le strade delle donne, editoriale di Giusi Sammartino
Carissime lettrici e carissimi lettori,
a Roma ci sono le Visionarie. Da ieri sono a Palazzo Merulana, (via Merulana 121, a un passo dal Colosseo), in un bell’edificio, prima quasi diroccato e ora luogo di arte e, dunque, di bellezza.
Quella di oggi è la quarta edizione di una rassegna che porta questo nome, Visionarie, e che dal 2019 è dedicata al ruolo delle donne nel cinema, in televisione e nella letteratura. Ideata e diretta da Giuliana Alberti (organizzata in sinergia con Coopculture che gestisce la raccolta della stupenda collezione di quadri di arte contemporanea messa insieme dai coniugi Cerasi), quest’anno è dedicata alle Eretiche: a tutte le “Donne che Osano” “Mistiche, Audaci, Profetiche, Streghe, Ribelli, Combattenti, Resistenti, Guerriere, Disordinarie”, a cui è ispirato il manifesto di quest’anno. Due giorni di incontri e dibattiti, tra pubblico e professionisti del mondo del cinema e dell’audiovisivo: «Visionarie – dicono le organizzatrici — è anche un momento di riflessione su temi del #MeToo e del Gender Gap, per le pari opportunità ancora da raggiungere anche nello scintillante mondo dell’audiovisivo, in compagnia delle maestre ribelli, pensatrici, scrittrici, registe, intellettuali, che per prime hanno trovato le parole per mostrare, rivelare, svelare, indicare la strada alle generazioni più giovani» (l’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti).
Chi di voi ha la fortuna di essere a Roma o di passare per la capitale avrà il piacere di incontrare nomi della cultura al femminile di grande qualità e spessore. Ieri si è parlato e si è dibattuto cominciando dal Gender Pay Gap che è una delle problematiche fondamentali per l’attuazione reale della parità di genere tra uomini e donne, perché sulla differenza economica con i propri compagni di strada si gioca il principale limite alla loro/nostra indipendenza. Il divario salariale esistente ancora oggi nel mondo: «E’ un percorso ancora in salita verso la parità di genere e le pari opportunità nella Società e nelle Istituzioni». Così sono intervenute, tra altri nomi, Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo e Chiara Gribaudo, che è stata redattrice del testo di legge sulle Pari Opportunità riguardante proprio le donne che lavorano. C’è stato anche un primo intervento maschile, quello dello scrittore e filosofo femminista Lorenzo Gasperini. Oggi si continua. Con nomi e argomenti pensati per queste Donne Ribelli, paladine delle Eretiche. I nomi sono di grande qualità: da Dacia Maraini, rappresentante onoraria da sempre delle Visionarie, all’attrice Laura Morante che recita in un film (oggi proiettato nel convegno) per celebrare la figura della grande Alda Merini. E poi Lidia Ravera, Carolina Rosi, scrittrice e imprenditrice, e la regista Roberta Torre.
Le questioni discusse nei due giorni del convegno romano sono italiane, ma direi che le si possa qualificare come universali, particolarmente nel mondo del cinema: «La presenza delle donne del Cinema Italiano è più evidente in alcuni settori, meno forte in altri come la produzione e la regia, dove le percentuali femminili sono ancora molto basse, per non parlare dei salari». Quanto denunciato dalle organizzatrici e dalle partecipanti al dibattito di via Merulana è ciò che hanno detto (e denunciato) registe che hanno conosciuto la fatica di diventare visibili e famose come Paola Cortellesi e Maura Delpero che ha appena vinto a Venezia il Leone d’Argento con il suo Vermiglio, film tutto da vedere che, come quello di Cortellesi (premiatissima nelle sale), racconta di donne, di storie vissute con il cuore. Si parla, proprio oggi, di corpi reclusi con i rimandi meravigliosi a clip su Alda Merini e Goliarda Sapienza. Si parla anche dell’invecchiare, della capacità delle donne di passare la vita in bellezza fino alla conclusione. Per questo ne scriviamo. Perché Visionarie/Eretiche non è solo un incontro culturale cittadino, al centro della Città Eterna, ma è un simbolo, uno sprone, un momento di incontro valido per tutte le donne, e aggiungerei anche gli uomini, a cui sta a cuore il raggiungimento in tutti i campi della parità di genere.
