“Foglie al vento” di Aki Kaurismaki, solitudini che si incontrano in Finlandia, recensione di Valeria Vite

“Foglie al vento” di Aki Kaurismaki, solitudini che si incontrano in Finlandia

Un uomo e una donna, discretamente gradevoli di aspetto ma piegati dagli anni e da svariate difficoltà lavorative, si rincorrono nella metropoli di Helsinki per sentirsi meno soli, in uno straniante film del regista finlandese Aki Kaurismaki, dal sapore punk e vintage. Foglie al vento, ha un titolo che involontariamente evoca i versi di Ungaretti “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”, di Omero e di Dante: la vita dell’uomo sarebbe infatti precaria come una fragile foglia in balia delle correnti d’aria; è proprio la poesia che insegue il regista con i suoi dialoghi stranianti nella comicità e le inquadrature liriche, pur rappresentando la miseria della realtà.

Non aspettatevi la classica storia d’amore, perché i protagonisti non sono Romeo e Giulietta: iniziano ad essere un po’ attempati, soffrono di solitudine, perdono più volte il lavoro e lui soffre di alcolismo. Eppure si cercano, si inseguono tra mille peripezie perché il destino li separa, sino all’avvento di un inaspettato happy end. La vicenda è ambientata nel 2024, nonostante ciò la scenografia e i costumi hanno un sapore un po’ vintage, forse a causa delle enormi radio retrò che trasmettono notizie dalla guerra in Ucraina, che sta provocando non pochi problemi alla limitrofa Finlandia.

Il marchio di fabbrica del regista sono i dialoghi: pungenti ed intrisi di dark humour, eppure stranianti, apatici, artificiosi, lenti, intrisi di silenzio, ma proprio per questo comici. Alcuni registi scelgono una recitazione che comporti l’immedesimazione dello spettatore, ma Kaurismaki mantiene il suo pubblico a distanza con un ritmo lento, che induce alla riflessione. Ciò non toglie che il film abbia il sapore della commedia, pur avendo uno stile radicalmente differente dalla commedia all’italiana.

La fotografia è realista perché immortala lo squallore della realtà e, in particolare, della vita lavorativa dei più umili, delle repartiste dei supermercati, delle lavapiatti, dei muratori e dei disoccupati. Saba è riuscito a creare una rima con “amore” e “friggitore”, allo stesso modo il regista incanta con della carne sottovuoto trasportata dal rullo delle casse, oppure da alcune foglie secche che volano, con il lento e faticosissimo lavoro dei muratori. Ogni cosa può essere poesia, il bello si nasconde negli oggetti più umili.