Mi chiamo Daniele, di Daniele D’Ippolito, Armando editore 2025 con il sostegno del MiC e di SIAE, nell’ambito del programma “Per chi crea”, recensione di Daniela Domenici

Sono appena riemersa dalle emozioni struggenti e dalla commozione ininterrotta che mi ha regalato questo romanzo di Daniele D’Ippolito, un giovane ragazzo romano di ventun anni che a quattordici anni ha avuto un tumore al cervello per il quale è stato operato al Bambino Gesù e che dopo sei anni ha sentito l’urgenza di raccontare la sua storia.
Il 10 settembre 2018 Daniele chiude gli occhi per un intervento decisivo e la sua degenza dura sei mesi, in due ospedali diversi “in cui si interfaccia con la parte buona dell’animo umano”, come si legge in seconda di copertina; rimane lontano dal mondo reale ma ha la fortuna di avere accanto un papà, una mamma e una sorella che non lo abbandonano un attimo e che lo accompagnano nella sua lenta rinascita insieme allo straordinario personale medico e paramedico sempre presente in questa sua “transizione tra due vite”.
È un romanzo di formazione, assolutamente reale e profondamente doloroso, narrato da chi ha vissuto sulla propria pelle questa tremenda malattia in giovane età e dalla quale, nonostante tutto, è riuscito a riemergere e a rivedere la luce.
È un libro che andrebbe fatto leggere nelle scuole di ogni ordine e grado, me ne farò promotrice e portavoce appena possibile.
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