elogio della cultura, editoriale di Giusi Sammartino
Carissime lettrici e carissimi lettori,
si potrebbe cominciare sognando. Se, per esempio, si venisse a sapere che dalla politica arrivi la proposta di un rilancio della cultura con grandi investimenti mirati. «Evviva il teatro!» si esclamerebbe con Stefano Pironti, da sempre persona di teatro e fotografo, che su un social scrive: «Che cosa meravigliosa sarebbe leggere in qualche programma politico il rilancio della cultura e soprattutto del teatro. In Italia ci sono più di 430 teatri chiusi. Che incubatori magnifici di idee, cultura, musica, danza, letteratura, recitazione, formazione, tecnica, artigianato, arte, scienza sarebbero. Potrebbero lavorarci decine di migliaia di persone. Utopie? Evviva il teatro!». Noi vogliamo stare con Pironti e credere che non sia un’utopia, nonostante la cronaca, attualissima, ci mostri ben altro con notizie poco edificanti a un passo dal G7 della Cultura organizzato per il 17/21 settembre tra Napoli e Pompei; quest’anno, come si sa, evento chiacchieratissimo, seppure le “voci” riguarderebbero la sicurezza messa in campo e, forse, violata, ma anche altro ancora. Mentre c’è chi vuole definirlo solo un semplice fatto da gossip, corroborato dalle lacrime di un ministro che di brutte figure alla Cultura, del cui dicastero è capo, ne ha già fatte fare tante.
Il grido d’allarme di Pironti non riguarda solo il Teatro. Anche le sale cinematografiche, che non tutte sono state chiuse durante e a causa del lockdown; tante ne sono scomparse prima lasciando un ulteriore vuoto nella fruizione della cultura e dello stare insieme e “assaporare” l’esperienza collettiva di vivere uno stesso avvenimento.
Il lockdown, è chiaro, ha impedito alle persone di uscire di casa e riunirsi insieme, e a maggior ragione di ritrovarsi riunite in sale chiuse e con vicinanze di corpi e di respiri. Ma quei cinema e quei teatri hanno subito la chiusura oltre il periodo “pericoloso” per la salute generale e ci ha rimesso la “salute” culturale di tutti e tutte. Anche per le sale cinematografiche si parla di oltre quattrocento chiusure che non hanno visto più la loro riapertura in tutto il territorio nazionale.
Un settimanale, meno di un anno, fa ha condotto un’inchiesta sui teatri chiusi in Italia, cominciando da quelli storici che dovrebbero essere praticamente “ìntoccabili”, come il Teatro Valle, il cui restauro, dopo una tormentata occupazione, sembra durare eternamente, anche se, intitolato ora a Franca Valeri, ha la promessa della politica (la Regione Lazio) di riapertura durante questo autunno. Un teatro, il Valle, che è un vero gioiello di architettura inaugurato nel 1727, secondo me già da solo esperienza culturale, sulle cui scene si sono esibiti attori e attrici di grande spessore artistico (come dimenticare ad esempio Il Dondolo di Samuel Beckett magistralmente recitato da Piera Degli Esposti?). Oppure, sempre parlando di Roma, il centralissimo Teatro Eliseo di via Nazionale, messo in vendita con un’offerta di 24 milioni di euro, ma per il quale ancora ci sono solo promesse per il salvataggio: «una ferita profonda per la città» come è stato giustamente osservato. Poi si citano altri teatri importanti come quello dell’Orologio, la saletta del Teatro della Cometa, vicino all’antico monumento del Teatro Marcello, a un passo dal Campidoglio, il Salone Margherita, il Nuovo Teatro Colosseo, il Rialto sant’Ambrogio e la triste storia del Globe Theatre, voluto e curato da Gigi Proietti, teatro che nel 2022 subì la caduta di una scala che causò feriti e una chiusura interminabile. Questo per citare solo le sale teatrali chiuse, o in restauro senza una vera soluzione, che erano a disposizione dei cittadini e cittadine della Capitale. In un intervento su un social l’attore Carlo Verdone, proprio riguardo alla chiusura dell’Eliseo, si chiede perché «gettare nel dimenticatoio luoghi di gran cultura?». Ed è questa una domanda legittima che condividiamo.
