pa-c’è, di Loredana De Vita

Schiacciata dal fragore dell’odio la vita ha perso il suo suono.
Non parla la vita quando la voce dei fragili è oppressa dal potere inconsulto e compulsivo della violenza.
Dobbiamo restituire alla vita la sua voce, lasciare che il suo messaggio fluisca libero e sappia ancora pronunciare in tutte le lingue di ogni mondo la parola pace.
Pace, che bella parola, ma l’abbiamo svuotata di ogni sentimento. Pace, radice latina pax che a sua volta deriva dall’indoeuropea pak o pag che significa patto, accordo… è quello che ci manca, la capacità di costruire accordi, patti, alleanze umane a favore di ogni uomo e non contro tutti o ciascuno di essi, di noi.
Pace, suono mistico, pieno, sonoro, fragile, acuto. Suono da scandire in sillabe pa-ce come ritmo di tamburo che asseconda il battito del cuore.
Pace… pa-ce… pa-c’è…
Pa-c’è, invenzione di un cuore che soffre, sogno di un’immagine che confermi la pienezza di un bisogno universale degli uomini e di ogni creatura e di tutto il creato visibile e invisibile.
È così che voglio pronunciare il suo nome, pa-c’è, immaginando di poter rendere realtà questo sogno di pace.
Pa-c’è, la pace c’è, deve esserci, perché è quello di cui tutti necessitiamo per vivere, per sperare, per realizzare i frutti della nostra intelligenza, le passioni dei nostri cuori nati per amare e non per odiare.
È così, pa-c’è, che vorrei che tutti potessimo pronunciare questa parola determinandone così l’esistenza poichè tutto ciò che si nomina esiste e bisogna averne cura. Pace non come un grido contro l’altro, ma nella consapevolezza che pace è tutto ciò che serve alla vita, pace è la voce del suono della vita.