Il giardino dei nani solitari, di Gian Luca Campagna, Arkadie editore 2025, recensione di Daniela Domenici

Superlativamente splendido, magico, struggente, picaresco, donchisciottesco, epico, commovente, ironico: incipit iperbolico per questo romanzo di Gian Luca Campagna che mi ha fatto perdutamente innamorare di Josè, Mohamed, Latifa e Monica e che mi ha lasciato sorrisi nel cuore e nell’anima.
Campagna ha immaginato, in un’estrema sintesi che non rende merito all’opera, che Josè Cavalcanti, un detective privato di origini argentine, si trovi a Ceuta, città autonoma spagnola situata nel Nordafrica e circondata dal Marocco; lì incontra un ragazzino e una ragazzina, Mohamed e Latifa, profughi di guerra, e decide, in base al loro racconto, tra molti dubbi e incertezze, di accompagnarli con il suo sidecar Ural a Roma per ricongiungersi ai loro genitori. Dall’Africa a Barcellona, dove incontrano Monica che si aggrega alla comitiva, e poi a Marsiglia, Mentone, Genova, Rosignano, Saturnia e infine la capitale. Soltanto alla fine di questo incredibile, straordinario viaggio, a Roma, Josè saprà la vera storia di Mohamed e Latifa e dovrà prendere una decisione.
L’autore ci accompagna, con superba maestria, attraverso i vari luoghi, descrivendoli con dettagli artistici e culinari pieni di amore; ogni tappa di questa moderna odissea, collocata storicamente durante la pandemia, è un arricchimento per chi legge; lo stile è magistrale, denso di dialoghi e di neologismi, mai una sbavatura: standing ovation!