un personaggio storico da rivalutare, Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, di Maria Chiara Pulcini

Un personaggio storico da rivalutare. Virginia Oldoini, contessa di Castiglione
Social butterfly, modaiola, avanguardista, amante di imperatori e re, spia e agente segreta: sono molte le facce di Virginia Oldoini, contessa di Castiglione, uno dei nomi meno noti del Risorgimento italiano e non perché le sue gesta non siano state significative per il processo di unificazione. C’è stata anzi una conscia decisione degli storici — e anche delle storiche, in parte — di nascondere il contributo che Oldoini diede al suo Paese vista la natura di quel contributo, che le valse l’ignobile soprannome di “vulva d’oro” e un tentativo mal riuscito di damnatio memoriae.
Virginia Oldoini nasce il 23 marzo 1937 a Firenze da Isabella Lamporecchi, figlia del giureconsulto Ranieri. Il padre, Filippo Oldoini Rapallini, è un ambizioso ma sfortunato politico che non nutrì mai particolare affetto per la bambina, sempre più interessato alla propria carriera. Così la piccola Virginia, descritta fin dalla più tenera età come di una bellezza straordinaria, cresce sotto l’influenza della madre, una donna colta ma molto scaramantica, in un ambiente cosmopolita che le permette di acquisire velocemente la maestria di inglese, francese e tedesco: nel salotto materno passano figure come Luigi Bonaparte, il futuro Napoleone III imperatore di Francia, e sua cugina Matilde, che le sarà amica e consigliera; Alexandre Colonna Walewski, figlio naturale del generale Napoleone I e futuro ministro degli esteri francese; il tenore Giuseppe Piantowski, che sarà suo consigliere nella futura avventura parigina.
In casa Oldoini passa pure uno dei protagonisti del Risorgimento: Camillo Benso conte di Cavour è infatti suo cugino da parte di padre, una parentela che segnerà il destino di Virginia. La marchesina cresce nello sfarzo, viziata dai genitori e oggetto di assidui corteggiamenti — anche da parte di uomini molto più grandi di lei — esperienze che modelleranno il suo carattere rendendola orgogliosa e vanitosa, assai cosciente di sé, delle proprie capacità e del potere che la sua bellezza le garantisce sulle persone.
Su consiglio di Massimo d’Azeglio, influente politico che aveva preso Filippo Oldoini sotto la propria ala protettiva, Virginia sposa il conte di Castiglione Francesco Verasis, recentemente rimasto vedovo e più vecchio di lei di dieci anni. La giovane mette subito in chiaro al futuro consorte di non essere innamorata di lui ma questi, pensando che avrebbe cambiato idea, procede comunque con le nozze che avvengono il 9 gennaio del 1854, quando Virginia ha appena 17 anni; la coppia si trasferisce a Torino e dopo un anno nasce il loro unico figlio, Giorgio. È questo anche l’anno in cui la contessa viene accolta nel mondo dello spionaggio del Regno di Sardegna, uscito vincitore dalla guerra di Crimea ma non ancora trionfante: a fare il suo nome al re Vittorio Emanuele II è lo zio di lei Giuseppe Cigola, generale e aiutante del sovrano, che funge da intermediario tra i due fino a organizzare un incontro in cui viene assoldata per favorire, in ogni modo possibile, il ruolo del Piemonte nelle trattative di pace.
Con questa missione i coniugi Verasis partono alla volta di Parigi all’inizio del 1856. Virginia Oldoini diventa fin da subito la stella della capitale francese, la sua bellezza e caparbietà la pongono al centro dell’attenzione di tutti e tutte compresa quella di Napoleone III. «Riuscite, cara cugina. Usate tutti i mezzi che vi pare, ma riuscite» si legge in una lettera di Cavour, parte di quel poco del carteggio della contessa che ci è rimasto — ma della questione delle carte di Virginia Oldoini parleremo in un prossimo articolo. Per adesso basti sapere che, pur non avendo notizie certe su cosa esattamente la bella donna abbia fatto per ingraziarsi l’imperatore, sappiamo però che ha funzionato: il piccolo regno piemontese viene invitato al tavolo delle trattative in un ruolo di assoluta parità con le altre superpotenze da Napoleone III in persona, nonostante le proteste dell’Austria. Un ruolo che la storia ha voluto sminuire a tutti i costi, cercando di dare il merito della manovra soltanto alle capacità diplomatiche di Cavour e alla presunta benevolenza di Napoleone III — il nomignolo di “vulva d’oro”, tuttavia, è rimasto.
Alla chiusura del congresso di Parigi Cavour ha ottenuto solo una parziale vittoria sulle sue iniziali rivendicazioni: il sangue piemontese versato in Crimea non è stato ripagato da un ampliamento territoriale, ma è riuscito comunque a porre all’attenzione d’Europa la questione italiana e l’ingerenza austrica sulla penisola.