«È successo anche in altre città — ci informa il settimanale L’Espresso che ha condotto l’inchiesta — dal Teatro I di Milano al Teatro Nuovo Sanità di Napoli… In Italia esistono moltissimi edifici teatrali che sono stati praticamente abbandonati. L’ultimo censimento risale al 2008 e segnalava 20 teatri chiusi solo nel Lazio (428 in tutta Italia), uno su 4 di interesse storico (la ricerca era a cura di Francesco Giambrone e Carmelo Guarino, curatori del volume Teatri negati dell’editore FrancoAngeli). Ma con l’aiuto di Simone Pacini – continua il settimanale —, che da qualche anno monitora la situazione teatrale romana sul blog Fattiditeatro, abbiamo provato a fare due conti della reale situazione: su 256 sale mappate (prendendo in considerazione tutti gli spazi in cui c’è o c’è stata una programmazione teatrale) ben 50 hanno cessato la loro attività negli ultimi 20 anni. Parliamo sia di teatri storici dalla capienza ampia, in cui hanno recitato le più importanti compagnie teatrali, sia delle sale off o dei centri sociali, punti di riferimento per il teatro più sperimentale». Ma c’è chi non si arrende a questo panorama come Paul Atkin, un uomo d’affari e musicologo inglese che vuole ricostruire a Venezia la prima opera pubblica della storia, il rifacimento del teatro di San Cassiano nato a Venezia nel 1637 come primo lirico pubblico e demolito nel 1812 dalle truppe di Napoleone. Atkin vuole riportarlo ai suoi splendori, costruendolo in un edificio sul Canal Grande e riproducendo, sulla base di attente ricerche in archivi veneziani, le sue macchine barocche.
Anche le sale cinematografiche hanno abbassato in questi ultimi anni, numerosissime, le saracinesche. Sembra che anche per i cinema si contino circa quattrocento chiusure. Alcune, come per i teatri, per restauro, ma poi non sono state mai riaperte. A Roma hanno chiuso più di quaranta sale importanti come il Fiamma, il Metropolitan. «Dai Parioli a Montesacro al Pigneto al centro storico, sono 42 le sale cinematografiche chiuse da uno a dieci anni e censite dal Campidoglio. Ventotto sono chiuse da più di un decennio, 8 sale da più 5 anni, 5 sale da più di 2, una sala da “appena” un anno. Alcune sono state negli anni occupate, ristrutturate e gestite da collettivi e cittadini, la maggior parte abbandonate». A Milano è un anno che è ormai chiuso un cinema storico che in città conoscono tutti e tutte, l’Odeon che sorgeva a un passo da piazza del Duomo. Un cinema davvero speciale per più aspetti: «Per posizione: a due passi dal Duomo. Per offerta: il più grande multisala in città, con dieci sale e 2.250 posti a sedere. Per storia: inaugurato nel 1929 con le immagini della Spedizione in Dancalia del Barone Franchetti, nel ’43 ospitò i concerti dell’Orchestra della Scala, devastata dai bombardamenti. Per bellezza: l’ingresso monumentale, il soffitto imponente, i lampadari art déco ricordano il Tuschinski Theater di Amsterdam, che è il cinema più bello di tutti. Lì per trovare un biglietto conviene andare sul sito con qualche giorno di anticipo, e la mattina si organizzano visite guidate condotte da storici dell’arte». Sembra che l’Odeon debba lasciare spazio a un centro commerciale, anche se il gestore ha fatto sapere in un comunicato che «non esclude» la possibilità di ricollocare alcune delle sale più piccole «nella stessa location, anche se con una conformazione diversa», ovvero al piano interrato. L’Anec Lombardia ha stimato che negli anni Settanta del secolo scorso Milano ospitava 160 cinema indipendenti, oggi ne sono rimasti 28. «La Spoon river attraversa soprattutto il centro storico. Negli anni Ottanta chiuse il Capitol di via Croce Rossa, quello che aveva ospitato la leggendaria prima della Dolce Vita, quando ai titoli di coda una signora in pelliccia sputò addosso a Fellini e un altro spettatore annunciò al regista: «Signore, la sfido a duello» (il maestro alla fine trovò rifugio in Terrazza Martini, scortato da Mastroianni e Anita Ekberg). Nel 1999 si è spento l’Astra, nei primi anni Duemila è toccato all’Ariston, al Corso e all’Ambasciatori. Poi sono scomparsi anche il Corallo, il Manzoni, il Pasquirolo, l’Excelsior, il Mignon. Hanno chiuso le sale d’essai come lo Gnomo e l’Orchidea; e in via Giambellino anche l’ultima sala a luci rosse».
