accadde…oggi: nel 1901 nasce Marie Luise Kaschnitz, di Sveva Fattori

Marie Luise Kaschnitz. La scrittura come ricostruzione del sé e del mondo
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Il 31 gennaio del 1901 Reinhard Max August Freiherr von Holzing-Berstett, generale maggiore prussiano poi presidente della Fédération Équestre Internationale, ed Elsa Freiin von Seldeneck hanno una bambina a cui verrà dato il nome di Marie Luise.
Ad accoglierla ci sono le sue sorelle, Karola e Lonja, rispettivamente di quattro e due anni più grandi. Al trio tutto al femminile si unirà più tardi, nel 1903, il fratello Adolf Max Arthur.
I genitori provengono entrambi da nobile casate: il padre è figlio del capo di scuderia del Baden Adolf Freiherr von Holzing-Berstett e di Amélie Freiin von Berstett, membro dell’omonima famiglia aristocratica alsaziana; e la madre è la nipote dell’avvocato e politico Karl Rüdt von Collenberg-Bödigheim e del ciambellano del Baden Wilhelm von Seldeneck.
Nata a Karlsruhe, Marie Luise cresce tra Potsdam e Berlino. Dopo aver conseguito il diploma di maturità, lavora come libraia a Weber, continuando a esercitare la professione per cui si era formata anche a Monaco e a Roma dove si trasferisce successivamente.
Nella capitale italiana conosce l’archeologo viennese e storico dell’arte Guido von Kaschnitz-Weinberg con cui convolerà a nozze nel 1925.
Il matrimonio segna l’inizio di una vita coniugale che si rivelerà particolarmente felice e stimolante per entrambi. Guido viaggia spesso per motivi di lavoro e Marie Luise decide di accompagnarlo nel suo frequente pellegrinare: insieme visiteranno la Francia, l’Italia e la Grecia stabilendosi prima a Königsberg (Bassa Prussia), Marburgo (Assia, Germania) e poi, in maniera più permanente a Francoforte, dove il marito ottenne la cattedra di Archeologia classica dell’Università Johann Wolfgang Goethe, e a Roma. Nel 1933 Marie Luise esordisce come scrittrice con la pubblicazione del suo primo romanzo Liebe beginnt (“L’amore ha inizio”), composto in occasione di un concorso indetto dalla casa editrice Cassier.
Nel libro racconta la vita di coppia di Andres e Silvia, focalizzando l’attenzione prevalentemente sul personaggio femminile e sul suo processo di presa di coscienza. Il viaggio nel sud Italia rappresenta per la donna l’occasione per guardarsi dentro: Silvia si rende conto di essere completamente dipendente da Andres, si riscopre, nonostante una vita in apparenza felice, profondamente insoddisfatta. Per recuperare la sua identità dovrà ritornare alle origini, all’infanzia. In virtù della poetica della scrittrice, alimentata da fatti da lei vissuti nella realtà, sembra possa ipotizzarsi che all’interno della trama del racconto, in filigrana, si nasconda la catarsi dell’autrice stessa che dà voce al suo sé. Nel pieno della Seconda guerra mondiale la casa editrice H. Goverts Verlag di Amburgo pubblicherà la raccolta Griechische Mythen (Miti greci, 1944) a cui Marie Luise si era dedicata dal 1939 al 1940. Nel libro sono presenti quindici racconti a tema mitologico attraverso cui tenta di indagare le origini e gli sviluppi di un archetipo umano, contrapponendo alla realtà circostante, segnata dai totalitarismi del nazismo e del fascismo, il mondo dello spirito e della natura, esaltazione delle potenzialità dell’essere umano.
L’esperienza bellica ricorre frequentemente nelle opere della poeta, facendo da sfondo alle storie narrate. Ne è un esempio la raccolta di liriche Totentanz und Gedichte zur Zeit (Danza macabra e poesia attuale) del 1947. In quello stesso anno, e poi durante il successivo, Marie Luise lavora come codirettrice del mensile Die Wandlung (La trasformazione) fondato dai filosofi Karl Jaspers e Dolf Sternberger, dal linguista Werner Krauss e dal sociologo-economista Alfred Weber.
La pubblicazione, con l’occhio rivolto verso il presente e il futuro, intendeva proporre un rinnovamento morale del popolo tedesco nell’intento di lasciarsi alle spalle quel periodo di sospensione della moralità che il nazionalsocialismo aveva determinato.
Negli anni Cinquanta, l’autrice si dedica prevalentemente ai radiodrammi, adattamenti radiofonici di testi teatrali talvolta divisi in due o tre parti così come gli atti teatrali, tra cui si ricordano Il gioco della croce, Cosa sono sette anni? e Hotel Paradiso.