Rimanendo sempre a Roma, e sempre a Palazzo Merulana, e parlando ancora di donne è bello segnalare la mostra, aperta fino a domani, di Maria Fabriani, Anna Maria Fabriani. Riverberi e trame dalla Scuola Romana, a cura di Sabina Ambrogi, con testo critico di Giulia Ambrogi. Fabriani è cresciuta sotto la guida di Carlo Socrate e della cosiddetta Scuola romana, per la prima volta è esposta una selezione del suo lavoro ed è una prima volta che è resa ancora più preziosa ed emozionante dalla sua età: cento anni, compiuti alla fine dello scorso giugno. La mostra, frutto di prestiti di privati o di opere appartenenti alla famiglia, inizia proprio con il ritratto di una donna, Maria Magris, madre della pittrice, databile intorno alla fine degli anni ’40, e giunge fino alla natura morta Limoni e bottiglia di amaro, eseguita nel 2018, cioè fino a quando la pittrice è riuscita a stare in piedi di fronte al cavalletto. Questa è la forza delle donne!
Si parlerà ancora di donne e della loro presenza nei media, perché saranno tante le giornaliste a partecipare al dibattito, venerdì 11 ottobre (in via della Penitenza 25, presso il centro Zalib), sempre a Roma, in preparazione della giornata per ricordare la violenza perpetrata sulle donne del mondo, il 25 novembre.
Speriamo che tutte noi donne ci sentiamo solidali con le consorelle della Casa delle donne di Ravenna, dove si è perpetrato, secondo noi, l’ennesimo attentato a questa libertà di azione che va sempre più paurosamente indebolendosi. Il “movente” è la rimozione della bandiera della pace e dello striscione per il “ cessate il fuoco” esposti alla sede della Casa delle donne di Ravenna: «Ci ferisce da un lato e ci esorta dall’altro a moltiplicare i modi e le forme per rappresentare la pace, come unico presupposto necessario per una civile convivenza, democratica e dignitosa, in ogni parte del mondo — scrive il Coordinamento Nazionale Ecofemminista — denunciamo l’oscurantismo di chi considera i simboli della pace lesivi del «decoro della Bandiera Nazionale» e del «rispetto delle nostre istituzioni». Queste parole, pronunciate da un rappresentante istituzionale locale, denotano il grave disconoscimento dello spirito dell’articolo 11 della nostra Costituzione che, proprio grazie alla determinazione delle 21 donne Costituenti, afferma che la Repubblica non è genericamente contraria alla guerra, ma la ripudia con i fatti… «Dalle Troiane di Euripide, le donne singolarmente o unite nelle associazioni, hanno sempre condannato le guerre, la violenza e la propaganda che le alimenta. La società civile ha spesso avuto un ruolo di freno rispetto all’irresponsabilità di chi le guerre le decide o non sa fermarle, ma non le combatte. Mai come in questo momento nella storia siamo state così vicine all’apocalisse. È ora di svegliarsi e appendere cento, mille, diecimila, milioni di bandiere della pace alle nostre finestre». Un grido di aiuto e una volontà di combattere, citando un adagio di quando si era giovanissimi, mettendo «fiori nei vostri cannoni».
Si apre il periodo dell’assegnazione del Premio intitolato ad Alfred Nobel che lo aveva istituito a inizio secolo, nel 1901. Si inizierà il 7 ottobre con l’annuncio del premio per la Medicina, segue la Fisica, giorno dopo giorno, Chimica, Letteratura e Pace (11 ottobre). Più tardi (il 14) quello per l’Economia. Speriamo che ci siano figure femminili tra le vincitrici di questo 2024. Fino ad oggi sono state solo 66 le donne premiate a Stoccolma (il 4%). Il dato scende a 28 se si guarda alle scienziate nella lista d’onore. É un punto dolente che sottolinea la necessità di spronare le ragazze a scegliere percorsi di studio tra le discipline Stem. Scrive Sara Sesti che è autrice di Scienziate nel tempo. Più di 100 biografie (Ledizioni 2023): «E’ lecito chiedersi i motivi di queste disparità che naturalmente non dipendono dal fatto che le donne siano meno dotate dei colleghi, ma soprattutto dal fatto che il talento può emergere solo a parità di condizioni nell’istruzione e nei percorsi di carriera: una situazione che nel passato non si è verificata e che stenta a realizzarsi anche oggi. I lavori premiati sono abbastanza datati: risalgono ad anni in cui le ricercatrici erano ancora ‘mosche bianche’ nei laboratori universitari e quasi sempre erano relegate in ruoli secondari. Come potevano emergere?