Al Teatro e a Cinema si aggiunge la crisi delle biblioteche, alcune chiuse definitivamente altre in fase di un restauro lento, talmente lungo da far pensare che non riapriranno più e segnano un’altra grande crisi della cultura, quella che implica i contatti sociali fondamentali per gli scambi culturali tra persone. A Roma sono state chiuse per restauro ventuno biblioteche comunali e non tutte ad ora sono state riaperte. Scrive in proposito la rivista Byoblu : «Poi ci sono i fondi del Pnrr che vanno usati per non rischiare di perderli: oltre 17 milioni per la precisione, che dovranno essere utilizzati, almeno su carta, per lavori di efficientamento e riqualificazione delle strutture che ospitano le biblioteche comunali. La buona notizia è che ulteriori fondi dovrebbero essere utilizzati per aprirne 9 nuove. La brutta è che diversi quartieri resteranno privi di un servizio pubblico per un tempo non meglio specificato: si parla di sei mesi o un anno».
Già la Cultura, l’arte e la sua fruizione. Non sempre è un atto “pacifico” e non sono certo “solo” le provocazioni, discutibili o meno, dei componenti di Ultima generazione sulle opere d’arte, apparentemente deturpandole, per sensibilizzare la politica e l’opinione pubblica sul disastro in cui versa la natura e sul conseguente cambiamento climatico che sembra sia causa di estati bollenti come questa che abbiamo appena passato. A New York la statua intitolata Look Down dello scultore Jago (pseudonimo di Jacopo Cardillo, Anagni 1987), è stata per l’ennesima volta “vandalizzata”. Era successo a Napoli, esposta a piazza del Plebiscito, e seppure non realmente toccata era entrata nel video girato e pubblicato da un gruppo di ragazzi che fingevano una lotta e una spedizione punitiva. Vandalizzata anche nel deserto degli Emirati Arabi, dove secondo l’autore si era tentato uno spostamento dell’opera. Ora a New York. Jago però, che per tanti versi è stato paragonato a un nuovo Michelangelo Buonarroti, non è d’accordo con la definizione di “vandalizzazione” e parla, in un’intervista, «di una forma di partecipazione involontaria all’opera, e la scultura che ne porta i segni ben visibilmente ne ottiene altri tipi di comunicazione». A New York Look Down, un bambino scolpito in posizione fetale, sta subendo nuovi gesti lesivi: una scritta, Supreme, sull’avambraccio, una scarpata in testa. Addirittura sassolini presi dal parco e infilati dentro il naso. C’è un accanimento contro quest’opera. Ma Jago preferisce nell’intervista spiegarla meglio: «Ogni uomo è un ragazzo morto, un riflesso dell’innocenza perduta e del conflitto interiore. Ne Il giovane Holden di Salinger, Holden Caulfield lotta per proteggere la purezza dell’infanzia in un mondo che lo costringe a confrontarsi con l’inevitabile corruzione dell’età adulta. Look Down contiene frammenti di questa riflessione, catturando la vulnerabilità e la lotta per preservare l’innocenza in un contesto urbano spietato, proprio come Salinger cerca di proteggere i bambini dal cadere nel mondo degli adulti». (Artribune)
Non sembra essere una novità, ma la storia di Hopper, il cane che vive male la sua permanenza in un rifugio e si calma solo con la lettura, è davvero simpatica e conseguenziale a ciò di cui stiamo trattando. Hopper è un cane davvero nervoso, probabilmente gli pesa questa sua ingiusta permanenza in un canile. Ma la sua agitazione si placa alle tre di ogni pomeriggio quando alla Jacksonville Humane Society (Jhs) arriva un bambino di nove anni, Nehemiah, un giovanissimo volontario che trascorre 30 minuti con ogni cucciolo nell’ambito del programma Pawsitive Readers del rifugio e nota una differenza nel comportamento di Hopper quando si tratta di un libro. «Lui è un cane super dolce con un sacco di energia – ha detto Joanna McKenzie, la nonna di Nehemiah, a The Dodo –. Sembra che leggere lo calmi». Ora, e ancora di più per questo, c’è una speranza che potrebbe aprire al cane Hopper l’adozione. Chissà se qualche altro bambino gli saprà leggere storie, in una casa con l’affetto degli e delle umane!
