma che deve includere la vita alla quale figli e figlie altrui sono avviati e avviate a scoprire. Ecco: la “scoperta”! A questo deve puntare la scuola. A dare a ciascuna e ciascuno i mezzi, le armi (questa volta quelle positive, costruttive!) per indagare il mondo: esterno a sé e in sé stessi/e, su ciò che entrambi gli aspetti riflettono, reciprocamente. Allora vale l’insegnamento come istruire all’arte di fare in modo che ragazzi e ragazze sappiano “agire autonomamente”. Per questo dovrebbe essere obbligatorio che la scuola, e non unicamente la famiglia che potrebbe non essere preparata a un tale compito, si occupi di educazione all’affettività e di educazione sessuale. Che non è nulla di pruriginoso, ma solo da trasmettere il più presto possibile, modulando e scegliendo i messaggi (e dunque i contenuti) rispetto all’età di chi ascolta. Bisogna chiederlo ai genitori, impone la legge e ne svela una mal comprensione e interpretazione, più o meno pruriginosa. Pensiamoci. Si chiede ai genitori di come comporre la stesura di un programma didattico? Come e se l’insegnante può spiegare Dante o Leopardi, il teorema di Euclide o le gesta, più o meno discutibili, di Giulio Cesare o Napoleone. O del terrore del nazismo e delle guerre, purtroppo appartenenti non solo al passato? Allora perché dovrebbero intervenire in una riflessione sui “fatti” interni, alla mente e al cuore, al modo di percepire il mondo (che è sempre cultura giusto?) a chi, dalla più tenera età, la Scuola è dedicata? Educare ai sentimenti e all’affettuosità significa insegnare a capire la gioia, come la rabbia, a gestirli. Vuol dire imparare il rispetto. Frenare i propri impulsi (che sono immediati) e mediare le risposte alle situazioni, sapendo rispettare, appunto, le esigenze dell’altro e dell’altra. Per questo non riesco a capire il ministro Giuseppe Valditara e la sua ira: una diseducazione ai sentimenti e all’affettività sono il preludio al femminicidio., non c’è alcun dubbio Per educare sono necessarie persone esperte, la famiglia può non esserlo, perché sono essenziali, sempre, in qualsiasi aspetto formativo, persone esperte. Per questo sento disaccordo anche con Massimo Recalcati secondo il quale l’educazione ai sentimenti e al sesso è “cosa” da svolgersi in famiglia. Uno sguardo all’Europa: “Solo per restare in Europa – scrive una rivista che tratta di Scuola – in Svezia l’educazione sessuale è diventata materia obbligatoria, integrata nei corsi curriculari delle scuole, fin dal 1955. L’esempio venne seguito dalla Germania nel 1968, da Danimarca, Finlandia e Austria nel 1970, dalla Francia nel 1998. Anche in Irlanda è obbligatoria dal 2003. In Europa, ad oggi, l’educazione sessuale a scuola non è obbligatoria solo in sette Paesi: Bulgaria, Cipro, Italia, Lituania, Polonia, Romania, Ungheria….Secondo un recente rapporto Unesco – ricorda ancora la rivista – su 25 paesi europei presi in esame sono 10 quelli che possono vantare un programma di Comprehensive Sexuality Education (CSE) curricolare a scuola, ossia percorsi di educazione affettiva sessuale che non si limitino solo a raccontare come funzionano gli apparati riproduttivi e come evitare gravidanze indesiderate o malattie sessualmente trasmissibili. Ma che, al contrario, sviluppano il tema con un approccio che comprende l’educazione alle emozioni, alle relazioni, al rispetto e al consenso. Un’educazione sessuale che ha l’obiettivo di fornire un insegnamento trasversale incentrato sugli aspetti cognitivi, emozionali, fisici e sociali della sessualità, facendo leva sulle materie dei curricula scolastici e non restando solo come insegnamento a sé stante. E, nelle nazioni dove questo avviene, ci sono delle evidenze scientifiche che dimostrano un netto miglioramento della situazione. Laddove i giovani ricevono più informazioni sulla loro sessualità, sulla salute sessuale e sui loro diritti, si riduce l’ansia legata, ad esempio, alla pressione della prima volta a tutti i costi.”. Qui un ricordo, a un anno dalla sua atroce uccisione e ai bordi del processo al suo giovane assassino, a Giulia Cecchettin, alla sua sicura enorme sofferenza e al coraggio del padre e della famiglia a volgere in positivo la loro tragedia per aiutare tutte le donne e, perché no, tutti gli uomini, a riflettere.
