la bambina che non c’era, di Siba Shakib, recensione di Loredana De Vita

Siba Shakib: La bambina che non c’era

“La bambina che non c’era” (libreria pienogiorno, 2024) di Siba Shakib è un romanzo che lascia senza voce per tutte le volte che avresti voluto urlare “non è giusto”, ma hai dovuto tacere dinanzi all’inevitabile scontro con una cultura e una solitudine che non si è in grado di comprendere fino in fondo. È un romanzo bellissimo, ma atroce e non solo perché si scontra con l’idea di crescita e libertà cui ogni essere umano ha diritto per natura di aspirare, ma perché costringe a immergersi nella realtà e responsabilità delle scelte. Inoltre, è un romanzo raffinato nella scelta letteraria che mescola monologhi interiori a dialoghi con l’inesistente maginifico nel percorso di un quotidiano che fantastico certamente non lo è.
Per tutti questi motivi e altri che solo il lettore attento potrà accogliere dentro di sé, “La bambina che non c’era” (libreria pienogiorno, 2024) è un romanzo che non può mancare nella propria biblioteca; è un romanzo da cui si desidera scappare, ma da cui sprogiona un bisogno di ascolto e di libertà ineguagliabili.
Nel romanzo si narra la storia di Samira, una bambina Afghana cui non viene riconosciuta la sua sessualità ma è cresciuta come un maschio perché solo un primogenito maschio avrebbe consentito al padre, il capitano, di conservare il rispetto dei suoi soldati e dell’intero villaggio.
Così, quando Daria, la moglie amatissima del capitano, dà alla luce una bambina è necessario operare una scelta tra la vita e la morte, un dilemma che dilania, certo, ma anche una scelta che condizionerà tutta la vita di quella innocente creatura e anche dei suoi genitori e di tutti coloro che le vivranno accanto: il capitano decide che quella neonata sarà cresciuta come un maschio, Samir, che diventerà il suo successore.
Vivere nella menzogna è di per sé una colpa e una punizione, ma questo tipo di scelta è anche una pratica molto usata in Afghanistan per salvare il proprio prestigio con un presunto diritto a una primogenitura maschile. Una praticata, quella delle “basha posh” (bambine cresciute come maschi) non riconosciuta dal governo talebano ufficialmente, ma molto diffusa.
Così, Samira/Samir crescerà come un maschio, il figlio degno di un padre capitano. Forte, audace, veloce, ella stessa non si renderà conto della differenza fino a quando la normale evoluzione biologica della crescita non le darà segnali contrastanti. Samira comincerà a fasciare il seno, per esempio, affinché le sue rotondità non facciano sospettare la verità e, in questo modo, danneggiare il prestigio del padre di cui, alla morte, prenderà il posto nella tutela e la protezione della madre, sebbene vicende alterne e contrastanti non segneranno un destino diverso per la famiglia del capitano.
Samira è consapevole di aver perso il diritto a essere se stessa, ma lo è anche del fatto che senon fosse Samir non avrebbe i privilegi degli uomini. Ama studiare, per esempio, ha grandi ambizioni, ma non potrebbe farlo se non fosse Samir.
Quale sarà il suo destino? Anche lei dovrà fare una scelta non facile che segnerà il suo destino futuro per sempre. Cosa sceglierà? Essere cò che è, una donna, insieme a Bashir di cui è innamorata, o abbracciarsi a ciò che non è? Solo il lettore potrà saperlo.
“La bambina che non c’era” (libreria pienogiorno, 2024) di Siba Shakib è un romanzo intenso e doloroso, a tratti sconvolgente, ma è un romanzo che abbraccia e narra di realtà che non sono fuori di noi. Lo suggerisco.