Di cibo e di amore, di Marta Ajò, Graphofeel edizioni 2024, recensione di Daniela Domenici

Semplicemente struggente, dolorosamente vero, questo e tanto altro è “Di cibo e di amore” di Marta Ajò che tratta il tema dell’anoressia con profonda competenza e tanto amore verso una madre e una figlia che affrontano questa malattia, una sfida tremenda nella vita di queste due donne che cercano di non farsene uccidere.

Straordinariamente brava l’autrice a descrivere questo confronto impari tra di loro da cui ognuna vorrebbe uscire vincente o, almeno, provare a sopravvivere; è “un romanzo forte e delicato, pervaso di intelligente ironia, percorso da dialoghi serrati, aneddoti vividi, consapevolezze profonde e scoperte inaspettate” come si legge in quarta di copertina. Chi è madre si riconoscerà nei dubbi e nelle incertezze di questa donna che vive con i sensi di colpa verso la propria figlia per gli eventuali errori commessi nella sua educazione “facevo i conti con tutta la mia impreparazione al mestiere di madre perché madri non si nasce. Né basta partorire per esserlo. Ero madre, ero persona. Ho cercato di far convivere queste parti di me che spesso si sono trovate in conflitto e in contraddizione.

Oltre al rifiuto del cibo la figlia ha anche quello del dialogo, è mutacica, sia durante i tanti ricoveri che quando è a casa, dolore su dolore, e così conclude la madre “ho assistito a ricoveri forzosi, inevitabili. Ho incontrato medici e infermieri generosi, altri inadeguati, indifferenti. Madri sfinite, sorelle premurose, famiglie smarrite. Un mondo sconosciuto se proprio non ci si deve entrare, che non s’immagina quanto sia vasto e al quale si finisce con l’appartenere; ci vuole tanta resistenza e non ammalarsi empaticamente”; e noi la ringraziamo di vero cuore per averci fatto entrare in questo mondo che spesso dimentichiamo che esista, eppure è molto più vicino a ognuno/a di noi di quanto immaginiamo, specialmente tra gli/le adolescenti e soprattutto dopo l’isolamento dovuto alla pandemia: bravissima!