il corpo della donna nell’arte, da oggetto a soggetto, di Livia Capasso

La rappresentazione del femminile in tutta la storia dell’arte è stata soprattutto prodotto maschile, per molti secoli l’arte, specchio di una struttura sociale patriarcale, ha dato spazio a uomini che ritraessero donne-icona di fertilità, donne-musa, donne sensuali, donne desiderate, piuttosto che dare voce a donne che ritraessero altre donne, reali, soggetti, persone. La rappresentazione, mediata dallo sguardo maschile, ha restituito l’immagine del corpo femminile come oggetto di desiderio e contemplazione, piuttosto che soggetto autonomo, dotato di una sua identità ed espressività.
Nell’ iconografia antica, la donna è stata sempre associata alla fecondità, era un simbolo di fertilità. Le Veneri preistoriche, piccole statuette femminili con forme abbondanti, incarnavano la potenza generativa della donna, come la famosissima Venere di Willendorf. Nell’antica Grecia, l’ideale estetico del corpo femminile si rifaceva alla perfezione delle proporzioni e all’armonia delle forme. Pensiamo all’Afrodite di Prassitele, completamente nuda, o alla Venere di Milo, che si leva col busto nudo fino all’addome e le gambe velate dal panneggio.

Nell’ iconografia del Medioevo e con l’avvento del Cristianesimo la donna viene identificata con la figura della Vergine Maria; il corpo femminile viene quindi desessualizzato e sublimato nella purezza verginale.
Con il Rinascimento, si assiste a una rinascita della figura femminile come oggetto estetico e sensuale, anche se la piacevolezza del nudo è nobilitato dall’aura mitologica. Si veda la Nascita di Venere di Botticelli, o le Veneri di Giorgione e di Tiziano.

Disegnatore di donna sdraiata (o: di nudo sdraiato) di Albrecht Dürer (1525 circa) è la vera e propria visualizzazione dello sguardo maschile. L’artista si appresta a disegnare una donna nuda avvalendosi di un prospettografo, strumento composto da una maglia ortogonale attraverso la quale l’immagine viene scomposta. Il corpo della donna, oggetto dello studio dell’artista, è imprigionato quindi all’interno di una visione inquadrata, che tende solo a realizzarne una forma armonica e perfetta nelle proporzioni, è una donna che non pensa, non ha emozioni, non ha personalità.

Il Barocco esalta la vitalità e la sensualità del corpo femminile, come nelle opere di Rubens, dove le figure femminili, dalle curve morbide e accattivanti, incarnano la ricchezza dei sensi.
Con il Neoclassicismo l’arte torna a una rappresentazione più idealizzata: Antonio Canova, richiamandosi all’antichità classica, restituisce alle donne grazia ed equilibrio.

In Mr and Mrs Andrews di Thomas Gainsborough (1750 circa), la signora Andrews, a differenza del marito, che è in piedi, con il fucile, come se fosse pronto a uscire dalla scena e tornare alla caccia, è invece seduta su una panchina, piantata davanti a un albero, immobile, come se avesse anche lei le radici nella terra.

L’immagine di una donna moderna, spregiudicata e sicura di sé è quella che ci fornisce Giovanni Boldini. Le sue modelle, incontrate nei salotti più in voga della capitale francese, provenivano dall’alta società e tutte sognavano di farsi ritrarre da lui.

Manet con la sua Olympia suscitò uno scandalo di proporzioni enormi: la donna rappresenta infatti una prostituta, ben consapevole della propria sensualità, che guarda verso lo spettatore senza pudore o emozione.

Agli inizi del 900 gli artisti iniziano a sottolineare il potere seduttivo e finanche distruttivo delle donne. Giuditta di Klimt appare come l’esaltazione della femme fatale, e il Vampirodi Munch rappresenta una donna con lunghi capelli rosso fuoco che abbraccia e bacia quasi mordendo un uomo sul collo. E si arriva alla frammentazione del corpo femminile ne Les demoiselles d’Avignon di Picassso, che raffigura cinque prostitute in una casa di tolleranza nel Carrer d’Avinyó (via Avignone) a Barcellona.

