una bevanda divina, l’origine della birra, di Giovanna Martorana

Una bevanda divina. L’origine della birra

Sin dagli albori della civiltà, la storia della birra ha accompagnato tutti i popoli adattandosi ai gusti e alle culture che si sono succedute secolo dopo secolo, e ancora oggi continua a essere la bevanda per ogni giorno dell’anno e per tutte le occasioni.
Le sue radici risalgono a oltre settemila anni fa: vi sono tracce in Mesopotamia e nell’antico Egitto, denominata Zythum; era una bevanda sacra utilizzata nei rituali funebri, era legata alla sacralità della vita umana e del naturale scorrere delle stagioni. Nella mitologia sumera la dea dell’Amore e della fertilità Ištar pare traesse la sua forza dalla birra, mentre in quella egizia se ne attribuiva la creazione a Iside e Osiride, per questo era spesso utilizzata nei riti funebri, nella preparazione di unguenti medicinali e sacri, che ne diffusero l’uso nella farmacopea.

La Grande Lira si trova nella Tomba del Re.
Questa immagine è stata migliorata fotograficamente

Produrla era prerogativa dell’universo femminile: era un “lavoro da donne”, lavoro di cucina tant’è che nel corredo della sposa mesopotamica non mancava il necessario a questa finalità. Per sua natura la birra è accomunata alle messi e quindi alla fertilità della terra, infatti tutte le divinità a esse connesse, in Medio Oriente e in Egitto, erano femminili. Si ricordano le celebri Ninkasi e Nidaba, di cui l’archeologia ci ha restituito un Inno risalente a 3900 anni fa inciso su una tavoletta d’argilla, appartenuta al popolo Sumero, una vera e propria ricetta per la produzione della birra, dedicata alla dea Ninkasi, letteralmente «Signora che produce la birra», che recita:
«Tu sei colei che cuoce il bappir nel grande forno, e ordina le pile di cereali mondati. Tu sei quella che bagna il malto steso a terra, tu sei quella che mette a mollo il malto in un vaso. Tu sei quella che stende la pasta cotta su grandi stuoie di canne, tu sei colei che tiene con entrambe le mani il mosto dolce. Quando dalla vasca si versa la birra filtrata, è come le onde del Tigri e dell’Eufrate».
Era la bevanda più popolare tra i Galli, il popolo che abitava l’odierna Francia nel periodo romano, come dimostrano anche i fumetti di Asterix. Nel Medioevo divenne una prerogativa delle abbazie, ancora oggi le birre “trappiste”, dal nome di un ordine dei frati, sono molto popolari. Anche i conventi femminili erano attivi, si ricorda la badessa benedettina Hildegard von Bingen, che, grazie alla sua genialità e agli studi approfonditi sulla natura che la circondava, raccolse nell’opera Libro delle creature l’analisi del suo studio realizzato come fosse un’enciclopedia, in cui i testi raccontano il mondo vegetale, minerale e animale, correlati da fotografie per meglio comprendere e dare maggiore valore a tutto ciò che esiste in natura. Tra queste una pianta spontanea infestante, presente nei boschi della valle del Reno, il luppolo, un conservante naturale che per la sua amarezza, blocca la putrefazione di certe bevande alle quali si aggiunge per conservarle più a lungo e tuttora utilizzato nella produzione della birra, proprietà fondamentale indipendentemente dalle caratteristiche amaricanti e aromatizzanti. Gli studi su questa pianta sono stati fondamentali e determinanti per il mondo della birra e per il futuro della bevanda più antica del mondo.

Codice di Hammurabi

A Salerno il 17 settembre di ogni anno si svolge una manifestazione dedicata a Hildegard von Bingen e alla sua figura, la scelta del luogo non è casuale visto che la badessa tedesca ha iniziato i suoi studi partendo dai libri della Scuola Medica Salernitana. Le donne oltre che produttrici erano anche consumatrici: sin dall’antichità la birra è stata considerata bevanda corroborante in gravidanza e puerperio; presso i coloni americani era d’uso quando una donna rimaneva incinta produrre la groaning beer – “birra del lamento”, che sarebbe stata pronta per l’appunto nove mesi dopo.
L’archeologia, ancora una volta, fornisce interessanti e importanti notizie riguardanti la produzione e il consumo di bevande a base di cereali fermentati, molto apprezzate dalle popolazioni del Vicino Oriente, ritrovamenti sono stati effettuati in Iraq, nell’area siro-palestinese, e in Egitto. I resti più antichi risalgono alle culture sumera e mesopotamica, tuttavia Peter Damerow, uno storico della scienza esperto di scrittura cuneiforme presso l’Institute Max Planck di Storia della Scienza a Berlino, pubblicato per la prima volta nel 2012 nel Cuneiform Digital Library Journal, nonostante i suoi sforzi nel raccogliere informazioni da varie fonti, non è riuscito a trarre conclusioni definitive sulle tecniche di produzione della birra dei Sumeri a partire dai reperti della Mesopotamia. Forse perché la conoscenza limitata di tali processi rende impossibile affermare con certezza che la bevanda fermentata a base di cereali contenesse alcool. Damerow ha sottolineato che, nonostante i testi antichi contenessero registrazioni delle consegne di birra fatte con farro e malto, non offrivano dettagli specifici sulle procedure per la produzione della birra. Questo potrebbe essere dovuto al fatto che i documenti amministrativi erano destinati a un pubblico che già conosceva i dettagli del processo di produzione.

