Anna Maria Reale, la partigiana siciliana nella liberazione di Roma, di Franca Sinagra

Anna Maria Reale, la partigiana siciliana nella liberazione di Roma

La presenza di una concittadina partigiana, unica donna fra altri nove partecipanti certificati alla Resistenza italiana, è stata scoperta e messa in luce in seguito a una ricerca avviata da poco tempo sulle persone di Capo d’Orlando attive durante le varie fasi della liberazione. Nulla si sapeva fino a oggi della partecipazione di Anna Maria Reale alla Resistenza romana in uno dei momenti più tragici, dal fatidico 8 settembre ’43 alla notte del 5 giugno ’44, data dell’ingresso a Roma delle truppe americane dopo lo sbarco ad Anzio, avvenuto dal 22 al 31 gennaio 1944 con l’operazione Shingle, con cui approdano circa cento mila uomini e una gran quantità di materiale bellico. La presenza di questa ragazza ventunenne è confermata dalla scheda della Commissione Partigiani zona Lazio nel ruolo di partigiana combattente nella formazione Banda Nettunense. Anna Maria fece parte del gruppo di 14 resistenti clandestini, di cui nove uomini e ben cinque le donne, di varia età e status sociale, probabilmente ancora sconosciute ai più, che tutti insieme il 19 agosto del ’47 si sono presentati per ufficializzare la loro militanza presso la Commissione Partigiani. Le altre donne erano: la napoletana Clelia Ferronetti (1895), le patriote romane Alda Baldazzi (1920), Liliana Carpena (1923) e Sara De Crescenzia (1909).

Nel ’44 a Roma la Resistenza andò al di là dei confini rappresentati dai partiti e fu sorretta da una complessa trama di collegamenti, percorsi, motivazioni, che spinsero migliaia di romane e romani, nella stragrande maggioranza rimasti anonimi, a combattere una coraggiosa quotidiana battaglia civile disarmata contro la barbarie dei nazifascisti, rischiando la vita. Possiamo recuperare quel vissuto di giovane donna di Anna Maria se ne contestualizziamo la presenza negli eventi della capitale sotto occupazione tedesca, di cui molto si sa ed è stato pubblicato, fatti divenuti atroci dopo la vittoria popolare della vicina Napoli nella rivolta delle gloriose Quattro giornate per la liberazione della città (27-30 settembre ’43). Roma, dichiarata città aperta, avendo rinunciato alla difesa armata e al combattimento per salvare dallo sterminio la popolazione e i beni storico-artistici, subì l’ignominia del rastrellamento del quartiere ebraico, l’orrore delle torture dei partigiani arrestati a Villa Tasso, i rischi incalcolabili delle varie azioni di contrasto e sabotaggio con le conseguenti ritorsioni atroci come le Fosse Ardeatine. La disumanità di quell’occupazione fu dimostrata anche nell’episodio del Ponte dell’Industria (o Ponte di ferro), dove un gruppo formato spontaneamente da donne, ragazzi e anziani che avevano tentato l’assalto al pane del mulino Tese, fu abbandonato per strada come ammonimento dopo la fucilazione immediata.

