accadde…oggi: nel 1724 nasce Diamante Medagli Faini, di Ariane Dröscher

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Figlia del medico bresciano Antonio Medaglia e di Annunziata Gnecchi di Casto, Diamante fu educata dallo zio, mostrando una predilezione per la letteratura e specialmente per la poesia cinquecentesca. Iniziò a comporre sonetti e madrigali che suscitarono l’attenzione dei letterati locali e che le aprirono le porte ai salotti e alle accademie del luogo.

Nel 1748 il padre, a disagio per l’attività poetica e la popolarità della figlia, la diede in sposa al giovane medico Pietro Antonio Faini. I due si trasferirono nella vicina Salò, sulle rive del Garda. Il matrimonio, pur senza figli, portò un decisivo cambiamento nella vita di Diamante Medaglia che fu costretta a interrompere la produzione di versi d’amore che l’avevano resa famosa. Si limitò a poesie più “adatte” ad una donna. Compose, di fatto, una folta raccolta di versi per matrimoni, investiture e altre occasioni sociali. Fu eletta socia delle Accademie degli Agiati di Rovereto (1751), degli Orditidi Padova e, con il nome Nisèa Corcirense, dell’Arcadia di Roma (1757). Tuttavia, la negata libertà di espressione e la crescente insoddisfazione con la propria produzione poetica culminarono il 5 maggio 1763 nell’orazione pubblica davanti all’Accademia degli Unanimi e nel 1764 in un amaro sonetto autobiografico, Protesta di non voler più componere in Poesìa, ma che vuol attendere con Euclide a studj più serj. Questo fu l’ultimo sonetto che compose, nel quale non nascose la sua frustrazione di essersi dovuta piegare alle convenzioni del suo tempo:

«Io che finor tanti ad altrui richiesta
Fatti ho sonetti, stanze, e madrigali
Per medici, per sposi, per legali,
E per chi cinse velo, o sagra vesta:

Nò più non voglio rompermi la testa
Senza profitto, e dietro a cose tali
Gettar il tempo; che di mover l’ ali
A più alto segno in me desìo si desta.»

[Medaglia Faini, 1774, Sonnet 122, p. 251]

Almeno cinque anni prima di quel clamoroso annuncio pubblico, Medaglia Faini si era già messa alla ricerca di nuove frontiere intellettuali, interessandosi di scienze e filosofia naturali, in particolare di matematica, astronomia e fisica. Espresse apertamente la sua ammirazione per Cristina Roccati (1732-1797), anch’essa poetessa, ma per di più laureata in filosofia e lettrice di fisica newtoniana all’Accademia dei Concordi di Rovigo. Altra sua fonte di ispirazione, pur non citandola mai, fu probabilmente il Newtonianesimo per le dame di Francesco Algarotti. Infatti, in questa opera, che vide tra il 1737 e il 1764 sei edizioni ed è oggi considerata opera di spicco dell’illuminismo letterario e della divulgazione scientifica del Settecento, Algarotti descrisse la conversione di una marchesa dalla poesia alla fisica sperimentale.

Per realizzare ciò che lei considerava la sua “seconda carriera”, a quarantuno anni Diamante Medaglia prese lezioni di filosofia, storia e francese dal reverendo Domenico Bonetti di Volciano. Poi si recò dal conte Giambattista Suardi (1711-1767), autore dei Nuovi istromenti per la descrizione di diverse curve antiche e moderne (1752) e dei Trattenimenti matematici (1764). Visse tre mesi con lui e sua moglie Cecilia Curvi nella loro villa di Brescia per studiare in particolare gli Elementi di Euclide. Purtroppo, la sua carriera scientifica non ebbe il tempo di svilupparsi. Frequenti malattie e crisi depressive la costrinsero a rimanere rinchiusa in casa. Inoltre, la prematura morte di Suardi la privò del suo tutore. Pochi anni dopo, il 13 giugno 1770, Diamante Medaglia morì nella sua villa di Salò alla giovane età di quarantasei anni. Alla sua morte l’Accademia degli Unanimi tenne una pubblica orazione funebre