Inno di Ninkasi

Tra i rinvenimenti si ricordano il Codice di Hammurabi, rinvenuto in Mesopotamia e risalente al XVIII secolo a.C., una fra le più antiche raccolte di leggi scritte, in cui sono indicate le regole per l’attività di vendita della birra e le punizioni per le discussioni che potevano avvenire all’interno delle taverne in cui era consumata la birra. In Egitto, all’interno di una tomba datata alla Media Età del Bronzo è stata rinvenuta una sorta di bottiglia con iscritta la parola birra, ancora a Saqqara, all’interno della tomba di Ti, è stato rinvenuto un pannello con rappresentata la scena di produzione della birra. In Gran Bretagna è stata trovata una tomba risalente all’età del Bronzo con i resti di un uomo inumato in posizione fetale, con le ginocchia all’altezza del petto, e con esso sono stati trovati diversi oggetti, tra i quali un recipiente che gli archeologi hanno riconosciuto come boccale da birra. In ambito greco-romano, la birra era considerata la bevanda dei più poveri e dei barbari, per quanto durante l’impero romano fossero note e apprezzate le varietà galliche e ispaniche; sappiamo da Plinio e Diodoro Siculo che la birra era consumata sul posto e non veniva trasportata sulle navi, perché l’alto costo del trasporto non era compensato dalle spese di vendita, in quanto la bevanda si vendeva a un prezzo da due a quattro volte inferiore a quello del vino di infima qualità.

Donna egiziana che filtra il pane d’orzo per fare la birra. Figurina.
V dinastia. 2400 a.C.

Per quanto riguarda il nord Europa, sappiamo che nella cultura Vichinga, la bevanda era collegata a Odino, che in base alla leggenda ne permise l’invenzione grazie alla sua “saliva fermentante”, che avviò la produzione sotto le cure di una donna; le antiche tradizioni irlandesi, spesso confuse e intrecciate, innalzarono la birra a bevanda magica, fonte di invincibilità ed eterna giovinezza, elemento indispensabile e divino per il successo in battaglia; le leggende finlandesi attribuirono la nascita della birra a Osmotar o Kapo – figlia dell’epico Kaleva, progenitore e patriarca della stirpe finnica – la dea finlandese della birra e una birraia, conosciuta per aver inventato il processo di fabbricazione della birra; ella compare in un poema epico composto da Elias Lönnrot il Kalevala “Terra di Kaleva” la Finlandia nella metà dell’Ottocento, nel XX canto e in una coinvolgente favola in cui si descrive la scoperta della fermentazione. In Lituania, invece, la birra era simbolo di fertilità ed era tradizione che ogni anno la ragazza più alta del villaggio, con un rito particolare, offrisse birra al dio Vaizganthos.
Le funzioni divine e magiche della birra trovarono massima esaltazione e, paradossalmente, anche declino con gli studi alchemici: fu Basilio Valentino, un monaco benedettino tedesco, uno dei più grandi alchimisti della storia, a studiare come estrarre, distillare e concentrare la forza vitale dei cereali e della natura in forma di bevanda, capace di amplificare e dare forza allo spirito umano.

Il processo produttivo della birra
(https://www.easybrau-velo.com/2018/11/09/impianti-per-birra-artigianale-processo-produttivo-birra/)

Oggi la birra è prodotta industrialmente ed è passata in mano maschile, il suo consumo è aumentato smisuratamente, tuttavia i birrifici artigianali hanno dato sprone all’imprenditoria femminile in questo settore, soprattutto nella produzione, marketing, comunicazione e altro. Anche negli Stati Uniti, alla fine degli anni Novanta, con la costante crescita della birra artigianale, le donne sono tornate a fare la birra; oggi l’associazione Pink Boots Society riunisce più di 2500 donne che lavorano nel mondo della birra. Anche in Italia sono nate associazioni di donne che uniscono le loro forze nella promozione e valorizzazione della birra artigianale e nel 2015 a Genova è nata l’associazione Le Donne della Birra, che conta oltre un centinaio di socie tra birrarie e altre professionalità. La passione e la devozione di molti e molte birrofili/e nei confronti della birra e di tutte le sue sfaccettature è giustificata dalle sue origini, che risalgono ai tempi più remoti dell’umanità, e dalla sua evoluzione nei secoli.