Nel 1955 Kaschnitz viene insignita del Premio letterario Georg Büchner, a cui seguiranno il Premio Immermann nel 1957 e altri importanti riconoscimenti come la Targa di Goethe della città di Francoforte sul Meno nel 1966. Sono anni di sperimentalismo ma anche di grande dolore: in seguito alla morte del marito, avvenuta nel 1958 a causa di un tumore, Marie Luise vive un periodo di profonda tristezza e solitudine; solo la vicinanza e l’affetto delle amicizie e della figlia Iris riusciranno a svegliarla dal torpore. L’autrice riverserà le sue riflessioni sulla morte, sulla perdita e l’alienazione che ne deriva nella raccolta di poesie Il tuo silenzio — La mia voce (Dein Schweigen — meine Stimme) del 1962.
«Talvolta ci alziamo
ci alziamo per la resurrezione
in pieno giorno
con la nostra chioma che vive
con la nostra pelle che respira.
solo il consueto è attorno a noi.
nessun miraggio di palme
con leoni al pascolo
e lupi miti.
Le sveglie non smettono di ticchettare
le loro lancette lucenti non si smorzano.
Eppure lievi
eppure invulnerabili
ordinati in ordine misterioso
prefigurati in una casa di luce».
(Resurrezione, Marie Luise Kaschnitz, Il tuo silenzio — La mia voce, Amburgo, 1962)
Negli anni a seguire l’autrice produce per lo più scritti biografici in cui, ancora una volta, emerge il tema della guerra e della devastazione. La pervasività e la ricorrenza con cui Marie Luise affronta queste tematiche, nel tentativo di ricostruire un qualsivoglia senso della realtà, le varranno l’epiteto di “poeta delle macerie”.
«L’uomo che ha lanciato la morte su Hiroshima
suona la campana del chiostro, ha preso i voti.
L’uomo che ha lanciato la morte su Hiroshima
mette la testa in un cappio e si impicca.
L’uomo che ha lanciato la morte su Hiroshima
è fuori di testa, sta lottando con le anime risorte
fatte di polveri atomiche che vogliono attaccarlo.
Ogni notte. Centinaia e migliaia di loro.
Niente di tutto ciò è vero.
Infatti l’ho visto l’altro giorno
nel suo giardino davanti, lì in periferia
con siepi immature e rose delicate.
Hai bisogno di tempo per creare una Foresta dell’Oblio
dove qualcuno può nascondersi. Chiaramente in vista
c’erano la casa nuda di periferia e la giovane moglie
in piedi accanto a lui nel suo vestito a fiori
e la bambina si attaccò alla sua mano
e il ragazzo si issò sulla schiena
e schioccare una frusta sopra la sua testa.
Ed era facile individuarlo
a quattro zampe lì sul prato, la sua faccia
contorto dalle risate, perché il fotografo si alzava
dietro la siepe, l’occhio che vede il mondo.»
(Hiroshima, Marie Luise Kaschnitz, 1957)
Il 1956 vede la pubblicazione di La casa dell’infanzia, un racconto dall’atmosfera onirica in cui il passato, con le sue bellezze e le sue storture, viene rivissuto attraverso il filtro e con il distacco dell’età adulta.
Seguono numerose opere, di cui ne ricordiamo solo alcune: Ovunque mai. Poesie selezionate 1928–1965, Giorni, giorni, anni. Record, Gonna per uccelli. Storie spaventose e Orsi polari (per ulteriori approfondimenti si rimanda alla sezione “Edizioni di libri e opere selezione” al link seguente: https://de.wikipedia.org/wiki/Marie_Luise_Kaschnitz).
Canto della vita umana del 1974 è l’ultima raccolta di poesie pubblicata prima della morte, avvenuta a Roma il 10 ottobre dello stesso anno a causa di una polmonite.
Durante la sua vita l’autrice è stata membro dell’Accademia tedesca per la lingua e la poesia e dell’Accademia bavarese di belle arti. Alla sua memoria sono dedicati il premio letterario Marie Luise Kaschnitz, assegnato biennalmente dall’Accademia evangelica di Tutzing, e la Luise-Kaschnitz-Weg a Misburg-Anderten, quinto distretto di Hannover.
Portano il suo nome anche la Marie-Luise-Kaschnitz-School per studenti sottoposti a cure ospedaliere a lungo termine (Karlsruhe) e la Marie-Luise-Kaschnitz-Elementary School (Bollschweil).
In occasione della ricorrenza della sua morte noi di Toponomastica femminile la celebriamo e ne registriamo la memoria dedicandole questo articolo. Ma permettetemi di assumermi il rischio di apportare delle modifiche alla storia tramandata: in virtù dell’uso che ha fatto delle parole, credo sia più opportuno ricordare Marie Luise non come “la poeta delle macerie” ma come “la poeta della ricostruzione” del sé e del mondo attraverso il potere salvifico e corroborante della scrittura.