a Pistoia un giardino ricorda l’artista Egle Marini, di Laura Candiani

foto di Laura Candiani
Con grande soddisfazione possiamo annunciare che il Comune di Pistoia, a seguito della delibera della commissione di Toponomastica in data 11 gennaio 2024 approvata dal Consiglio comunale, ha intitolato il 15 aprile scorso un piccolo spazio verde all’artista Egle Marini.
È una conquista che ci fa onore perché da anni il personaggio ci è particolarmente caro, ne abbiamo trattato ampiamente nella nostra guida di Pistoia, dove addirittura è raffigurata in copertina, ne abbiamo più volte accennato in vari articoli sulla odonomastica cittadina, ne abbiamo parlato alle persone che ci hanno accompagnato nelle nostre passeggiate a tema per le vie del centro storico, o seguìto nei percorsi online, soffermandoci davanti all’abitazione dove nacque.


Ora finalmente un maestoso albero fa ombra alla targa, proprio accanto alla splendida chiesa di Sant’Andrea e davanti al museo del Novecento e del Contemporaneo che custodisce due suoi dipinti.
Sorella gemella del celebre scultore Marino Marini, a cui Pistoia e Firenze hanno dedicato due importanti musei, Egle, nata a Pistoia il 27 febbraio 1901, porta il nome di una ninfa ed è accomunata al fratello nel «destino acquatico», come ebbe a scrivere la figlia facendo riferimento ai rispettivi nomi e al cognome. I genitori Guido Marini — disegnatore autodidatta — e Bianca Bonacchi erano entrambi benestanti, vivevano nel palazzo Baldinotti e crebbero figlia e figlio in un ambiente agiato, con piacevoli soggiorni estivi nella villa di Collegigliato del nonno paterno. A partire dal 1917, Egle e Marino iniziano a frequentare il Regio Istituto di Belle Arti di Firenze, mentre infuria la guerra; le aule in cui studiano sono ambienti di fortuna e al piano superiore un ospedale ospita i militari feriti. Qui seguono le lezioni del grande pittore e ceramista Galileo Chini, ma dal 1922 le loro strade si separano: Marino sceglie i corsi di scultura di Domenico Trentacoste, mentre Egle predilige la pittura a olio.

Sono entrambi eleganti, ammirati, affascinanti — e le fotografie che abbiamo lo testimoniano; le creature paffute dell’infanzia si sono trasformate in adolescenti vestiti alla marinara e poi in individui adulti longilinei; lei indossa abiti alla moda, cappellini vezzosi, spiritosi kimono; sarà ancora bella da anziana, con il foulard al collo, i capelli bianchi, pochi semplici gioielli. Nel 1924, quando Marino ritorna dal servizio militare, allestiscono uno studio a Firenze insieme all’amico pittore Alberto Giuntoli. Insegnante molto amata nel convento delle monache di Pistoia, nel 1928 — con dieci opere — Egle partecipa alla prima mostra provinciale di pittura insieme agli artisti pistoiesi emergenti: Marino, ovviamente, ma anche Alfiero Cappellini, Pietro Bugiani, Umberto Mariotti e altri.
Nel 1931 il suo dipinto Figura in bianco viene acquistato dalla Galleria di Arte Moderna di Palazzo Pitti e questo rappresenta una vera consacrazione. Dopo un fidanzamento «interminabile» (come afferma la figlia), nel 1932 sposa Alberto Giuntoli, con cui va a vivere a Firenze in una casa confinante con lo studio del pittore Fausto Vagnetti, ma a Egle la sistemazione piace poco, così rientrano a Pistoia, nello stesso palazzo dove vivono ancora i genitori. Nel 1936 arriva la fama: l’artista partecipa con il dipinto a olio Giovane donna con tralcio fiorito di caprifoglio alla XX Biennale di Venezia e potrebbe aspirare a grandi successi. Dipinge soprattutto paesaggi, delicati ritratti di donne, bambini e bambine, espressivi autoritratti, nature morte dai colori brillanti: bellissimi cesti di limoni, frutta, fiori, oggetti di uso quotidiano. Intanto Marino ha lasciato Firenze per vivere a Parigi e poi stabilmente a Milano, dove insegna scultura, ma quanto lui è proiettato verso l’Europa e la notorietà internazionale, Egle resta appartata, riservata, discreta.