Oggi la situazione è più favorevole: la presenza delle scienziate nella ricerca è in continuo aumento e speriamo in risultati migliori per le donne». Anche noi come Sesti ce lo auguriamo fortemente e che la scienza, la matematica (come dimenticare la grande Emma Castelnuovo, figlia “d’arte”, ma con uno spiccato senso della didattica) e l’economia non siano più solo “cose da uomini”!
A fine settembre una bella notizia arriva dal Campidoglio di Roma.
L’assemblea capitolina ha approvato una mozione per impegnare il Sindaco Gualtieri e l’assessore alla Cultura Gotor a chiedere al Prefetto di Roma la deroga alla norma che prevede di attendere dieci anni dalla morte per l’intitolazione di una strada, un giardino, una piazza della capitale e, questa volta, riguarda Marisa (Maria Luisa) Cinciari Rodano, una delle figure più importanti dei nostri tempi. La proposta di intitolazione di una strada è partita da NoiReteDonna, l’associazione fondata dalla stessa Rodano insieme a Daniela Carlà. «Marisa Rodano — è scritto in NoiDonne, la rivista del movimento, dando voce a Riccardo Corbucci, presidente della commissione di Roma Capitale — è fra le donne più illustri della storia della Repubblica italiana: partigiana, fondatrice dell’Unione Donne Italiane, consigliera comunale e provinciale, deputata e parlamentare europea, nel 2015 è stata meritatamente insignita dell’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana dal Presidente Mattarella e nel 2019 ha ricevuto la menzione speciale alla V edizione del Premio internazionale Standout Woman Award. Ha dedicato la sua vita all’attività politica battendosi per la libertà, per la parità di genere, per i diritti e la giustizia sociale e costituisce un esempio e un riferimento per tutte le italiane e gli italiani che si dedicano all’impegno civile per il bene comune. L’intitolazione di una strada, una piazza o un parco pubblico nella città che l’ha vista cittadina e donna esemplare, rappresenta quindi, oltre che un giusto e doveroso tributo della sua città, un monito per le nuove generazioni di donne che si affacciano alla vita e alla buona politica».
Ora parliamo di un uomo. Per molte e molti di noi è stato fondamentale e presente almeno per cinque anni della nostra vita adolescenziale. Soprattutto per chi non è proprio giovanissima/o e ha frequentato il Liceo Classico, un corso di studi che non si deve chiudere, come si sta tentando da più parti. È Lorenzo Rocci, o meglio padre Rocci, autore di quel vocabolario di greco antico, che credo (e spero) stia in mostra in tutte le librerie casalinghe, qualsiasi studio abbiamo intrapreso dopo la maturità. Passato da fratello a sorella, da sorella a fratello, da sorella a sorella (come è capitato a me) o da fratello a fratello e anche da genitori che lo hanno tramandato come sicura eredità, a figlie e figli. Lorenzo Rocci era nato a Fara Sabina, vicino Rieti, l’11 settembre 1864, centosessanta anni fa. Muore a Roma, nel 1950, dopo una laurea alla Sapienza, con la presenza in commissione di laurea di Giosuè Carducci, dopo aver intrapreso il percorso clericale presso la Compagnia di Gesù e la docenza a scuola. Dal 1926 in poi fu confessore della cappella universitaria di Sant’Ivo alla Sapienza. Una curiosità ulteriore: l’incarico lo ricoprì insieme al futuro papa Paolo VI e al nipote omonimo di Mariano Rampolla che fu mentore di Giorgio La Pira e maestro di latino di Salvatore Quasimodo, grande traduttore dal greco (Wikipedia) “Il Rocci” come lo chiamavamo… confidenzialmente è stato il compagno fedele dei nostri compiti in classe e l’aiutante indiscusso per le nostre “sudate” traduzioni casalinghe. Oggi gli è stata dedicata persino una pagina facebook, Quelli del Rocci, che riunisce gli e le appassionate/i e nostalgiche/ci che hanno studiato con il suo volume di mille e passa termini svelando loro la strada che va dal greco antico all’italiano moderno.