I primi tentativi di ricerca di un ruolo forte del femminile nella cultura, nella politica, nella società, cominciano a comparire nel tardo Rinascimento. Sofonisba Anguissola e Lavinia Fontana, pur lavorando in un sistema sociale tradizionale, dominato da un potere maschile, hanno usato la loro arte come uno strumento di affermazione. Entrambe queste artiste hanno praticato il genere dell’autoritratto per costruirsi un’identità del tutto nuova: da modella al servizio di un artista, la donna si trasforma in figura attiva e creativa, e racconta una storia molto diversa da quella raccontata fino ad allora dagli artisti maschi, una storia in cui le donne dimostrano di avere una propria personalità e di saperla imporre.

Tante artiste, forse quasi tutte, hanno praticato il genere dell’autoritratto, dove la donna si mostra come pittrice, diventando, allo stesso tempo, soggetto e oggetto dell’opera. Attraverso i suoi autoritratti Frida Kahlo inizia una sorta di percorso catartico per riuscire ad affrontare e superare le vicende dolorose che hanno segnato la sua vita. E Tamara de Lempicka celebra la donna moderna di inizio Novecento: nella sua Bugatti appare fredda, bella e indipendente, ricca e inaccessibile.

Con l’avvento del Romanticismo e del Realismo, l’arte si fa più intima e personale. Le artiste emergono sempre di più sulla scena a rivendicare il loro ruolo, e rappresentano le donne con uno sguardo femminile, caratterizzato da empatia e introspezione. E così Berthe Morisot e Mary Cassatt offrono immagini più delicate e realistiche della vita quotidiana femminile, esplorando il ruolo della donna nella società da una prospettiva soggettiva.


Natal’ja Gončarova è stata la prima donna a dipingere nudi in Russia, scatenando ovviamente polemiche. Nel 1910, infatti, le opere Modello e Dea della fertilità vengono censurate per “offesa alla morale pubblica perché eseguite da una donna”. Fu accusata di pornografia perché la descrizione del corpo è esplicita e dettagliata, con le braccia sollevate e il sesso in primo piano.

La donna ritratta dalla surrealista Leonor Fini ha il pieno controllo dei propri mezzi di affermazione e gestisce in modo autonomo la propria sessualità. Nelle sue opere le protagoniste sono donne forti, libere, guerriere (come lo era lei stessa), mentre le figure maschili appaiono spesso passive, come bisognose della protezione femminile.

Nella primavera del 1985, sette donne lanciarono le Guerrilla Girls in risposta a una mostra del Museum of Modern Art di New York, che esponeva 165 artisti, di cui solo 13 erano donne. I dati raccolti dalle collezioni pubbliche mostravano che le artiste avevano prodotto meno del 4% delle opere esposte, mentre il 76% dei nudi erano femminili. Ed ecco allora la domanda provocatoria delle Guerrilla Girls: «Le donne devono essere nude per entrare nei musei?».

Nell’ arte contemporanea la donna vuole il riscatto, vuole mostrarsi ed affermare la piena emancipazione acquisita, e si ritrae in un corpo che esprime pulsioni, desideri e fragilità. Marina Abramović impiega il proprio corpo in performance provocatorie, per affermare la soggettività della donna e sfidare le logiche patriarcali. Alice Neel osa dipingere una serie di donne nude in stato di gravidanza. I ritratti evidenziano in modo realistico, invece di nasconderli, i cambiamenti fisici e le ansie che caratterizzano questo particolare stato della donna. Emerge una visione della nudità cruda e allo stesso tempo delicata, che solo lo sguardo empatico di una donna poteva rendere. In Self portrait, 1980 Neel si è dipinta nel suo ottantesimo anno di vita, seduta su una sedia nel suo studio, completamente nuda. Porta gli occhiali e tiene il pennello nella mano destra; ha i capelli bianchi, i seni cadenti, le pieghe nella pelle e la pancia prominente. Ancora una volta lancia una sfida alle norme sociali e dipinge ciò che non era accettabile da raffigurare nell’arte.

Anche Paula Rego, pittrice portoghese naturalizzata britannica, dipinge la sofferenza, la fragilità e il dolore ma anche la forza delle donne. Una tra le sue serie di dipinti più nota è Abortion Series, creata nel 1998 dopo l’esito negativo del referendum sull’aborto in Portogallo. Ritrae donne subito dopo un aborto, quando ancora questa pratica era considerata illegale: donne giovani, povere, costrette ad aborti clandestini, ritratte a gambe aperte, sfidano l’osservatore a guardarle.


Stesso sguardo femminile anche quando l’artista ritrae la Famiglia, dove si assiste a un rovesciamento dei rapporti di potere: una figura maschile è passiva e inerte nelle mani di due donne che apparentemente si apprestano a spogliarlo.