A quarant’anni giunge inattesa la nascita della figlia Donatella (1941-2005), che sarà una bambina forse «troppo amata» (così scrive lei stessa), futura pittrice. Dopo la Seconda guerra mondiale Egle accoglie in casa il padre vedovo che muore di lì a poco; intanto si è maturato un inevitabile allontanamento dal gemello, riparato in Svizzera. Questa serie di eventi porta a una svolta nella vita dell’artista che decide di abbandonare la pittura, per la quale era pure tanto dotata. Comincia allora a scrivere brevi composizioni in prosa, per passare poi alla poesia. Il legame con Marino rimane tuttavia così stretto che Egle riprende con i propri versi i temi a lui cari: i cavalli e i cavalieri, la Pomona, il mondo del circo, i giocolieri, oppure ne commenta e trasfigura le opere, come avviene nel libro Commenti poetici, che contiene quarantotto liriche di Egle e sedici disegni del fratello. Di fatto si crea un rapporto fra il materiale della scultura (pietra, bronzo, marmo) e la parola, che di per sé è immateriale, ma rimane sulla pagina stampata, anzi “scolpita”, come nelle poesie Giocoliere, Danzatrici, Pomone, Cavalli, Circo, Le pietre mute.

Il suo stile è infatti asciutto, fatto di frasi brevi talvolta prive di verbo, il lessico è spesso aspro, duro, antiretorico, i versi lunghi, anche lunghissimi. Negli anni Sessanta appaiono alcune rare opere grafiche, in cui Egle “graffia” con il pennino la pagina, imprimendo segni neri su fondo bianco. Occasionalmente, durante le passeggiate con la figlia nelle campagne fuori Pistoia, porta con sé i colori e dipinge sereni paesaggi.
Marino è ormai uno scultore di fama internazionale e conduce una vita brillante con la moglie Mercedes, che lui ha scelto di chiamare Marina (vedi n.231); Egle talvolta lo accompagna in occasione di mostre e di incontri con la critica, eventi che per sé ha sempre rifuggito.
Rimasta vedova, lascia Pistoia e va a vivere a Viareggio vicino al mare, continuando a scrivere poesie su temi come la vecchiaia, la morte, i limiti inevitabili dell’essere umano, la separazione definitiva da “Lui” (scomparso nel 1980), trattati spesso con un certo distacco, con ironia quasi, ma con la consueta riflessione sul valore etico del linguaggio. In quella località si spegne il 6 ottobre 1983.
Fra dicembre 1990 e gennaio 1991 la città di Pistoia ha organizzato una mostra antologica nel Palazzo Comunale facendo omaggio alla pittrice i cui lavori si trovano per lo più in collezioni private; a partire dal 2006, grazie a una nuova consistente acquisizione, a Palazzo Pitti di Firenze, nella Galleria di Arte Moderna, sono conservati cinque suoi dipinti a olio, fra cui il ritratto femminile presentato alla Biennale del 1936. Dopo venticinque anni dalla prima celebrazione, ancora a Pistoia, questa volta presso la Biblioteca San Giorgio — dal 7 al 28 novembre 2015 — sono state esposte diciassette opere, normalmente non visibili al pubblico e dunque pressoché sconosciute.

La mostra Immagine Donna — da Egle Marini ai contemporanei, a cura di Paolo Gestri, era suddivisa in tre sezioni: la prima dedicata all’artista pistoiese, definita nella presentazione di Maura Del Serra «la sorella (in)dimenticata»; le altre due sezioni avevano come filo conduttore i dipinti realizzati da donne e la donna come soggetto.
La cerimonia di intitolazione ha avuto per sfondo la magnifica facciata della chiesa di Sant’Andrea, una delle più belle di Pistoia, che ospita al suo interno il celeberrimo pulpito di Giovanni Pisano.

Dopo un breve saluto dell’assessora alle Politiche culturali Benedetta Menichelli, delegata dal sindaco a presiedere, è avvenuta la scopertura della targa, alla presenza di alcuni passanti, di varie autorità civili e militari e della rappresentante di Toponomastica femminile, mentre il cielo che minacciava pioggia si è rasserenato, quasi volesse fare un giusto omaggio all’artista.