Riguarda gli uomini soprattutto, ma è un altro bieco segno di un balzo indietro di questa nostra Italia la proposta di ripristinare il cosiddetto servizio militare, la leva. Brutto segno in tempi di guerra dilagante e sempre più vicina, un grido di vecchio stampo per invitare a dare “figli alla patria”! Naia per ragazzi e ragazze? Un ritorno al passato. Aveva ragione Miriam Mafai, bisogna sempre stare in guardia. Noi aggiungiamo che questo è un monito non solo per le ragazze, ma per tutti e tutte noi, per difendere la nostra libertà.
Una bella notizia invece parla di donne, del femminile che sa conquistare le posizioni apicali, cosa sempre difficilissima. Nel recente convegno che si è svolto a Budapest dell’European Federation of National Institution for Language (efnil.org) Cecilia Robustelli, linguista e docente ordinaria del Dipartimento di studi linguistici e culturali dell’università di Modena e Reggio Emilia, è stata confermata come vicepresidente per il quadriennio 2024-2028. Questo grazie anche all’aiuto dell’Accademia della Crusca di cui Robustelli è delegata. Da noi i più sinceri auguri!
Auguri di cuore anche alla neonata Fondazione a nome dell’avvocata conosciuta per la sua emancipazione e per il suo coraggio nel processo che volle pubblico, per la strage del Circeo (1979). Tina Lagostena Bassi rimane nel ricordo di tutte le donne e degli uomini paritari. Con la Fondazione si vogliono ricordare i suoi 60 anni di avvocatura proprio vissuti alla luce della difesa delle donne con uno sguardo all’oggi, ma soprattutto al futuro delle giovani.
Vorrei celebrare questo primo numero di ottobre di Vitaminevaganti prendendo consolazione da due donne, due grandi poetesse. La prima è la grande Wislawa Szymborska (1923-2012), premio Nobel polacco. La sua poesia si intitola: Ogni caso.
La seconda poesia è dell’amatissima da me Emily Dickinson (Piera degli Esposti la recitava meravigliosamente!) ed è proprio dedicata alla fine dell’estate e all’incontro dell’autunno e di questo ottobre che il Maestro Guccini pensa come mese non compreso da tutti, mentre ci dona «mosto e ebrezza».
Ogni caso
Poteva accadere.
Doveva accadere.
É accaduto prima. Dopo.
Più vicino. Più lontano.
È accaduto non a te.
Ti sei salvato perché eri il primo.
Ti sei salvato perché eri l’ultimo.
Perché da solo. Perché la gente.
Perché a sinistra. Perché a destra.
Perché la pioggia. Perché un’ombra.
Perché splendeva il sole.
Per fortuna là c’era un bosco.
Per fortuna non c’erano alberi.
Per fortuna una rotaia, un gancio, una trave, un freno,
un telaio, una curva, un millimetro, un secondo.
Per fortuna sull’acqua galleggiava un rasoio.
In seguito a, poiché, eppure, malgrado.
Che sarebbe accaduto se una mano, una gamba,
a un passo, a un pelo
da una coincidenza.
Dunque ci sei? Dritto dall’animo ancora socchiuso?
La rete aveva solo un buco, e tu proprio da lì? Non c’è fine al mio stupore, al mio tacerlo.
Ascolta
come mi batte forte il tuo cuore.
Wislawa Szymborska
L’estate è finita
Sono più miti le mattine
e più scure diventano le noci
e le bacche hanno un viso più rotondo.
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia.
La campagna una gonna scarlatta,
Ed anch’io, per non essere antiquata,
mi metterò un gioiello.
Emily Dickinson