Segretamente, poi, i rapporti con Napoleone III sono eccellenti, mediati da Oldoini che da lì a poco ne diventa amante — Francesco Verasis, nel frattempo, deluso e amareggiato, è tornato a Torino assieme al figlio, separandosi formalmente dalla moglie. Il suo nuovo ruolo nella corte imperiale consente a Oldoini di mantenere uno stile di vita dispendioso e lascivo: non fa nulla per nascondere la relazione con enorme disappunto dell’imperatrice Eugenia, che ha da poco dato alla luce l’erede al trono. È forse proprio Eugenia la mente dietro i fatti di avenue Montaigne: durante una visita notturna presso la residenza della contessa Napoleone III viene aggredito da un certo Cappellani, legato alle reti di Giuseppe Mazzini. Oldoini viene inizialmente accusata di essere coinvolta nell’attentato per poi essere rilasciata, ma la relazione con Napoleone III è ormai compromessa. Caduta in disgrazia anche finanziaria, la contessa si rifugia da una coppia di amici — i coniugi Holland — a Londra, per poi tornare in Italia dove vive per un po’ in solitudine, perseguitata dalle voci e dalle ingiurie per i fatti di Parigi.
Allo scoppio della Seconda guerra di indipendenza Oldoini si alterna tra la Francia e l’Italia, tenuta sotto stretta sorveglianza dalla polizia segreta dei due Paesi, sfruttando le sue altolocate conoscenze per giocare in Borsa e ottenere così grosse fortune. Nel frattempo la sua lista di amanti si allunga, annoverando Vittorio Emanuele II; il generale Cigala, che l’aggiorna sui movimenti delle truppe permettendole di giocare in Borsa in modo sicuro; Eugenio principe di Carignano; Ferdinand de Lesseps, l’imprenditore che costruirà il Canale di Suez; Piantowski, che riesce a farla rientrare alla corte imperiale francese mettendola in contatto con il consigliere spirituale dell’imperatrice, Bernard Bauer.
Francesco Verasis muore nel 1867 a seguito di una caduta da cavallo; rimasta vedova e senza compiangerlo molto, la trentenne contessa rafforza il legame con l’ormai re d’Italia Vittorio Emanuele II, vedovo, che in quel periodo ha intenzione di sposare l’amante di lunga data Rosa Vercellana, una popolana che gli ha già dato due figli e che diventerà poi sua moglie morganatica. Rimasta profondamente turbata dalla fine della relazione con il re Oldoini si ritira nella sua La Spezia e poi a Parigi, appena in tempo per essere travolta dagli eventi della Comune a seguito dell’umiliante sconfitta francese contro la Prussia nel 1870. Riesce a fuggire in tempo e a tornare a La Spezia, da dove intrattiene un fitto rapporto epistolare con il papa Pio IX col fine di impedirgli di fuggire da Roma, che da lì a poco sarà conquistata dal Regno d’Italia e resa capitale. Contemporaneamente viene assoldata da Adolphe Thiers affinché attivi la sua rete di conoscenze per convincere il cancelliere prussiano Otto von Bismark ad accettare l’armistizio e non entrare con l’esercito a Parigi; impresa che riuscirà.
Nel 1872 Oldoini perde la madre, il primo segno del declino. Tornata nella Francia della Terza repubblica, nonostante i buoni rapporti con quello che è ora il primo ministro Thiers, si impegna per la restaurazione della monarchia, inutilmente. Nel 1876, a seguito di un litigio col figlio Giorgio che porta a una rottura insanabile, la contessa si ritira a vita sempre più privata, perseguitata dai creditori che le chiedono conto dei debiti dei genitori e di quelli da lei stessa contratti. Lo sfiorire della sua bellezza dovuto all’età la sconvolge, portandola a essere paranoica e gelosa delle sue carte, che saranno oggetto di diversi furti nel corso del tempo. Rimasta con poche amicizie, Virginia Oldoini muore di apoplessia cerebrale il 28 novembre 1899, a 62 anni, e viene sepolta nel celebre cimitero Père-Lachaise a Parigi.
Protagonista del suo tempo e con un ruolo non da poco nello scacchiere risorgimentale, quello che rimane oggi della contessa di Castiglione è assai scarso: la storiografia è stata con lei impietosa, il suo essere una spia e soprattutto come essa ha compiuto il suo lavoro impediscono di annoverarla tra le Madri della patria.
Eppure, la cura con il suo carteggio è stato distrutto dimostra che il suo ruolo non può essere stato minore o insignificante, come si è cercato di sostenere per decenni.
A ormai più di un secolo di distanza, è tempo di rivalutare la figura di Virginia Oldoini, andando oltre qualche umiliante soprannome e ricordarla non solo per il suo essere stata l’amante di tanti, ma anche per la sua influenza nel campo della moda, della fotografia e della politica.un p