Mandorla amara, di Maria Rita Sanna, edizioni Convalle 2020, recensione di Daniela Domenici

Sono appena riemersa da questa opera prima di Maria Rita Sanna, scrittrice sarda, che mi ha emozionato e commosso per alcuni motivi che vado a raccontarvi.
In primis perché ha scelto come protagoniste tre donne, Lucia, Marisa e Chiara, ognuna con un background diverso e doloroso, con tanti scheletri nell’armadio, ciascuna ha fatto scelte di vita differenti e le loro strade s’incrociano casualmente (ma niente accade per caso come c’insegna Hoepcke) a Cagliari, città in cui è ambientata la storia. Bravissima Sanna a caratterizzare queste tre figure femminili. Come dice Convalle nella sua empatica e perfetta prefazione “è un romanzo coraggioso…che affronta tematiche delicate a muso duro, tratteggiando con grande abilità di penna una realtà difficile da raccontare…” quella delle persone che scelgono, o sono costrette, a vivere da clochard, da senzatetto, come Marisa, una delle due straordinarie protagoniste. E ancora Convalle ”la delicatezza d’animo dell’autrice emerge nella poesia che riesce a inserire tra le righe…”; concordo, è poesia pura; complimenti!
Perfettamente ad hoc l’esergo iniziale di Margaret Mazzantini “scrivere di un senzatetto è affidarsi alla scabrosità di una possibilità che ti appartiene” che dà un valore ulteriore alla scelta di Sanna.
Concludo citando un paragrafo dalla quarta di copertina che riassume perfettamente in nuce la sinossi dell’opera “la città di Cagliari è testimone di ricordi, drammatiche confessioni, colpi di scena che le due protagoniste (Lucia e Marisa) vivranno insieme fino alla liberazione delle loro coscienze così come la mandorla è liberata dal suo guscio”.