A questa storia se ne aggiunge un’altra, in Scozia: «I cani ospitati dalla Edinburgh dog and cat home hanno bisogno di attenzioni speciali, per poter tornare presto in forma, ed essere adottati. Per raggiungere questo obiettivo, i responsabili del rifugio scozzese hanno pensato a una formula completamente nuova, assoldare un gruppo di bambini e chiedere loro di leggere agli ospiti a quattro zampe una favola della buona notte. Ma c’è di più: i piccoli volontari sono stati chiamati a scrivere in prima persona la storia da raccontare ai cagnolini, nell’ambito del concorso Tell your tail. A raccontarlo sono gli stessi responsabili: «Abbiamo chiesto agli studenti delle scuole elementari scozzesi di mandarci delle storie brevi». Le favole vengono selezionate dallo staff del rifugio, così i bambini vincitori hanno la possibilità di registrare il loro testo che poi viene fatto ascoltare ai cani».
Purtroppo non consolano i dati che riguardano gli abbandoni, quasi sempre estivi, di questi animali cosiddetti domestici. Dal 2004, un anniversario, il 21 luglio si celebra la giornata del cane. Eppure, già a questa data quest’anno ne erano stati abbandonati a migliaia. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), ci sono più di 300 milioni di cani nel mondo e il 70% sono senzatetto: «Si stima che ogni anno in Italia siano abbandonati una media di 50.000 cani e 80.000 gatti, più dell’80% dei quali rischia di morire in incidenti, di stenti o a causa di maltrattamenti, oltre a incrementare il numero dei randagi (900.000 esemplari). La maggiore percentuale di animali abbandonati si registra nel periodo estivo, 25-30%. Tra luglio e settembre, ogni giorno, vengono abbandonati circa 600 tra cani e gatti, proprio quando la partenza per le vacanze pone il problema della presenza del nostro amico a quattro zampe che ci è stato fedele sino ad ora e che in molte occasioni, purtroppo, viene percepito come un ostacolo». Cinzia Caruso, responsabile nazionale del Dipartimento Difesa e Salute degli animali del movimento ecologista Ecoitaliasolidale sconsolata ha costatato: «Con queste temperature estive record abbandonare gli animali domestici equivale a farli morire in poche ore». Questa è umanità? Un’occasione per dimostrarne un po’ è la partecipazione a un sit-in. Domenica 15 settembre (alle 10,30) a L’Aquila si manifesterà per la difesa dei 469 cervi (è il numero esatto) che rischiano, a causa di un decreto della regione, di essere sterminati.
Appartiene certo alla storia della cultura la celebrazione delle Winx. Le cinque ragazzine debuttavano alla fine di gennaio del 2004, venti anni fa esatti, inventate dal genio di Igino Straffi. Oggi viene dedicato loro un francobollo «Il tributo consiste in un francobollo “A” in foglietto con sei vignette, una per ogni eroina: Bloom, Flora, Stella, Aisha, Musa, Tecna. La prima serie delle magiche eroine fin dagli esordi ha il successo fatato del Winx club e ha spiccato il volo per raggiungere tutto il mondo. Le fate sono cresciute, hanno saputo reinventarsi, stare al passo con i tempi se non perfino anticiparli».
Ricordiamo insieme, per la poesia, Goliarda Sapienza che era nata, a Catania, proprio cento anni fa, il 10 maggio 1924; è andata via da questo mondo, di una morte velata di mistero, proprio a fine estate, sempre di fronte al mare, a Gaeta, come un destino, il 30 agosto 1996. Leggiamo insieme questi intensi versi dell’autrice del L’arte della gioia (Einaudi)
Non sapevo che il buio
non è nero
che il giorno
non è bianco
che la luce
acceca
e il fermarsi è correre
ancora
di più.
Goliarda Sapienza, (in Ancestrale)