accadde…oggi: nel 1926 nasce Joan Sutherland
2010 – Nel giorno in cui la lirica ricorda il 127esimo compleanno di Giuseppe Verdi, il 10 ottobre u.s., si è spenta un’altra stella del firmamento operistico: il soprano australiano Joan Sutherland, “La Stupenda”, come i melomani amavano chiamarla. Un soprannome che le venne dato dopo l’esecuzione alla Fenice di Venezia nel 1960 dell’“Alcina” di Haendel, per la bellezza del suo timbro e la straordinaria agilità della sua voce.
Si è spenta all’età di 83 anni a Les Avants, vicino a Montreaux in Svizzera, dove si era ritirata con il marito Richard Bonynge, direttore d’orchestra, australiano come lei, dopo aver abbandonato le scene 20 anni fa.
Dal suo debutto agli inizi degli anni Cinquanta, con la sua voce e la sua tecnica non ha mai smesso di stupire il pubblico, soprattutto a partire dalla “Lucia di Lammermoor” di Gaetano Donizetti, a Londra nel 1959 con la regia di Franco Zeffirelli e la direzione di Tullio Serafin, che la lanciò nel firmamento delle grandi dive dell’opera e la lanciò in una carriera lunga oltre quarant’anni.
Con lei, la natura è stata generosa perchè l’ha dotata di una voce caratterizzata da un bellissimo timbro, prodigiosa omogeneità, notevole volume e straordinaria estensione.
Il suo talento era supportato da intelligenza e volontà che le hanno consentito, attraverso lo studio rigoroso e continuato, di raggiungere una tecnica sopraffina che le consentiva l’esecuzione di sopraccuti limpidi e penetranti e agilità perfette, un controllo dinamico assoluto e un legato da manuale.
I primi anni la vedono affrontare una vastità di ruoli. Spaziando da Mozart a Wagner, da Haendel a Henry Purcell, da Donizetti e Rossini, da Verdi a Puccini, senza dimenticare l’opera francese, la Sutherland era a suo agio nel repertorio drammatico come in quello comico, grazie anche al carisma e alla presenza scenica.
Insieme al mezzosoprano Marilyn Horne, Joan Sutherland è stata anche la protagonista della cosiddetta “Rossini Reinassance”.
Guidata nelle scelte dal marito, si è concentrata sul melodramma italiano della prima metà dell’Ottocento. Grazie a lei sono tornati in repertorio capolavori e opere meno conosciute, spesso non più rappresentate. Il debutto alla Scala è del 1961, con la “Beatrice di Tenda” di Vincenzo Bellini, altra opera all’epoca quasi ignorata.
Sempre insieme al marito contribuì anche a lanciare il giovane Luciano Pavarotti, infatti, il tenore al tempo non era molto conosciuto, ma Bonynge lo scritturò per delle tourneè con la moglie, per due motivi: per la bella voce e per la stazza adeguata all’altezza del soprano australiano.
Pur soprannominata “la Stupenda“, non cedette mai il passo al divismo e si concentrò esclusivamente sul suo lavoro.
La sua voce ora continuerà a risuonare armoniosa tra il coro degli angeli.
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