Mi vergogno e provo paura a vedere il pianto di una madre che accusa lo Stato, quello che l’accoglie da sempre, il “suo” Stato, che ha visto i natali di suo figlio, Bruno Trentini, colpevole di essere un cooperatore internazionale, (dunque di “lavorare” in aiuto a chi su questa terra è in difficoltà per colpe non commesse) di averla abbandonata e di aver dimenticato di esigere dallo Stato venezuelano la liberazione di suo figlio da un carcere chissà come duro e immotivato. Una sofferenza chiamata in comune con altri genitori. Come quelli di Giulio Regeni, lui ucciso, solo, in un Paese lontano, l’Egitto, per cause ancora ignote, a cui non si è data giustizia, nonostante gli anni, tanti e direi troppi, passati.
Mi vergogno davvero tanto della volgarità. L’oscenità senza senso di una politica non solo poco accogliente (un’accoglienza dettata da principi costituzionali), ma che si esprime in toni volgari, sotto la soglia della rispettabilità. non solo verso altre religioni, altri credi, ma anche verso altre persone che devono rimanere tali. Anche quando infrangono le leggi del Paese accogliente. Per questo ci sarebbero i giudici e si discuterebbe nei tribunali. La politica, le donne e gli uomini che la praticano (ancora tanti, soprattutto se si includono le donne che hanno ancora una mentalità del patriarcato) non possono esprimersi volgarmente e non da…mercato rionale. Tra rosari e crocifissi in mano branditi come i tempi di una nuova Inquisizione. Di poca cosa, ma grave la scena, patetica, di Napoli, la città dell’Illuminismo, dove, su quel palco (e invero, anche nella platea) si è stravolto il concetto di avversario/a che non corrisponde a nemico/a che si deve tristemente abbattere e non portatore di un dibattito. Che vuol dire costruzione.
Educazione all’affettività è amicizia, è amore. Sentiamo la poesia. Di nuovo l’amatissima Emily Dickinson che nella sua solitudine sapeva donare parole immense
Se io potrò impedire
a un cuore di spezzarsi
non avrò vissuto invano.
Se allevierò il dolore di una vita
o allevierò una pena
o aiuterò un pettirosso caduto
a rientrare nel nido
non avrò vissuto invano!
L’oggi è lontano dall’infanzia
ma su e giù per le colline
tengo più stretta la sua mano
che accorcia tutte le distanze!
I piedi di chi cammina verso casa
vanno con sandali più leggeri!
Una donna anche per Gaza che ancora soffre, oggi con il nemico del freddo, delle piogge e del vento. Come in Ucraina. Come in tutte le guerre.
L’autrice è Heba Abu Nada, uccisa il 20 ottobre 2023 a Khan Yunis, da un bombardamento
15/10/2023
Noi lassù costruiamo una seconda città,
medici senza pazienti né sangue,
insegnanti senza aule gremite e urla agli studenti,
nuove famiglie senza dolori né tristezza,
e giornalisti che fotografano il paradiso,
e poeti che scrivono sull’amore eterno,
tutti da Gaza, tutti.
Nel paradiso c’è una nuova Gaza che si sta formando ora, senza assedio.
Grazie per la lettura a tutte e tutti. Aspetto i vostri commenti, sempre cari.