La militanza antifascista di Anna Maria Reale nei gruppi della resistenza armata fu certamente precedente alla data di certificazione. Era nata a Capo d’Orlando, sulla costa tirrenica messinese, in una famiglia erede da parte materna dei Di Lena, di solido spirito democratico e di antica militanza politica per l’adesione ai principi di progresso socialista delle rivolte contadine della fine dell’Ottocento e al seguito del deputato comunista Francesco Lo Sardo. Il padre, commerciante orlandino, si trasferì a Messina ma alla morte della moglie emigrò in Colombia lasciando la figlia agli zii Di Lena a Roma. Lo zio Cono, che le fu padre adottivo, scelse nel dopoguerra la parte del Partito repubblicano e la tenne come figlia unica, mentre lo zio Ignazio raggiunse ruoli apicali nel Partito comunista. Varie fotografie in quegli anni romani prebellici attestano la sua presenza a fianco di noti antifascisti, fra cui Ferruccio Parri. Le eredi testimoniano che nel dopoguerra Anna Maria si laureò in Lettere presso il Magistero e iniziò la carriera di insegnante improntata ai principi della democrazia, a cominciare dalla scuola pubblica nell’Istituto professionale di Ostia. La sua pedagogia fu illuminata dall’enorme esperienza umana del bene e del male, della responsabilità individuale e collettiva, dei diritti inalienabili e della creatività che estrinseca la positività che c’è in noi, contenuti essenziali dell’educare, riconoscendo la libertà propria e altrui in regole condivise. Una messe di foto la mostra sorridente insieme a gruppi di colleghe e a giovani scolaresche. Non si sposò ma continuò l’impegno nell’attività politica; per molti anni fu militante nella sezione femminile del Pri, proprio quando la politica si apriva alle istanze delle donne in seguito al diritto di voto, all’attenzione alla situazione disagiata delle famiglie, specialmente del Sud, alle proposte legislative volte ad attuare i principi di uguaglianza e parità voluti dalle Madri Costituenti. Con la semplice firma A.M. partecipò costantemente alla redazione del giornale La Voce Repubblicana fondato nel 1921, soppresso e riedito varie volte sotto la dittatura, per riprendere pubblicazioni quotidiane pomeridiane dal 10 giugno 1944, cioè subito dopo la liberazione a cui Reale aveva contribuito personalmente. I suoi articoli testimoniano il suo serio progetto di rinnovamento propositivo, la nuova visione dell’educazione e della cultura, del diritto di famiglia e del diritto al lavoro. Partecipò negli anni Sessanta alla vita della Casa delle donne di Roma. Di questo ruolo giornalistico, politico e culturale riferisce ancora l’album di famiglia con fotografie di convegni e di incontri con personalità politiche di spicco del periodo post bellico, quando l’Italia era in fermento per far nascere la repubblica, che nella ricostruzione avrebbe raggiunto un nuovo modo organizzativo costituzionale improntato sull’antifascismo.

Sulla partecipazione femminile alla Resistenza gli studi spesso titolano “Donne, la Resistenza taciuta”. Da una decina d’anni invece emerge la folla delle italiane resistenti a vario titolo, tanto che è stato fatto un conto che ammonta a circa 35.000 partecipanti attive. Il motivo del lungo silenzio che ha avvolto la vicenda anche di questa partigiana siciliana si può ricercare nell’atteggiamento dei combattenti e delle combattenti che non chiesero ricompense personali di alcun tipo, che avevano combattuto generosamente per la propria e l’altrui libertà e si ritirarono nel silenzio aperto alla partecipazione democratica. Un secondo motivo è da ricercare nella situazione sociologica e di mentalità di allora di cui si ha un quadro analitico dalla scrittura di Beppe Fenoglio, che descrive come in Piemonte «all’entrata in Alba sfilavano anche le garibaldine in abiti maschili e la gente cominciò a mormorare Ahi povera Italia! E presero a strizzar d’occhio. Ai cortei torinesi della liberazione a non sfilare sono le garibaldine perché il Partito comunista tiene ad accreditarsi come forza rispettabile».
Le partigiane si erano impegnate all’interno dei partiti e ottennero il voto delle donne a cominciare dalle elezioni amministrative del 1946, mentre le Madri Costituenti si batterono per gli articoli che in tutti i campi riguardano l’affermazione della parità di genere, in seguito numerose ex-partigiane raggiungeranno primati encomiabili sulla scena politica come Tina Anselmi e Nilde Iotti.

I parenti Reale nel paese natio raccontano delle vacanze orlandine di zia Anna Maria, ne ricordano la cultura, l’arguzia comunicativa nel discutere, la disponibilità umana.
Morì a Roma ultra novantenne e onora il cimitero di Capo d’Orlando che accoglie la sua tomba: nella foto incorniciata mostra un viso dalle fattezze morbide e uno sguardo affettuoso che sembra comunicare ancora serenità e speranza. La sua memoria sarà a breve rinnovata con la richiesta di una intitolazione e il progetto di un murale.

In alcuni versi che la poeta Franca Bellucci (in La giostra stravoltaModulazioni e trittici, Ed Manni, 2012) dedica ai rifondatori degli Istituti cittadini si delinea la generosità discreta insita nel progetto politico di partigiani e partigiane:
«Nella mente li vedo / con tremore confuso, / diverso ad uno ad uno /nella storia di vita /questi rifondatori del convivere /uomini e donne, ma ugualmente vivi nello sguardo / perché orizzonti assaporano intensi / di una vita che è grande oltre la loro, / una vita che ha senso / che prescinde da fine, contributo / aperto a contributi. // Né il fanatismo /contamina costoro / se essenziali a funzioni si raccordano / ripetute e variate lungo i giorni / senza mercede; / se rinunciano al coro inebriato / delle voci che fanno fama umana. / Al silenzio sono pronti».